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L’effetto domino è cominciato: chiusi in casa, le auto tristemente ferme in parcheggio, nessuno a fare benzina.
Il crollo dalla domanda di carburanti soprattutto per uso privato si tramuta in mancati incassi per lo Stato, che dalle pompe ricava denaro fresco sotto forma di accise ed imposta IVA: solo a marzo, mese in cui oltretutto il lockdown è stato solo parziale, essendo iniziato nella seconda settimana, siamo a -1,3 miliardi di euro nel confronto sul 2019.
Lo certifica l’Unione Petrolifera, nel suo consueto report sui consumi di carburante in Italia: a marzo, i consumi di benzina si sono ridotti del 51,3% e quelli di gasolio del 48,4%.
La determinazione del “buco“ per le case statali deriva dalla valutazione basata sui prezzi rilevati dal Mise (il ministero dello Sviluppo Economico) ad inizio aprile: per ogni litro di benzina lo Stato incassava 0,988 euro e per ogni litro di gasolio 0,857 euro; all’appello di marzo 2020 mancano 307.000 tonnellate di benzina (pari a 451,5 milioni di litri) e 825.000 tonnellate di gasolio (per totali 988 milioni di litri); calcolatrice alla mano, si arriva così al valore di 1,3 miliardi di euro.
Questo per marzo, ma ad aprile sarà peggio: la stessa UP ha già fatto sapere che le prime indicazioni sui consumi di benzina e gasolio stimano per aprile “un calo del 75% rispetto allo stesso mese dello scorso anno”; tradotto in vile denaro, siamo a quota due miliardi di euro.
E mancano ancora i dati su GPL e metano, altri carburanti sui quali, sia pure in misura nettamente minore, lo Stato comunque incassa qualcosa dalla loro vendita.