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Chi frequenta abitualmente le comunità on line di appassionati nei giorni scorsi ha assistito ad un fenomeno per certi versi sorprendente. La nuova Miura Concept ha diviso in modo piuttosto netto i navigatori e se questo poteva essere prevedibile, trattandosi un'auto dalla spiccata personalità stilistica, la cosa sorprendente è che la grande maggioranza degli appassionati ha bocciato sonoramente l'ultima creazione di De' Silva. Il che è abbastanza soprendente, perchè ad ogni nuova Lamborghini gli entusiasmi e i superlativi si sprecano, come è giusto che sia per vetture sportive così eccezionali. La riedizione in chiave moderna della Miura, poi, è stato un sogno coltivato per molti anni dai fan del Toro ed era sicuramente uno dei progetti più attesi del 2006. Ora che il sogno è divenuto realtà, però, i commenti che circolano in Rete sono un po' diversi da quelli che era lecito aspettarsi e la cosa naturalmente merita qualche riflessione.
I miti non si toccano
L'elemento più interessante, sul quale molti designer dell'auto dovrebbero riflettere, consiste nel fatto che le critiche non hanno riguardato l'aspetto della vettura o alcuni particolari, ma l'approccio adottato dalla Casa di Sant'Agata. Semplicemente, gli appassionati non hanno gradito una vettura troppo simile all'originale, salvo alcuni particolari e le misure. Un appassionato così ha scritto su un forum italiano: "Secondo me hanno sbagliato approccio, perchè la Miura era qualcosa di assolutamente rivoluzionario per l'epoca e la nuova Miura avrebbe dovuto avere la stessa carica innovativa, piuttosto che copiare il passato". Più chiaro di così...
Così il "caso Miura" ci fornisce un prezioso spunto di riflessione sul rapporto delle case automobilistiche con il loro passato e su come questo dovrebbe essere valorizzato.
A questo riguardo, costituisce sicuramente una conferma interessante il fatto che mentre nelle comunità on line italiane i giudizi critici sono stati - come abbiamo detto - di gran lunga prevalenti, i navigatori americani hanno accolto la nuova Miura con genuino entusiasmo.
La seconda precisazione riguarda quegli integralisti che hanno storto il naso leggendo che la nuova Miura monta il motore in posizione longitudinale e la trazione integrale, mentre l'originale aveva il propulsore trasversale e ovviamente le sole ruote motrici posteriori: copiare a tutti i costi le soluzioni tecniche del passato non è il modo migliore per tutelare un mito e l'adozione di differenti soluzioni tecniche non significa necessariamente che questa Miura del nuovo millennio sia meno eccitante da guidare.
Questione di marketing più che di stile
Il fenomeno è iniziato già alcuni anni fa con VW, che ha pensato bene di resuscitare il proprio modello simbolo: il Maggiolino. Certo, motore e ruote motrici stanno dall'altra parte e le misure sono assai più generose (per fortuna anche le dotazioni di comfort e sicurezza...) e certo, costa di più di una Golf - a parità di meccanica - offrendo meno spazio, ma l'operazione si è comunque rivelata un successo, soprattutto negli USA, e al di là del numero di esemplari venduti anche in Europa il nuovo Maggiolino è diventato una vettura che "fa immagine", per i proprietari ma anche per la Casa.
Non meno azzeccata, poi, è stata l'operazione compiuta da Ford con la GT: ha dimostrato di saper costruire una sportiva di razza, ha ricordato il proprio blasone sportivo (proprio mentre usciva con le ossa rotte dall'avventura in F1) e ha elevato l'immagine di tutta la gamma con una vettura insolitamente esclusiva per un costruttore generalista, ottenendo per di più un bel successo di vendite.
Il mercato, quindi, spesso premia queste operazioni e infatti la loro genesi dipende generalmente più dal marketing che dalla volontà degli stilisti. Le Case, costantemente impegnate a rafforzare il proprio marchio sul mercato, arricchendolo di contenuti culturali e "affettivi", hanno infatti scoperto le elevatissime potenzialità di quei pochi modelli entrati a far parte non solo della storia dell'auto, ma anche della cultura comune, ovvero del mito. In un momento in cui i contenuti tecnici sono sempre più simili e anche i prezzi tendono a livellarsi, per effetto della concorrenza crescente, poter stabilire un collegamento culturare ed emotivo tra la marca - o il prodotto - e l'acquirente può fare realmente la differenza, "trainando" al successo un'intera gamma.
Citazioni sì, copie no
Gli stilisti delle Case spesso subiscono questa logica e ne sono le prime vittime, perchè dal punto di vista del design, a modestissimo parere di chi scrive, questi "rifacimenti" hanno un valore scarsissimo.
Certo, il design è la sintesi tra la ricerca del bello e la funzionalità, ma indubbiamente tutti gli oggetti con elevato valore dal punto di vista del design si distinguono anche per una forte carica di creatività, e attualizzare - spesso con interventi minimi - le forme di auto del passato non è certamente sinonimo di originalità, per quanto questa operazione possa essere compiuta con il massimo rispetto e ammirazione per il prodotto originale.
Eppure ci sarebbe un modo per valorizzare la tradizione del marchio, affascinare i potenziali Clienti proponendo allo stesso tempo al mercato qualcosa di realmente originale. L'esempio migliore che ci viene in mente ci riporta, guarda caso, proprio al personaggio citato all'inizio di questo articolo: Walter De' Silva. A lui infatti si deve la splendida 156, capace di proporre una vettura dal design forte e realmente innovativo per l'epoca, ricca sì di citazioni di alcuni storici modelli Alfa Romeo, ma reintrerpretate ed accostate in modo creativo. Un'operazione, questa, che lo stilista italiano sta compiendo anche con Audi, che si sta riappropriando sempre più del proprio passato, quando come Auto Union era diventata un simbolo di potenza e sportività sulle piste di tutto il mondo: da quelle argentee vetture da corsa, infatti, nasce l'ispirazione per la calandra che contraddistingue tutta la più recente produzione del marchio tedesco.
Come ci insegnano questi e altri esempi di successo, il futuro dei grandi marchi automobilistici passa certamente attraverso un design in grado di valorizzare la propria tradizione, ma solo a patto di sapere reinterpretare quest'ultima in modo realmente creativo.