Cannabis terapeutica, le associazioni contro il nuovo Codice della Strada

Cannabis terapeutica, le associazioni contro il nuovo Codice della Strada
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Le nuove norme del Codice della Strada mettono a rischio la patente per migliaia di pazienti in trattamento con cannabis terapeutica, scatenando proteste e una possibile azione legale collettiva.
27 dicembre 2024

Dal 14 dicembre, l’articolo 187 del nuovo Codice della Strada prevede sanzioni severe per chi guida con tracce di THC nel sangue, senza distinguere tra uso terapeutico e abuso. I pazienti che assumono cannabis per il trattamento di patologie come sclerosi multipla, dolori cronici, insonnia, depressione e disabilità motorie rischiano fino a due anni di sospensione della patente, una multa di 6.000 euro e persino un anno di arresto, anche in assenza di alterazioni psicofisiche.

Le tracce di THC possono restare nel corpo per giorni dopo l’assunzione, ben oltre la durata degli effetti, creando un paradosso che limita la libertà di movimento di chi utilizza la cannabis come farmaco.

Le principali associazioni di pazienti, supportate dagli avvocati Claudio Miglio e Lorenzo Simonetti, hanno inviato una diffida formale tramite PEC al governo e al Parlamento. Il documento sollecita la convocazione urgente di un tavolo tecnico entro il 20 gennaio 2025 per discutere deroghe che garantiscano il diritto alla guida ai pazienti in terapia con THC e CBD.

Nonostante le promesse del vicepremier Matteo Salvini, che aveva annunciato un nuovo tavolo tecnico per affrontare la questione, i pazienti denunciano l’assenza di iniziative concrete. Inoltre, ricordano che un tavolo simile istituito nel 2021 non è mai stato convocato dall’attuale governo.

L’assenza di deroghe mina la qualità della vita di migliaia di persone che dipendono dalla cannabis terapeutica per gestire patologie invalidanti. La situazione non riguarda solo la possibilità di guidare, ma anche il rischio di perdere il lavoro o l’accesso alle cure. La normativa vigente, priva di distinzioni tra uso medico e abuso, criminalizza di fatto i pazienti, trasformandoli in potenziali trasgressori della legge.

Se il governo non risponderà entro la scadenza fissata, migliaia di pazienti si dicono pronti a lanciare una class action contro lo Stato, chiedendo risarcimenti per i danni fisici e morali subiti. La protesta vuole portare l’attenzione sull’urgenza di una normativa più equa, che riconosca il valore terapeutico della cannabis e tuteli i diritti dei pazienti.

Le associazioni chiedono non solo deroghe, ma anche un dialogo aperto con il governo per trovare una soluzione equilibrata. La questione solleva interrogativi più ampi sulla gestione delle terapie innovative e sulla necessità di aggiornare le leggi per riflettere le esigenze di una società in evoluzione.

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