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La Corte Costituzionale ha deciso: l’esclusione di Autostrade per l’Italia dalla ricostruzione del Ponte Morandi decisa dal decreto legge per l’emergenza Genova dopo il crollo del 14 agosto 2018 non è incostituzionale.
La Consulta ha dunque rigettato il ricorso presentato dal concessionario che escludeva Aspi e società collegate dalla realizzazione del nuovo ponte di Genova, affidata poi ad un consorzio formato da Salini Impregilo (oggi WeBuild), Fincantieri e Italferr, chiamate a dare vita al progetto di Renzo Piano.
Autostrade ha invece dovuto sostenere i costi di demolizione e realizzazione, oltre alle compensazioni per coloro che sono stati danneggiati dal crollo dell’infrastruttura che il 14 aogsto 2018 provocò 43 vittime.
«La Corte ha ritenuto non fondate le questioni relative all’esclusione legislativa di Aspi dalla procedura negoziata volta alla scelta delle imprese alle quali affidare le opere di demolizione e di ricostruzione. La decisione del Legislatore di non affidare ad Autostrade la ricostruzione del Ponte è stata determinata dalla eccezionale gravità della situazione che lo ha indotto, in via precauzionale, a
non affidare i lavori alla società incaricata della manutenzione del Ponte stesso. La Corte ha poi dichiarato inammissibili le questioni sull’analoga esclusione delle imprese collegate ad Aspi e quelle concernenti l’obbligo della concessionaria di far fronte alle spese di ricostruzione del Ponte e di esproprio delle aree interessate», spiega una nota della Consulta, che depositerà la sentenza nelle prossime settimane.
Una tegola per Autostrade per l’Italia e la controllante Atlantia, che si trova alle prese con una difficile trattativa con il Governo sul rinnovo delle concessioni autostradali influenzata proprio dalla diatriba con l’esecutivo per le diverse indagini sulla scarsa manutenzione dell’ex ponte sul Polcevera e di numerosi viadotti e tunnel, rivelatisi poi in condizioni di sicurezza critiche in seguito alle ispezioni disposte dal Ministero dei Trasporti.