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Ecco la perizia
E' stato un malfunzionamento all'impianto frenante a dare origine all'incidente del bus precipitato in Irpinia lo scorso 28 luglio. A precisarlo è stata la perizia effettuata dagli inquirenti della Procura di Avellino, che ha ultimato le indagini sul veicolo.
Questo guasto rappresenta, tuttavia, la parte iniziale della tragedia e assolve l’autista, che anzi ha fatto di tutto per limitare le conseguenze. La rottura dell’impianto frenate posteriore sarebbe, infatti, rimasta senza vittime se al guasto ai freni non si fosse sommata una sconcertante debolezza della protezione laterale sul viadotto.
New jersey cedevoli ancora al centro dell'indagine
Pertanto, rimane ancora sotto indagine il comportamento e la resistenza degli ancoraggi della barriera new jersey contro la quale il bus ha rallentato la sua corsa prima di cadere nel vuoto a causa del cedimento della stessa, causando così la morte di 40 persone (39 passeggeri più il conducente, Ciro Lametta).
La prima parte dell’indagine, effettuata dai consulenti della Procura di Avellino, Alessandro Lima e Lorenzo Caranna, ha portato gli inquirenti a giungere a questa conclusione dopo che questi hanno montato su un bus identico - della stessa Casa costruttrice del pullman protagonista della tragedia – l'impianto frenante del veicolo precipitato nel vuoto.
Il gesto estremo dell'autista, tradito dalla barriera
Ciò ha permesso di rilevare il malfunzionamento dei freni posteriori e della valvola di sicurezza destinata ad attivare il circuito ausiliario collegato all'avantreno. Non avendo funzionato entrambi, l’autista ha compiuto la manovra d’emergenza di appoggiarsi alla barriera di cemento per un lungo tratto, cercando di rallentare la marcia. Ma, quando aveva ridotto quasi a zero la velocità, gli ancoraggi del guardrail non hanno retto e la barriera si è spostata sulla destra consentendo alla ruota anteriore di affondare nel vuoto.
A un certo punto, la catena dei tronchi di barriera si è spezzata, provocando la caduta del bus da circa 30 metri e la morte di 40 passeggeri. La posizione del bus dopo l’uscita di strada è proprio sulla verticale dello spezzone di barriera che si è aperto, sganciandosi dagli altri tratti, segno evidente che la velocità del bus era ormai prossima a zero e che tutti i passeggeri avrebbero potuto salvarsi se gli ancoraggi avessero tenuto, anche poco di più.
“Appare quindi singolare che siano stati resi noti, in tutta fretta, i risultati di questa prima perizia, quasi a voler minimizzare o ridimensionare le eventuali responsabilità della società autostradale”
La colpa non è stata (solo) dei freni
La parola definitiva sulle responsabilità della tragedia verrà pronunciata solo quando verranno comunicati alla stampa i risultati della seconda perizia, quella sulla barriera di protezione del viadotto. Appare quindi singolare che siano stati resi noti, in tutta fretta, i risultati di questa prima perizia, quasi a voler minimizzare o ridimensionare le eventuali responsabilità della società autostradale nella costruzione e nella manutenzione del viadotto Acqualonga, sulla A16.
Infatti, a giudicare dai titoli e dalla notizia passata ai giornali radio sembra che tutta la responsabilità dell’incidente e delle sue tragiche conseguenze sia ora da attribuire esclusivamente al guasto ai freni.