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Ormai le 24 Ore ce le mangiamo per colazione. No, aspetta. Già a metà gara eravamo ridotti come il bacon che alcuni (profani) si trovano nel piatto la mattina. Appiccicosi, stracotti e spacciati; ma felici, sì; perché ritrovarsi di nuovo in un ambiente del genere è una sensazione talmente elettrizzante che anche alle 3 di notte, quando l’unica cosa a cui qualunque essere umano potrebbe pensare sono la doccia e il letto, noi siamo ancora lì, su quel container per andare con gli occhi sopra la linea delle reti e guardare le auto che ululano, tuonano e corrono in quella notte illuminata da fari, scintille e fiammate dagli scarichi roventi.
L’endurance, ancora una volta, rapisce con il suo ambiente magico, fatto di forme, colori e suoni diametralmente opposti e quindi unici, grazie alla decina di diverse tipologie di vetture che prendono parte al campionato. Stavolta siamo volati a Spa Francorchamps per seguire assieme a Lexus F la 24 Ore su uno dei circuiti più SPAziali in assuluto. R8, Huracan, AMG GT, M6, 488, 650 S, 911 GT3 R, Vantage V12, GT-R, Continental GT e le RC-F che hanno trionfato da poco a Le Castellet. Basterebbe una semplice esposizione per godere con queste vetture, immaginatevi trovarle tutte insieme a prendersi a pugni su un circuito per 24 ore.
Andiamo, però, con ordine. Il nostro viaggio parte il sabato mattina, con una impietosa sveglia alle 6 di mattina che ci avrebbe fatto imbarcare sul volo per Bruxelles. Da qui, nel caso vi interessi per una trasferta, il circuito dista circa un’ora e quaranta. Vi auguriamo solo di saltare uno sgradevole ritardo di oltre due ore del vostro aereo. Cosa succede una volta arrivati? Bèh, ormai all’ambiente ci siamo abituati, ma questa era la nostra prima volta in assoluto a Spa e alla stregua di ogni altro ‘pioniere’ che giunge qui, la prima cosa che si cerca di fare è portarsi in una posizione che permetta di far capire quanto sia diabolica la parte dell’Eau Rouge-Radillion. Un tratto lungo 240 m con 24 m di dislivello in cui le auto si tuffano, letteralmente, dalla discesa dopo La Source. Un muro contro il quale sembra quasi di schiantarsi; una compressione che, in Formula 1, violenta i piloti con quasi 5 G di accelerazione verticale a circa 300 Km/h. Qui si riesce a raccontarla fino a 220-230.
La pista del resto serve proprio a questo. Quando fu creata nei primi anni venti dall’editore di un quotidiano, Jules de Thier e il presidente del Royal Automobil Club del Belgio, Henry Langlois Van Ophem, venne concepita per essere il circuito più veloce di Europa. Ma la cosa assurda è che si trattava di un triangolo da 14,9 chilometri creato con l’unione delle statali che collegavano appunto Francorchamps, Stavelot e Malmedy. Un layout da pelo sullo stomaco, qui non c’era posto per i ragazzini e col passare degli anni la pista ha dovuto adattarsi ai criteri di sicurezza, soprattutto quando, per via dell’effetto suolo, il GP del Belgio fu spostato a Zolder per volere dei piloti. Si arriva, così, ai 7 chilometri della pista odierna, che abbiamo avuto modo di conoscere grazie a Lexus e ai piloti del team Emil Frey, che porta in pista le RC-F GT3. Noi però, siamo saliti a bordo della GS-F, una berlina da 477 CV con V8 5.0L. Che effetto fa?
Per scoprirlo potete gustarvi il vlog che riporta le 24 ore della corsa, coi i retroscena che solo noi vi facciamo vedere. Buona visione.