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Può succedere, del tutto in buona fede di non riuscire a ricordare chi fosse alla guida dell’auto a distanza di mesi: finora, nel caso di verbali che prevedessero anche la decurtazione dei punti della patente, essa veniva comminata al proprietario del veicolo, appunto nel caso non fosse in grado di indicare il soggetto effettivamente alla guida del veicolo.
Una modalità derivante da un’interpretazione invero molto restrittiva dell’art. 126 bis II comma del Codice della Strada, che spesso cozzava contro l’effettiva impossibilità di risalire al conducente, come nel caso di vetture usate da più persone dello stesso nucleo familiare, quando diventa un’impresa risalire con precisione a chi fosse al volante nel giorno e nell’ora in cui è l’infrazione contestata veniva commessa.
Non fornendo i dati del conducente, però, il proprietario del veicolo rischiava di perdere i punti della patente di guida, come assunzione di (in)diretta responsabilità che sollevava più di un legittimo dubbio da parte degli esperti di legge.
Ora arriva la notizia che la Corte di Cassazione, chiamata ad esprimersi su tale delicata questione, non abbia dubbi nel dare ragione all’automobilista: con la sentenza 9.555 dello scorso 18 aprile, infatti, ha stabilito illegittimo decurtare i punti dalla patente a chi, nel momento in cui riceve la multa, non ricorda a chi ha prestato la propria auto, soprattutto nel caso di veicolo utilizzato da tutta la famiglia, in questo richiamandosi ad analoga sentenza interpretativa (la 165 del 2008), che aveva già affermato la possibilità di esonero da responsabilità.
In quel caso, però, il principio affermato dai Supremi Giudici era rimasto a lungo nei fatti inapplicato: si spera che quella di oggi abbia miglior sorte.
La sentenza è stata emessa dopo che un'automobilista aveva impugnato il verbale della Polizia Municipale di Bari per violazione dell'articolo 126 bis, eccependo, tra l’altro, di aver comunicato tempestivamente di non essere in grado di indicare le generalità di chi era alla guida del veicolo di sua proprietà, sia per il notevole tempo trascorso tra l'infrazione (6 marzo 2017) e la notifica del verbale (28 giugno 2017), sia per il fatto che il veicolo era utilizzato, da lei, dal marito e dalle sue due figlie.
Tale giustificazione, già ritenuta sufficiente in primo grado dal Giudice di pace, era stata accolta anche in secondo grado dal Tribunale di Bari, che aveva evidenziato la necessità di distinguere la condotta di chi omette del tutto di comunicare le generalità del conducente del veicolo al momento dell'infrazione da quella di chi giustifichi adeguatamente l'omessa trasmissione dei dati.
Insomma, distinguendo tra chi vuol fare il furbo e chi, con tutta evidenza, è davvero nell’impossibilità di indicare il conducente.