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Per la prima volta dopo la sua rocambolesca fuga dal Giappone, Carlos Ghosn parla in una conferenza stampa in cui non le manda a dire. «Sono stato brutalmente strappato dal mondo come lo conoscevo», ha detto - lo riportano Reuters e Bloomberg - l'ex numero uno dell'Alleanza Renault-Nissan a Beirut, in Libano, dove si è rifugiato. «Sono stato strappato alla mia famiglia, ai miei amici, dalle mie comunità e da Renault, Nissan e Mitsubishi», incalza Ghosn.
Le cose sarebbero potute andare diversamente prima del suo arresto, rivela Ghosn: «Ero pronto ad andare in pensione prima del giugno del 2018, ma sfortunatamente ho accettato la proposta di continuare l'integrazione delle due aziende (Renault e Nissan, ndr)». Ancora una volta Ghosn lancia accuse nei confronti di Nissan: «Alcuni dei miei amici giapponesi pensavano che l'unico modo per neutralizzare l'influenza di Renault su Nissan fosse liberarsi di me».
Ghosn è andato oltre, facendo anche dei nomi: stando alle sue dichiarazioni, tra i coinvolti nel piano per liberarsi di lui figuravano l'ex CEO di Nissan, Hiroto Saikawa, l'ex vicepresidente Hari Nada, il top manager Toshiaki Onuma, e Masakazu Toyoda, membro del consiglio di amministrazione che secondo Ghosn fece da tramite tra Nissan e le autorità giapponesi.
«Le mie traversie inimmaginabili sono il risultato delle azioni di un gruppo di individui senza scrupoli e vendicativi. Le accuse nei miei confronti sono prive di fondamento». Una volta arrestato, Ghosn a suo dire è stato trattato in modo brutale dagli investigatori: «Sono stato interrogato fino ad otto ore al giorno senza avvocati presenti. "Sarà peggio per te se non confessi", i pubblici ministeri mi dicevano continuamente». Al momento Ghosn è al sicuro in Libano: la nazione non ha accordi di estradizione con il Giappone.