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La moglie di Carlos Ghosn, Carole, ha presentato una petizione all'organizzazione Human Rights Watch per denunciare il sistema giudiziario giapponese di detenzione prima del processo, a suo dire "crudele e inumano". La Ghosn ha indirizzato la sua petizione a Kanae Doi, responsabile giapponese di Human Rights Watch.
Nella sua petizione, un documento di nove pagine, Carole Ghosn descrive il trattamento riservato al marito, detenuto in Giappone dallo scorso 19 novembre. L'ex numero uno dell'Alleanza Renault-Nissan non può vedere la moglie e ha accesso limitato anche ai propri legali.
«Secondo il sistema di 'giustizia con ostaggi' del Giappone, la detenzione prolungata per ottenere confessioni è uno degli strumenti investigativi principali utilizzati dall'accusa - scrive Carole Ghosn in una lettera riportata da Automotive News -. Nessuno dovrebbe essere costretto a sopportare quello che mio marito affronta ogni giorno, specialmente in una nazione sviluppata come il Giappone, la terza economia al mondo».
«Nonostante questo, il trattamento crudele e inumano degli accusati è troppo comune». La moglie di Ghosn conclude la sua lettera a Human Rights Watch chiedendo di fare pressione sul governo giapponese affinché «riformi questo sistema draconiano. Carole e Carlos Ghosn sono sposati dal 2016».
Venerdì il pubblico ministero di Tokyo ha formalizzato una seconda incriminazione per il top manager. L'accusa è di abuso di fiducia aggravato. Questa decisione è arrivata l'ultimo giorno della carcerazione preventiva. Ghosn è accusato di aver trasferito 15 milioni di dollari ad una succursale in Arabia Saudita come garanzie di credito a fronte di debiti personali. Tra il 2009 e il 2012, Ghosn avrebbe perfezionato quattro pagamenti a questa divisione, imputandoli a servizi per lo studio dell'ambiente e a promozioni di vendita.