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Com’era facilmente immaginabile, la notizia del superamento del piano aziendale di Fiat Fabbrica Italia, che avrebbe dovuto garantire il mantenimento degli attuali stabilimenti di produzione della Penisola ha scatenato una serie di reazioni ed ha procurato non poche preoccupazioni agli operai del Gruppo torinese impegnati in Italia.
Squinzi: «Non si può fare a meno dell'industria automobilistica in Italia»
A margine dell'assemblea annuale di Unindustria Bologna, il Presidente di Confindustria Giorgio Squinzi ha dichiarato: «Non conosco il problema in dettaglio, ma un grande Paese industriale come l'Italia non può non avere un'industria automobilistica forte. Non dimentichiamo che dietro all'industria automobilistica che produce direttamente c'é tutto un indotto di tante imprese che aiutano il settore ad essere competitivo.
Alla domanda che gli chiedeva se avrebbe incontrato Marchionne nei prossimi giorni, il Presidente di Confindustria ha risposto: «Non è previsto. Personalmente non ho mai avuto la possibilità di conoscerlo. Se capiterà lo incontrerò volentieri.»
Giorgio Airaudo, Fiom: «Hanno lasciato le mani libere a Marchionne»
Molto più dure naturalmente le dichiarazioni di Giorgio Airaudo, Segretario Nazionale della Fiom, che ha commentato così la crisi del mercato dell’auto nel nostro Paese: «Fiat ha preso piani non impegnativi e i Governi non hanno mai chiesto alla Fiat di condividere i piani. Inoltre chi ha firmato quegli accordi sbagliando ha lasciato le mani libere a Marchionne e adesso non gli si può più chiedere niente. La Fiat dica la verità al Paese perché con 400.000 vetture basta anche solo uno stabilimento.»
Continua il Segretario: «Adeguandosi all'andamento del mercato è difficile pensare che possa partire una corsa all'acquisto di automobili. Si deve uscire dalla propaganda e dalla divisione sindacale. Fiat non dice la verità, si è illusa e ha illuso. Oggi mancano un milione di vetture prodotte in Italia rispetto alle previsioni di Fiat.»
Sugli accordi firmati a Pomigliano dal Segretario Generale della Cisl Raffaele Bonanni, Airaudo aggiunge: «Capisco le difficoltà di Bonanni perché ha condiviso un piano che si è rivelato sbagliato. A Pomigliano la cassa integrazione finisce a luglio e non è un caso. Quegli accordi sono stati inutili perché non hanno portato investimenti.»
A Pomigliano c'è preoccupazione tra gli operai, che chiedono: «Che fine faremo?»
Intanto cresce la preoccupazione all'interno dello stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco, dove gli operai temono seriamente che anche la newco farà le spese dell'annullamento del piano Fabbrica Italia. L'assillo di tanti, tra le oltre duemila tute blu di Fabbrica Italia Pomigliano, è che non si riesca nemmeno a concludere la settimana lavorativa appena iniziata.
E non bastano le voci di un probabile accordo con Mazda, oppure l'assegnazione di nuovi modelli nel caso di chiusura di altro stabilimento italiano. I lavoratori non credono più a nulla, né vogliono sperare che sia un "altro" impianto in Italia a chiudere. E lo hanno constatato le rappresentanze sindacali dello stabilimento, bersaglio di tantissime telefonate negli ultimi giorni, da parte degli operai che stanno dentro e fuori la fabbrica, e la domanda è sempre la stessa: «Che fine faremo?».
Alcune voci interne all'Azienda parlano di un possibile interessamento di Volkswagen allo stabilimento di Pomigliano
«I sindacati firmatari cercano di calmare gli animi - spiegano gli operai - ma dalla prossima settimana si ricomincia con la cassa integrazione, due settimane, che si aggiungono alle due di agosto. Non crediamo sia possibile stare sereni. Se il piano è annullato, sarà annullata anche la newco? Nessuno, finora, ci ha risposto, pure se si vocifera che anche la Volkswagen sia interessata al nostro stabilimento. Ma Marchionne con i tedeschi pare non avere un buon rapporto.»
L'ansia sale ancor più tra chi non è stato ancora assunto nella newco: «Marchionne non è stato chiaro- affermano alcuni cassaintegrati - le unità lavorative all'interno della fabbrica bastano a produrre le Panda, che si faticano a vendere. Paradossalmente, noi che abbiamo sempre prodotto vetture premiate come auto dell'anno con il marchio Alfa Romeo, dobbiamo sperare che la Mazda o qualche altro marchio, decida di fittare lo stabilimento di Pomigliano per produrre le loro automobili.»
E la Uilm chiede di anticipare l'incontro con la Fiat
A questo punto la Uilm si è vista costretta a chiedere di anticipare l’incontro con la Fiat, previsto per il 30 ottobre. Il Segretario Generale Rocco Palombella ha dichiarato: «L'incontro va anticipato per individuare al più prestp gli strumenti utili a superare la congiuntura economica negativa, poiché nessuno stabilimento deve esere chiuso e occorre ridurre il più possibile il peso della cassa integrazione.»
«La crisi del mercato dell’auto in Europa ed in Italia, nella sua oggettiva drammaticità, può semmai costituire un motivo per rinviare investimenti e nuovi lanci, ma certamente non può costituire la scusa per disimpegnarsi dall’Italia, venendo meno agli impegni assunti nei confronti dei lavoratori e dei sindacati.»
Alla Irisbus gli operai restano nell'incertezza
La giornata di oggi si conclude inoltre con la notizia che duecento operai della Irisbus, lo stabilimento avellinese che produceva autobus in Valle Ufita chiuso nel luglio dello scorso anno dalla Fiat, hanno dato vita ad una manifestazione di protesta con sit in davanti alla sede della Prefettura di Avellino.
Da mesi attendono che il Ministero per lo Sviluppo Economico convochi a Roma una riunione per fare il punto della vertenza che riguarda 680 dipendenti e per conoscere, come pure era stato ventilato da fonti ministeriali, le eventuali manifestazioni di interesse di altri gruppi industriali per rilevare stabilimento e produzione di Valle Ufita. Una delegazione è stata ricevuta dal Prefetto, Umberto Guidato, che è stato sollecitato con urgenza ad intervenire presso il governo prima che l'esasperazione degli operai si trasformi in questione di ordine pubblico.
La assoluta mancanza di informazioni sul destino dello stabilimento di Valle Ufita assieme alle incertezze che permangono sul destino di 240 dipendenti "esodati" e sulla concessione del secondo anno di cassa integrazione straordinaria, costituiscono infatti elementi che, come è stato detto, preoccupano i sindacati.