Buzzi, è comunque record sulla Monaco-Venezia

Buzzi, è comunque record sulla Monaco-Venezia
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Un ricordo di Fabio Buzzi, scomparso durante un tentativo di battere il record di velocità da Montecarlo a Venezia
20 settembre 2019

Chiediamo da subito venia a chi, se può esserci, trova fuori luogo il titolo, in questa tragedia straziante: ve lo spieghiamo di seguito. Il nostro cordoglio assoluto va alla famiglia Buzzi, Hoorn e Nicolini, senza possibilità di addolcire il momento tragico. Parte un articolo disturbato da lacrime, rabbia, incredulità e abbandono nell'immensità. Ripetiamo: se qualcuno riterrà fuori luogo questo scritto possiamo comprenderlo, e ci spiace.

Ma conoscevamo bene Buzzi ed è proprio in merito a questo che scriviamo queste righe, convinti che avrebbe voluto fossero comunque scritte, per rispetto delle cose in cui credeva e per cui ha vissuto. Pensiamo dunque doveroso attribuire a questo sventurato equipaggio l'onore di aver almeno raggiunto il loro obbiettivo: il nuovo record sulla Monaco-Venezia.

Buzzi lo conoscevamo, ci aveva tollerati, era stato gentilissimo, generoso e abbiamo un ricordo radioso della sua figura. Buzzi ha un compagno di studi che gli assomiglia molto, per cuore, carattere e genialità: a lui una volta abbiamo chiesto come fosse possibile nella vita non rimanere invischiati  nella politica, nei giochi di palazzo e nell'acquitrinio della vuota formalità: "semplice - rispose - basta andare più veloci di tutto ciò!".  Ecco Buzzi.

Per qualcuno era un duro, per noi fu talmente equilibrato da accettare ed eseguire al meglio le regole delle cose, delle leggi della fisica e della vita, senza averne alternative. E queste regole a volte sono durissime da accettare, ma sono vere, come la notte del 17 settembre scorso.

Sapevamo qualcosa del record in corso, ma sapevamo quanto basta che, se non era stato lui a dirci qualcosa in merito, non era il caso di far domande. Nello stile di Buzzi il primo prototipo, poi abbandonato per questo record, doveva avere una sigla. Poi ci disse il nome nell'orecchio, dato da lui. Non possiamo riportarlo, ma ci piegammo in due dal ridere. Era il suo stile dissacratore, volto a mantenersi sobrio.

Sono le 22 del 17 settembre e scriviamo un  sms per saperne qualcosa, dovrebbe essere in dirittura d'arrivo. Nessuna risposta, strano, ma parte una riunione e al ritorno, stanchissimi buttiamo l'occhio alle news, dopo le 24: ci pare di vivere l'ultimo metro il cui l'orizzonte scuro si fa bianco di colpo per la diga, di fronte a prua. Un incubo, una sensazione terrificante, tutto ciò non può essere vero! Notte in bianco, dolorosissima. Non è possibile, conoscevamo bene i doppi visori notturni sviluppati da FB, impeccabili. Persino i loro cablaggi sono a prova di tutto.

Non troviamo spiegazione, la più accreditata è quella di un malore improvviso. Lo vogliamo credere, non possiamo pensare che sia altro. Vogliamo "proteggere" il nosto campione e appena ci smentiranno saremo pronti a non crederci comunque. Buzzi nella quiete da fuori pareva abbastanza originale, per divenire poi impeccabile in corsa: tratteneva le energie, scherzava, ma quand'era ora diventava una macchina. Non abbiamo motivi di pensare ad una sua esitazione, di fronte ad un porto a lui arcinoto, della sua adorata Venezia.

"Due piloti americani con lui" , recita sulle prime la stampa. "Chiamiamo Erik (Hoorn)" - pensiamo per ben due volte in mattinata - che tanto ci aveva raccontato delle imprese e "malefatte" (collaudi estremi e sperimentazioni mototristiche), che combinava con Buzzi, accesi da un entusiasmo vitale e fanciullesco per tutto ciò che vi era di meccanico. In pomeriggio apprendiamo essere anche lui tra le vittime, insieme a Luca Nicolini, altro "pezzo da novanta"della motonautica. Il colpo si fa ancora più pesante, un'ecatombe.

La mattina ci arriva una riga e mezza di risposta da Paolo Martin, granitico designer, intimo amico di Buzzi, a cui disegnò splendide barche. Buzzi lo definì un disegnatore che impiegò più tempo a presentarsi che a disegnare perfettamente un motoscafo. Telegrafico Martin: "il destino non ti dice mai nulla". E nulla ci pare più incisivo di questa frase.

Ci sono voluti due giorni, non volevamo scrivere oltre alla cronaca di rito, colpiti negli affetti in modo così doloroso. Ma ora ci facciamo forza, mossi dal ricordo del nostro magnifico Ingegnere e in onore del suo lavoro, della sua mente geniale e ovviamente delle persone con lui, di chi ha condiviso con lui l'enorme lavoro ed impegno di questo dolorosissimo record: hanno battuto il record, migliorando di ben quattro ore, rispetto al precedente del 2016.

Reso questo doveroso onore, riaffondiamo nella tristezza.

Alessandro Sammartini

Alleghiamo con piacere le righe di racconto, siglate da Paolo Martin

Un caro ricordo a Fabio Buzzi (di Paolo Martin)

Ironico, con lo sguardo sornione, ti pesava: da quel momento eri classificato nella sua scala di valutazione, che andava da 0 a 1.

Ciò che è successo e stata definita tragedia, io sono dell'opinione che sì, lo è per tutte le persone a lui vicine, ma la fine della sua esistenza è quella che lui  auspicava nel suo intimo. Quando lo incontravo, a volte, mi diceva che il suo carnet telefonico si riduceva inerosabilmente, giorno per giorno. Lui si circondava di giovani, non pensava ad un oblio assistito e triste ma ogni mattina accendeva fisicamente i motori dando ad essi parte della sua anima.

Siamo del '43, coetanei, ci siamo conosciuti quasi per  imposizione di un suo cliente e in un modo singolare: dopo la consueta stretta di mano la richiesta diretta di Buzzi, “Quanto mi costi per questo progetto?”.

A fronte di un silenzio di valutazione, disse Buzzi:”Facciamo così, scrivimi la cifra su un foglio ed  io farò la stessa cosa su un'altro con la mia offerta.”

Ho capito che aveva in tasca l'asso vincente per mandarmi a casa e ho pensato di togliergli la tovaglia da sotto le carte, ho scritto l'importo onesto e quando abbiamo scoperto le carte non vi era differenza, non vi stata nessuna “furbata”.

Era iniziato un grande e reciproco rispetto, sodalizio e amicizia che è durato fino ad ora, fino a quando il destino ti presenta il conto senza appello.

Fabio Buzzi non era uno stilista, non ha mai curato l'estetica nelle sue creazioni, non voleva aprire uno "scatolificio da diporto", l'efficenza e la funzionalità erano le sole prerogative. E' stato “costretto” dalla richiesta di un facoltoso cliente Giapponese che voleva ambedue le cose, così è nato il GS 63', barca velocissima e stilisticamente trainante, affiancata poi dalla quadrimotorica Record 80' e altri miei interventi a seguire.

Frequentavo abitualmente la sua casa e nei nostri discorsi a volte, alle mie timide richieste se vi fosse stata la possibilità  di fare qualcosa insieme, le risposte erano sempre gentili ma di questo tono “Non voglio essere usato !" - "Non mi fido di nessuno (me compreso)!", "Sono geloso come una scimmia ecc.”

Le mie proposte grafiche lo esaltavano ma allo stesso modo lo ingelosivano e cercava sempre le alternative senza trovarle, io infierivo dicendogli che non avrei mai cambiato idea, che non sarebbe mai stato un designer data la sua formazione ingegneristica, che era prioritaria nelle sue decisioni, andavamo d'accordo per questo.

Abbiamo passato le notti facendo progetti inizialmente assurdi, ridendo e scherzando ma alla fine usciva sempre qualcosa di concreto.

Ringrazierò sempre Fabio Buzzi, con la sua laurea  esposta in bella vista nella toilette in omaggio all'inventore del water, mi ha insegnato molto non come allievo ma come amico. Io, terricolo, vivo in campagna; non so navigare, ma so fare anche le barche .

Fabio per me è presente come sempre, l'unico rammarico e che nessuno potrà mai coglierne l'eredità.

Paolo Martin

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