Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su info@moto.it
Lecce - Sono passati 30 anni da quando la Casa della Stella ha deciso di aprire le porte della gamma al primo di una serie di modelli compatti che nel corso degli anni sono andati a popolare il listino Mercedes. Quel modello era la 190, dal 1993 battezzato Classe C, che anno dopo anno, modello dopo modello, ha saputo aggiornarsi rimamendo un punto di riferimento assoluto nella propria categoria. Della dinastia di quella che è stata la prima baby-Benz ne abbiamo parlato con Werner Breitschwerdt, vertice della progettazione della Stella dal 1953 al 1987 ed oggi Presidente del Management Board della Stella.
Come mai avete deciso di produrre un'auto come la 190?
«Ci sono molti perché legati alla 190. Da un lato volevamo avvicinarci ad una clientela più giovane, ampia ma soprattutto mai presa in considerazione dai nostri modelli e dall'altro avevamo bisogno di un'auto che riuscisse ad abbattere in modo sostanziale la media dei consumi in relazione ai parametri imposti dagli Stati Uniti. Questo non tanto per vendere la 190 ma perché avevamo la necessità di lanciare oltreoceano la Classe S, da sola non in grado nemmeno di avvicinare quei target per via delle dimensioni e della tipologia di motori che il mercato ci chiedeva.»
Avevate pensato che poi la 190 avrebbe sfondato in quel modo?
«All'inizio non era davvero prevedibile un successo così grande anche perché c'erano molti esperti che avevano dubbi sulle capacità da parte di Mercedes di costruire un'auto così compatta. In effetti fino a quel momento le nostre auto erano pesanti e pensate in un modo non certamente compatibile con le necessità della 190.»
Cosa è cambiato con la 190?
«La 190 è stata una vera e propria pietra miliare nello sviluppo dei processi produttivi ed ingegneristici nel campo dell'automobile. Con lei per la prima volta ci ritrovammo ad impostare una serie di lavori di team che si basavano sul raggiungimento degli obiettivi tecnici e sul contenimento dei costi. Non molto diverso, insomma, da come si fa oggi.»
Cioè? Ci faccia un esempio
«Ogni lunedì facevamo riunioni su riunioni sul peso. Ogni responsabile d'area doveva dichiarare il peso delle componenti progettate dal proprio team e dalla sommatoria capivamo quanto eravamo lontani dal target e cercavamo di capire dove eravamo già in ordine e dove si poteva ancora limare. L'obiettivo che ci eravamo prefissati era di 1.100 kg, ma con somma gioia arrivammo addirittura al valore record di 1.060 kg. Un ottimo risultato.»
Con la 190 avete lavorato per la prima volta anche sul Cx. E' corretto?
«Sì abbiamo lavorato moltissimo anche sul coefficiente di penetrazione aerodinamica pur rinunciando, però, ad alcuni elementi come la carenatura del sottoscocca che eravamo stati tra i primi a provare ma che ci avrebbe fatto alzare i costi e fatto lievitare il peso. Abbiamo scelto di spostare altrove le nostre attenzioni ottenendo comunque un valore di Cx eccezionale, di sicuro il più basso dell'epoca.»
Una particolarità unica della 190?
«Il retrotreno della 190 era indubbiamente un capolavoro. Era di tipo multibraccio, una cosa completamente nuova per l'epoca, e questo ci assicurava un feeling di guida ed una tenuta di strada inarrivabili.»
Talmente inarrivabili che vi siete fiondati nelle attività sportive
«Sì le declinazioni sportive della 190 sono state numerose, ma mi piace sempre ricordarne una un po' particolare. Il 12 maggio del 1984, infatti, una gara tra piloti di F1 si corse sulla nuova pista del Nürburgring a bordo delle nostre vetture. Scesero in pista Watson, Lauda, Hill, Surtees, Ludwig, Jones e decine di altri campioni assoluti tra cui uno sconosciuto Senna, che lì sistemò tutti andando a vincere la corsa. Ayrton correva già in F1 ma si può dire che quella fu la prima occasione in cui si fece davvero notare. (Montecarlo 1984 si corse il 3 giugno, ndr)»
Nel 1983, con la 190 2.3 16v, avete percorso 50.000 km a 247,9 km/h di media in 210 ore. Un record tutt'oggi imbattuto. Perché l'avete inseguito?
«I nostri clienti effettivamente non avevano certamente il desiderio di fare più di un giro della terra a tutto gas, ma per noi in quel momento era importante dimostrare che la nostra baby era veloce ed estremamente affidabile. Il tutto senza rinunciare a tutti i comfort delle vetture Mercedes più grande. Oggi quel record è alla portata di tutti ma allora non fu davvero un gioco da ragazzi.»
Non si è rotto davvero nulla?
«Beh qualcosa si è rotto, ma era davvero una stupidaggine e siamo riusciti a sistemarla in modo a dir poco rocambolesco. Mancavano pochi km all'arrivo ed una delle tre vetture iniziò ad andare a colpi. Lo spinterogeno, fornito da Bosch, faceva i capricci e non sapevamo come fare per sistemarlo visto che per regolamento non poteva essere sostituito. Potevamo solo usare componenti della vettura o contenute nella vettura. Mi venne in mente che il pilota alla guida in quel momento teneva sempre con sé un pacchetto di sigarette e con la stagnola contenuta in esso siamo riusciti a ripristinare il collegamento e rilanciare la vettura al massimo della velocità fino alla fine della prova. Fu un momento davvero intenso.»
L'evoluzione della 190 è stata molto forte in questi 30 anni. Che ne pensa del prodotto di oggi?
«E' indubbiamente eccezionale ma in cuor nostro, già mentre progettavamo la 190, sapevamo che oggi si sarebbe arrivati a questo punto. Ogni buon ingegnere, mentre realizza qualcosa, sa che con una diversa tecnologia di materiali o di progettazione si potrebbe fare cose diverse e migliori. Il problema è che spesso quelle tecnologie sono troppo costose relativamente al progetto o, in assoluto, troppo avanti per essere utilizzate. Ma il progresso avanza e quello che ieri non era possibile, nonostante l'immaginazione, anno dopo anno lo diventa e con tale evoluzione anche le automobili migliorano. Oggi come allora, modello dopo modello, le nostre vetture migliorano, introducono motori più potenti, sono più sicure e facili da guidare. Solo una cosa non cambia a fronte dell'evoluzione, perché è l'elemento che quella evoluzione la crea, ovvero la passione e la dedizione con cui gli ingegneri lavorano a tutti i progetti della nostra azienda. Quella, da 125 anni a questa parte, non è mai cambiata e rende ogni nostro prodotto unico e speciale.»