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Succede ormai un po' in tutta Italia, tendenza che segnala un problema le cui proporzioni potrebbero diventare importanti: con il prezzo del metano alle stelle, diversi distributori si trovano costretti a sospendere l'attività, visto che, complice anche il periodo estivo, di clienti abituali in giro se ne vedono pochi.
Così, magari utilizzando il cartello “chiusi per ferie“ giusto per non dare l'idea di una crisi più grave, diversi gestori hanno dato appuntamento ad inizio settembre, sperando che nel frattempo le tensioni speculative sul metano raffreddino il listino dei prezzi.
Ma la situazione al momento non autorizza entusiasmi eccessivi, anzi: la condizione di vendere il metano a 3,50 euro al chilo, e calcolando le spese fisse relative a stipendi del personale ed utenze, esercitare l'attività traendone del profitto diventa di fatto impossibile.
C'è poi da fronteggiare un'altra situazione: chi ha un'auto metano ha imparato che i prezzi praticati dai singoli gestori differiscono di molto anche nella stessa città: e davanti alle accuse di speculazione, in un contesto di aumenti incontrollati che va avanti da quasi un anno occorre spiegare che la differenza di prezzo tra un impianto e l’altro dipende dai contratti, che per quelli più vecchi è legato alle quotazioni pre-conflitto, mentre i più recenti risentono ovviamente delle turbative recenti a livello internazionale.
Le preoccupazioni sul futuro del comparto della mobilità legata al metano coinvolgono anche le vendite di nuovi modelli: se il mercato fino pochi mesi fa mostrava dinamiche positive, ora si registrano valanghe di ordinativi annullati e nessuna richiesta di nuove immatricolazioni dai concessionari.
Se tale situazione dovesse proseguire per un paio di mesi ancora, la crisi rischia davvero di diventare inarrestabile e senza ritorno.