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L’annunciato ritorno all’attività delle fabbriche dell’area di Wuhan è senz’altro una buona - anzi ottima! - notizia, ma purtroppo non può cancellare i timori da parte delle Case automobilistiche di tutto il mondo per possibili ed estese interruzioni della catena di approvvigionamento della componentistica.
Un elemento, quest’ultimo, cui l’industria automotive è particolarmente esposta poiché Wuhan - l'epicentro dell'epidemia cinese di Coronavirus - è un importante centro automobilistico, dove viene allestito quasi il 10% dei veicoli fabbricati nel Paese e ospita centinaia di fornitori di ricambi.
Le fabbriche reputate “non essenziali“ dal Governo centrale di Pechino e chiuse a Wuhan e in altre città della provincia di Hubei allo scoppiare dell’emergenza, stanno riaprendo i battenti proprio in questi giorni.
Ma ancora non è possibile sapere se disporranno delle materie prime o della sufficiente presenza dei lavoratori per tornare alle normali attività.
Le Case automobilistiche sono preoccupate per la salute dei loro dipendenti e per l'applicazione irregolare delle norme di comportamento nelle diverse regioni cinesi, elemento che rende difficile il ritorno immediato alla normalità per un settore abituato all'uniformità ed alla pianificazione anticipata.
«In alcune città, se un lavoratore risulta infettato, l'intera fabbrica dove lavora va chiusa - ha detto un funzionario della Honda, che ha un centro di produzione ed oltre cento aziende di fornitura a Wuhan e nei dintorni - Ma Wuhan questo non è stato chiarito e non sappiamo cosa potrebbe accadere qualora venisse segnalato un nuovo caso di infezione alle autorità. È difficile convivere con l’incertezza quando gestisci una grande fabbrica».
Ricordiamo che presso l'altro hub produttivo cinese di Honda, nella città di Guangzhou, nella Cina meridionale, i dipendenti sono tornati al lavoro lo scorso 10 febbraio e la produzione, pur se non ancora a pieno regime, è ripresa il 17 febbraio; l'attività in fabbrica è ancora molto al di sotto della capacità totale, a causa della carenza di parti e dei ritardi logistici.
Honda prevede di riaprire il suo stabilimento di Wuhan in questa settimana, dopo la revoca del blocco: i suoi due hub cinesi possono produrre fino a 1,2 milioni di veicoli all'anno, oltre il 20% del totale dell'azienda nipponica.
Come altri produttori di Wuhan, i fabbricanti di automobili e i fornitori di ricambi si stanno ancora occupando di strade parzialmente bloccate e ispezioni sanitarie sulle principali arterie di trasporto, che creano problemi per lo spostamento di materie prime e parti finite: «Anche se volessimo riprendere la produzione - confessa Yohei Shinoda, responsabile del personale di Kasai Kogyo, società giapponese con quattro stabilimenti in Cina che producono rivestimenti per porte e tetti interni per Honda e altre case automobilistiche - non possiamo accedere ai materiali di cui abbiamo bisogno per l’interruzione della catena di approvvigionamento e per notevoli carenze di personale nei nostri stabilimenti».
Pure la joint venture tra la statunitense Cummins e il produttore locale di camion Dongfeng Motor Group che produce motori diesel per grandi autobus e veicoli commerciali a Xiangyang, nella provincia di Hubei, incontra difficoltà a ripartire: «La logistica tra le città resta un problema e prevediamo ci vorrà più tempo per ottenere parti dai fornitori a monte e inviare motori agli stabilimenti di Dongfeng ed in altre città».
Il danno operativo per le aziende nella regione dello Hubei potrebbe essere significativo e di lunga durata: un sondaggio tra 573 aziende, di cui 12 coinvolte nella produzione automobilistica, svolto dall'Università di Wuhan e dalla locale Federazione di Industria e Commercio rivela che oltre il 97% di esse ha interrotto del tutto o parzialmente arrestato la produzione a causa dell'epidemia di Coronavirus e quasi il 60% ha dichiarato verosimile l’ipotesi del fallimento entro tre mesi se le operazioni in fabbrica non fossero riprese.
Per fortuna, la situazione nel resto della Cina appare leggermente migliore: oltre il 90% di 300 fornitori di ricambi per auto al di fuori di Hubei ha già ripreso la produzione, con l'80% dei lavoratori presenti, anche se i tassi di produzione non sono ancora al massimo, data la carenza di ordini da parte dei produttori e problemi logistici presso i fornitori di secondo e terzo livello.
Le Case automobilistiche cinesi e i produttori di componenti hanno esportato lo scorso anno componenti per auto negli Stati Uniti, in Europa, in Giappone, in Corea del Sud per un valore di 53 miliardi di dollari: se però le aziende non rimettono in attività le linee di produzione, le linee di assemblaggio dei veicoli in tutto il mondo rischiano di rallentare o arrestarsi.
L'amministratore delegato di General Motors, Mary Barra, ha dichiarato che gli stabilimenti di auto e camion nordamericani hanno componenti per proseguire la produzione senza ritardi per almeno un altro mese, ma la situazione va tenuta attentamente sotto controllo.
I dirigenti del gruppo Dana, fornitore di trasmissioni per le fabbriche statunitensi, ha acquistato oltre 200.000 maschere facciali per mettere al sicuro i lavoratori dei suoi impianti in Cina; finora, Dana ha evitato ogni interruzione significativa delle sue attività, come dichiarato dal CEO James Kamsickas.
A sua volta, il fornitore statunitense Cooper Standard, che ha ben 13 stabilimenti in tutta la Cina, ha ripreso la produzione, pur potendo contare solo sul 65% della forza lavoro normale.
Ma di questi tempi, si fa di necessità virtù.