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La legge è (davvero) uguale per tutti?
Qualche dubbio, legittimo, inizia a sorgere, specialmente dopo aver letto le motivazioni, che potremmo definire bizzarre o “creative“, con le quali alcuni tribunali romani hanno rigettato le richieste di risarcimento avanzate nei confronti della pubblica amministrazione da parte di cittadini infortunati dopo essere inciampati e caduti in una delle innumerevoli buche che costellano strade e marciapiedi della Capitale.
Come informa l'edizione romana de “La Repubblica“, infatti, secondo i giudici in diversi casi la colpa di essere caduti in una voragine è da ascrivere al malcapitato: infatti, dei crateri presenti nelle zone limitrofe all'abitazione o alla sede di lavoro, si presume che le vittime dovessero conoscerne l'esistenza, e quindi prestare attenzione nel superarle.
Gli archivi dei tribunali romani sono pieni di faldoni relativi a centinaia, forse migliaia, di cause civili avanzate in conseguenza di piedi fratturati, caviglie distorte e femori rovinati a causa dello stato pietoso di strade e marciapiedi.
Ebbene, davanti alla legittima richiesta di risarcimento, la riposta dei giudici suona beffarda: «Sei caduto in una buca? Dovevi saperlo!»; e la frase di corollario «Peggio per te» non è scritta, ma è come se lo fosse.
L'appiglio burocratico-formale ovviamente esiste, anche se fa a cazzotti con logica e buon senso: è la "presunzione di conoscenza", la formula magica che a Roma sembra fatta apposta per tutelare le casse del Campidoglio, soprattutto se il cratere è sotto casa, o vicino al posto di lavoro.
Una delle sentenze più recenti relative alle buche è stata emessa lo scorso 27 settembre ed estende il principio della "presunzione di conoscenza" al posto di lavoro; ad una dipendente di un ufficio in via dei Gracchi, in Prati, scivolata sulla rampe per disabili del marciapiede di via degli Scipioni a due passi dalla metropolitana, i giudici hanno risposto senza esitare: «Il sinistro si è verificato in ore diurne e in condizioni di visibilità. Né va sottaciuto che la persona lavorava in zona e conosceva i luoghi teatro del sinistro e quindi più che verosimilmente, le condizioni del marciapiede».
Ecco quindi applicata, con precisione leguleia, "la presunzione di conoscenza"...