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Pebble Beach 2022 si è concluso, con oltre 105 milioni di dollari complessivi nelle aste. A vincere lo show è una Duesemberg, un'americana che in realtà è tutta vestita di Italia.
E le vincitrici italiane di categoria della 71esima edizione di questo concorso storico non finiscono qui: figurano anche delle Fiat, delle Alfa Romeo, delle Ferrari e anche una particolarissima Autobianchi.
La vincitrice assoluta del 71° Pebble Beach è ua Duesemberg J Figoni Sports Torpedo del 1932, una vettura americana con carrozzeria realizzata da Giuseppe Figoni - artigiano originario di Piacenza e naturalizzato francese - che raggiunse l'apice della propria carriera proprio negli Anni '30.
In quel periodo le roadster torpedo - talvolta anche dette Boattail per la forma del posteriore - erano la punta di diamante automobilistica negli USA. La vincitrice però è un esemplare unico al mondo, ed è la prima americana a vincere nuovamente il concorso di Pebble Beach dal 2013 - anno in cui una Packard Twelve del 1934 ruscì ad aggiudicarsi il primo posto.
A vincere il premio di categoria Gran Turismo è una concept car molto particolare, nata grazie alla matita di Bertone e con il marchio Autobianchi: la Runabout del 1969.
La sua storia è particolare e travagliata: nata come versione Sport a motore e trazione posteriori della A112, venne poi portata alla produzione in serie per volere diretto dell'Avvocato Gianni Agnelli come 128 Sport Coupé. Alla fine però divenne la base stilistica per la X1/9 del 1972, che proprio quest'anno compie 50 anni.
Per il premio Enzo Ferrari è una variante della serie 250 a vincere, secondo molti la sportiva del Cavallino Rampante più riuscita di sempre.
Nello specifico è una 250 GT LWB Scaglietti Berlinetta del 1959, dunque una coupé a passo allungato (Long Wheel Base) firmata da Scaglietti e a cui molti appassionati aggiungono la sigla non ufficiale TDF - Tour de France - che questa Ferrari vinse quattro volte di fila dal 1956.
Questa serie di sportive Ferrari ha sempre un certo successo ai concorsi, tant'è che una 250 GT LWB Zagato Berlinetta è riuscita ad aggiudicarsi il premio Strother MacMinn Most Elegant Sports Car.
Se pensate a una berlinetta sportiva marchiata FIAT, quasi sicuramente a venirvi in mente per prima sarà la "8V" - nota anche come "Ottovù".
Un esemplare del 1953 è riuscito a vincere il premio FIVA Postwar, in particolare una variante Ghia Supersonic. La maggior parte degli autotelai 8V infatti vennero venduti a carrozzerie all'epoca in piena attività - fra cui anche Bertone, Balbo, Zagato e Vignale - che crearono sulla loro base delle meraviglie in piccolissima serie o addirittura uniche.
Da ricordare sono ad esempio la Demon Rouge di Vignale, la Ghia Supersonic vincitrice di questo premio, e anche la SIATA 208SC che ha vinto il premio ArtCenter College of Design Award.
Molto più antica la vincitrice del Chairman's Trophy, sempre italiana e sempre torinese: una FIAT 75 HP Alessio Touring del 1904.
Ufficialmente era nata come auto pronta alle competizioni, motivo per cui esisteva anche la variante esplicitamente chiamata Corsa. La scheda tecnica è particolarmente interessante per l'epoca.
Motore biblocco a quattro cilindri, oltre 14.0 litri di cubatura, montato all'anteriore in senso longitudinale. Doppio albero a camme nel basamento con valvole simmetriche laterali, carburatore a livello costante, lubrificazione a circolazione forzata e raffreddamento ad acqua con pompa e radiatore a nido d'ape.
Cambio manuale a quattro rapporti (+ retromarcia) con frizione a dischi multipli in bagno d'olio, trasmissione a catene laterali con differenziale e trazione posteriore. Freni anteriori a nastro, freni posteriori a espansione e sterzo a vite senza fine con ruota elicoidale. Peso a vuoto pari a 800 kg. La potenza massima segnava 76 CV a 1.200 giri/min, mentre la velocità di punta toccava i 160 km/h.
Un'altra vettura corsaiola italiana è riuscita a strappare il premio Tony Hulman, ma stavolta si tratta di una sportiva ante-guerra di Arese: l'Alfa Romeo 8C 2300 Monza del 1933.
Anche qui si parla di un concentrato di ingegneria su ruote: motore anteriore longitudinale verticale, biblocco a 8 cilindri in linea e testa in lega leggera. Cilindrata di 2.3 litri e disposizione a due valvole per cilindro, con doppio albero a camme in testa e comando a ingranaggi.
Alimentazione a carburatore, compressore volumetrico a lobi, accensione a magnete e lubrificazione a carter umido. Potenza massima 165 CV a 5.400 giri/min, per una velocità massima di 210 km/h.
Trazione naturalmente posteriore ma con frizione e cambio montati all'anteriore, freni meccanici a tamburo e sospensioni ad assale rigido con balestre longitudinali semiellittiche e ammortizzatori a frizione. Il peso era di 920 kg.