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A poche ora dalla conclusione del vertice sull'ambiente tenutosi in Dubai, si tirano le somme sui risultati di questo importante vertice che, come sottolineano in molti, si è svolto tra le fauci di un leone, il gruppo dei Paesi arabi che producono la maggior quantità di petrolio del mondo e avrebbe dovuto, nel contempo, porre dei limiti temporali precisi all'uso dei combustibili fossili per rispondere alle minacce del Global Warming.
Com'è andata, alla fine? Male, ma non malissimo, qualcuno dice che poteva finire peggio. La buona notizia è arrivata all'apertura dei lavori, cioè la formazione di un fondo comune (Altérra) fra tutti i Paesi per far crescere le rinnovabili in cui i Paesi arabi hanno messo subito un bel gruzzolo da 30 miliardi di dollari, con l’obiettivo di mobilitare complessivamente 250 miliardi di dollari di investimenti a livello mondiale entro la fine del 2030 e per favorire la transizione energetica dei Paesi più poveri ed economie emergenti.
Nel susseguirsi delle sessioni d'intervento e nelle frenetiche trattative per giungere ad un documento finale, lo stesso presidente Sultan Al Jaber (un vero e proprio gigante dell'estrazione di petrolio e gas) si è però opposto ad una presa di posizione troppo netta nei confronti dell'oro nero che prevedesse le parole "cessazione" preferendo la "progressiva riduzione".
Eccol i punti salienti del documento finale della COP28
Il fatto che siano comparse nel medesimo testo per la prima volta la parola "riduzione" (non eliminazione) e "combustibili fossili" nella risoluzione finale ha fatto sensazione ed è stato accolto come un risultato "epocale" e forse anche un po' insperato, viste le premesse: Il sultano Al Jaber prima del summit aveva detto che "non è dimostrato scientificamente" che l'eliminazione dei combustibili fossili sia necessara per limitare il surriscaldamento globale deciso alla conferenza di Parigi.