Bernacchini: l'incredibile carriera del navigatore che torna nel WRC e fa sognare gli Italiani

Bernacchini: l'incredibile carriera del navigatore che torna nel WRC e fa sognare gli Italiani
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Abbiamo intervistato Giovanni Bernacchini, storico navigatore che ha corso al fianco di Andreucci, Gigi Galli e Nasser Al-Attiyah. L'anno prossimo tornerà a correre nel WRC a fianco di Bertelli, in un team 100% italiano | <i>M. Martella</i>
24 dicembre 2014

Vigilia di Natale 2014. L'appuntamento con il navigatore Giovanni Bernacchini è vicino ad una delle speciali che hanno fatto la storia del Rally di Montecarlo, St. Nazaire Le Desert. Sono appena finiti i test con il suo nuovo pilota, Bertelli; neanche il tempo di finire di festeggiare la doppia corona Mondiale e del Middle East e già riparte la nuova stagione.  Non c'è neve sulle strada ma la temperatura non è certo da spiaggia come quella appena lasciata a Doha. Ci ritroviamo in un classico bistrot francese davanti a due tazze fumanti di caffè.

 

Allora come è andata?
«Primo impatto buono, direi che possiamo trovarci bene. Non è stato traumatico come supponevo. La difficoltà sta nel fatto che il metodo dei numeri  nelle note è opposto a quello di Nasser Al-Attiyah (il suo precedente pilota). In più Bertelli le vuole con tono molto piatto. Ho visto Lorenzo aggressivo e subito  a suo agio con la Ford WRC; guida fluida, l'ho trovato molto metodico e con grande "fame", ha voglia di fare bene. Per sua ammissione non predilige l’asfalto. Anzi ci ha corso solo 2 volte.»

 

Dopo tanti anni dover ridare le note in italiano

«Su un allungo di 80 gli ho chiamato eighty... Ma va bene così (ride, ndr

 

Tu sei figlio d'arte
«Si mio padre Arnaldo ha corso negli anni d'oro, negli anni pionieristici dei rally, esclusivamente con Fiat e Lancia. Ha corso con piloti come Munari, Bettega, Pinto Vudafieri, Zanussi, vivendo in questo ambiente è stata una passione che mi ha coinvolto da subito fin da quando ero piccolino, probabilmente ho qualcosa nel DNA».

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Giovanni Bernacchini insieme a Nicoletta Russo, figlia d'arte e addetta stampa Hyundai

 

Tu seguivi il babbo nelle gare insieme alla mamma?
«Non più di tanto. Quando ero piccolino i miei ricordi vanno ad un 4 Regioni; gare mondiali non ricordo, anche se sono stato in Grecia quando avevo 2 anni e al Tour de Corse quando ne avevo 4. In realtà ho cominciato a seguire di più mio padre quando lui ha smesso nel 1982,  epoca della “037”, rimanendo comunque nella squadra Lancia come direttore sportivo logistico e quindi quando ero già grandicello ho cominciato a seguirlo in gare come il Safari in Kenya e l'Acropolis in Grecia; all'epoca i test del Safari duravano 1 mese, ricordo che mentre mio padre preparava i piani d'assistenza in Hotel io andavo insieme a Rino Buschiazzo e gli altri meccanici a seguire i test con Vic Preston Junior: era il 1987.  Fin da piccolo per me i rally facevano parte del quotidiano ed è stato quasi naturale che mi coinvolgessero fino ad appassionarmi per poi sfociare in un lavoro, anche se mio padre era contrario che io iniziassi a correre. Lui voleva innanzitutto che io continuassi l'università; ho iniziato a correre nel '95 e già da un anno e mezzo frequentavo Scienze Politiche. Potenzialmente potevo continuare, invece ho lasciato perdere gli studi con sommo dispiacere dei miei ed in fondo è "colpa", se così posso dire, di mio padre. Era il 1994 e lui, sempre per il gruppo Fiat seguiva il Trofeo 500, facendo un po' da chioccia a tutti i giovani iscritti. I vincitori dei vari campionati europei avrebbero disputato la finale al Rally di Montecarlo e all'epoca io l’ho seguito come ricognitore insieme a mio padre. Qui ho conosciuto Walter Ussai, che aveva vinto il trofeo Under 23 in Italia, eravamo a colazione insieme e lui mi disse:  "Ma tu vorresti correre?" ed io risposi di getto senza pensarci: "Si, si, mi piacerebbe" dopo circa 1 anno squilla il telefono e mi dice: " Io vorrei fare il Trofeo 500 il prossimo anno, saresti disponibile?" E da lì ho iniziato, mio padre non era molto contento perché lui conosce benissimo l'ambiente aveva paura che io potessi bruciarmi; il fatto di essere suo figlio non voleva dire aver le porte spalancate e giustamente lui era un attimino restio a che io intraprendessi questa carriera. Poi ho cominciato, ho fatto la mia gavetta nelle 500 per 3 anni nell'italiano e nell'europeo, poi diciamo che da lì è andata bene. Mio padre ha cominciato ad esser orgoglioso in cuor suo, pur rimanendo sempre nell'ombra; non è mai stato un padre di quelli che spingevano, troppo presenti. No, no, sempre molto discreto. Quest'anno è venuto in Sardegna, ma lui era dal 2002 che non vedeva una mia gara: dodici anni che non presenziava ad una mia gara. Nel 1995/96, quando facevo il trofeo 500 nell'italiano e nell'europeo, lui veniva praticamente ad ogni gara, ma quando ho cominciato nel mondiale lui non mi ha più seguito».

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Negli ultimi anni Bernacchini ha proseguito la sua carriera in Medio Oriente

 

E quest'anno?
«Naturalmente è molto contento, sai per lui come per tutti i padri è un motivo d'orgoglio; devi poi sapere che lui ha vinto nel 1974 la sua prima gara Mondiale in coppia con Pinto sulla Fiat 124 Abarth ed io a 40 anni di distanza nel mio piccolo ho vinto la categoria WRC2 con Nasser. Quando l'ho chiamato dal podio del Portogallo si è messo quasi a piangere: una bella emozione per entrambi! Sai da sempre nella mia testa c'è stato il sogno di eguagliarlo, di vincere anch'io una gara mondiale; non è ancora finito questo sogno perché non si può mai dire. E’ chiaro che da privato sarà dura, oggi con i vari Sebastien che ci sono… è quasi impossibile! Ricordo che nei primi anni che correvo con Andreucci, era il 1999/2000, ad un Sanremo finimmo quinti assoluti: un risultato incredibile! In altre gare battagliavamo sempre per quelle posizioni e lottavamo contro squadre come Procar , Peugeot ecc. Oggi non è più possibile: se entri nei primi 10 è già un risultato eccezionale; devi solo sperare che gli altri si ritirino, purtroppo è così la realtà! Con Nasser quando abbiamo corso con la WRC, sia con Citroen che con Ford. Abbiamo fatto un 4° posto, siamo stati costanti per tutta la gara, però senza i ritiri davanti più di tanto non si può sperare. Però, ripeto, anche se non ho ancora vinto una gara nell'assoluto, nel frattempo questi 2 titoli mi ripagano di tanti sacrifici e mi riempiono di soddisfazione».

Gigi, cosa c'è da dire di Gigi: "un pazzo scatenato", talento naturale a livello di piede secondo me secondo a nessuno

 

In questa tua lunga carriera,sono 20 anni che corri, pur essendo  ancora giovane, hai avuto modo di esser a fianco di molti piloti, cominciando dagli italiani e finendo a Nasser: cosa porti con te di ognuno di loro?
«Come già detto mi reputo fortunato perché fin da subito ho avuto la possibilità do correre nelle Fiat 500 con i piloti al top di ogni categoria. Sono stato con Andreucci, Galli, Dallavilla, Pedersoli, Nasser… tutta gente con il piede pesante; con tutti loro ho sempre cercato di apprendere, di accumulare esperienza, anche da piloti alle prime armi. Con Andreucci sono stati 2 ottimi anni nell'Italiano. Posso dirti che è un ottimo pilota molto, molto puntiglioso. Tant'è che ancora è un pilota vincente, ottimo tester molto veloce in gara. Dallavilla anche lui molto dotato, ma abbastanza sfortunato almeno negli anni che abbiamo corso insieme. C'è sempre mancato poco per salire sul gradino più alto. Nel 2001 correvamo nello Junior contro un certo Loeb e ci è mancato proprio poco per batterlo, quindi capisci di che pilota sto parlando! Nel 2002 nell'ultima gara con lo spagnolo Dany Sola anche lì è mancato un nonnulla. Gigi, cosa c'è da dire di Gigi: "un pazzo scatenato", talento naturale a livello di piede secondo me secondo a nessuno, purtroppo anche per lui  ci son state delle problematiche che non lo hanno portato al top, sicuramente poteva dare e ricevere molto di più per il potenziale dimostrato. Nasser è un pilota costante, ottimo professionista; essendo arabo ha la sua metodologia, cultura completamente diversa da noi europei. E’ il pilota con cui ho corso di più, 6 anni, e devo dire che in questo lungo periodo mi ha impressionato anche a livello mentale: siamo riusciti a vincere dei campionati anche non essendo i più veloci, come quest'anno; però a livello d'esperienza, mentalità e sangue freddo siamo riusciti a prevalere».

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Come navigatore di Nasser Al-Attiyah Giovanni ha vinto tantissimo

 

A proposito di Nasser e del campionato del Middle East: come nasce questa tua esperienza?
«Era il 2008, correvo nel Mondiale con Gigi e considera che già nello Junior avevo conosciuto i piloti arabi che correvano: come il libanese Feghali, nostro avversario quando correvo con Baldacci. Mi chiama il navigatore di Feghali che parla perfettamente italiano e mi chiede se ero disponibile a fine giugno dopo il Rally dell'Acropoli. Interpello subito Gigi e gli chiedo se potevo andare a fare quest'esperienza; Galli mi dà l'ok senza problemi, non c'erano gare in quel periodo nel WRC. Parto quindi per il Libano e preciso che era la prima gara per me con note in Inglese e che Feghali di quella gara conosce ogni singola pietra e cespuglio; potevo quindi dettare le note anche in turco, per lui andava bene ugualmente. Abbiamo vinto la gara agevolmente e questo è stato il mio primo approccio con il mondo arabo. Nel frattempo conoscevo già Nasser, nel mondiale  nel 2006 aveva vinto il titolo mondiale produzione con la Subaru, per noi colleghi era anche una figura esotica, sempre gentile, disponibilissimo. Vinta la gara in Libano sono tornato nel mondiale con Galli e purtroppo c'è stata la gara in Germania dove Gigi si è fatto male alla gamba e a quel punto il programma mondiale era saltato. A seguito di ciò Feghali, che aveva in programma di finire il Medio Orientale mi ha chiesto se ero libero  per correre insieme le ultime 3 gare: Giordania Cipro, Dubai. Dubai: prima gara per me e per lui nel Desert Challenge e ... ci siamo persi nel deserto! Abbiamo fatto una divagazione di 3 minuti. Sai lì devi seguire la traccia sulla pista e le note erano: “300 metri girare al cespuglio; sinistra 500, all'alberello a destra 600”; ad un certo punto, dopo 2 km, ci siamo trovati una casa che non c'era nelle note e abbiamo realizzato che avevamo sbagliato. Così dal 3° posto assoluto siamo retrocessi al 5°. Queste 4 gare nel Medio Orientale mi sono servite per farmi conoscere ed entrare in contatto con nuovi personaggi dell'ambiente. Finita la stagione, non proseguendo più con Gigi, vengo contattato da Nasser che dice: "Non è che verresti in Qatar a correre con mio cugino che ha bisogno di un navigatore?" Naturalmente voleva testarmi, ho fatto quindi tutta la gara con il cugino che non parlava inglese. Un "cinema" e a fine giornata, mentre rientravamo per andare al service park, mi dice: "Giovanni sorry, sorry look, look"  e mi indica la spia del'olio accesa; gli domando: "da quanto tempo è accesa?" lui risponde: "da circa 20 km":  motore fuso ! Dopo quest'esperienza sono sempre convinto che Nasser avesse voluto testarmi, e a  fine gara mi dice: “Io sto cercando un navigatore per fare il Mondiale e Middle East e vorrei te.” Da lì è iniziato il nostro sodalizio: nel 2009 prima gara in Kuwait, per il Medio Orientale, e da Cipro per il Mondiale».

Ti rendi conto che il Medio Oriente è al di fuori di qualsiasi logica per noi occidentali?!

 

Raccontaci un po' l'episodio dove ti volevano rapire…
«In Libano c'è una zona, tolta per ovvie ragioni nel 2014, di Hezbollah al confine con la Siria, una zona franca dove la polizia non interviene, anche perché ci son piantagioni e lì vicino parte una speciale che poi sale su un monte. Noi prima della speciale arriviamo con un anticipo di una mezz'ora e ci fermiamo quindi ad 1 km prima della prova, vicino ad una casa dove c'è la classica famiglia che ci invita a bere il caffè. Noi andiamo tranquillamente a bere con loro e conosciamo così figli, nonni, nipoti. Cominciano a parlare in arabo tra di loro e vedo che la discussione comincia ad accenderci tra Nasser e i componenti della famiglia; a quel punto ringrazio saluto e vado a controllare la pressione delle gomme. Nasser torna abbastanza serio e partiamo per la speciale, il secondo giro ritorniamo per la stessa strada però ci fermiamo 2 km prima e Nasser mi dice: "Sai perché ci siamo fermati qua?" Rispondo: "No". Vedi prima quando ci siamo fermati nei pressi di quella casa con la famiglia, il nonno ha capito che tu eri italiano, ha cominciato a dire seriamente: "Questo noi lo rapiamo e chiediamo il riscatto all'Italia" . Nota bene: gli Hezbollah sono sciiti mentre in Qatar sono sunniti, quindi un bel cinema, all'inizio pensavo che scherzasse, ma il suo viso e la sua espressione confermavano che il proposito del nonno era molto serio. Altro episodio: nel 2012 in Kuwait. Partivamo con il n°1 e ci fermano per mezz'ora perché c'erano dei ritardi non meglio specificati. Dopo un po' ci viene comunicato che nel giro sequenze su una prova avremmo dovuto tagliare 300 metri prima di un bivio; alla nostra domanda del perché, ci fu spiegato che durante il primo passaggio della mattinata le vetture, smuovendo la terra, avevano portato alla luce qualcosa. Il commissario sul posto vede questo bagliore, controlla ed era un ordigno della guerra del Kuwait all'epoca di Saddam e l'hanno fatto brillare lì. I commissari si sono premurati di dirci che hanno controllato il resto della prova e tutto dovrebbe essere a posto. Quindi noi correvamo sui luoghi di battaglia della Guerra del Golfo. Ti rendi conto che il Medio Oriente è al di fuori di qualsiasi logica per noi occidentali?! Però è un bel bagaglio d'esperienza che mi mancherà. Nel 2015 correrò come detto con Bertelli e quindi è impossibile correre nei 2 campionati, perché ci son test da fare e le date sono incompatibili. Inoltre il prossimo anno ci saranno 3 gare in più: Oman, in Iran e forse Abu Dhabi. Mi spiace non esserci, ma in futuro spero di tornarci».

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Giovanni Bernacchini nei primi test con Bertelli in vista del WRC 2015

 

Concludiamo il tuo capitolo sul Middle East con l'ultima gara

«Premessa: noi abbiamo vinto consecutivamente gli ultimi 4 anni il titolo del Medio Oriente. Quest'anno è stato un campionato particolare perché abbiamo vinto le prime 3 gare; poi non ci siamo presentati in Libano perché, come sai, Nasser corre anche nel Cross Country e quindi abbiamo preso zero punti. A Cipro, dove vinciamo da 5 anni, invece abbiamo rotto il motore subito dopo la prima prova, quindi dopo le prime 3 vittorie son seguite 2 gare con zero punti che di fatto hanno riaperto il campionato. Al Kassimi si è presentato all'ultima gara con solo 6 punti di ritardo e al Kuwari con 9, quindi all'ultima gara eravamo in 3 equipaggi che si giocavano il titolo. Da notare che il Dubai è la gara di casa di Al Kassimi e quindi, mentre noi eravamo impegnati in Wales a vincere il mondiale, lui provava e riprovava. Ti faccio notare che le ultime 5 edizioni del Dubai le avevamo vinte noi. Quindi questa era la situazione prima della gara: noi non avevamo scelta se volevamo vincere il titolo, dovevamo per forza stare davanti a loro due. Grande gara sin dall'inizio con Al Kassimi che ha vinto le prime 2 prove, poi abbiamo cominciato a vincere noi. In seguito siamo stati agevolati dal fatto che Al Kassimi ha fatto una partenza anticipata, quindi con una penalità di 10''. Per farla breve: 1a tappa in testa noi di circa 6''. Il giorno dopo c'erano 3 prove da ripetersi; le prime 3 abbiamo allungato fino ad 11''. Nelle ultime 3 prove le cose si son rovesciate: nella prima ci ha dato 6'', nella penultima altri 6'' e ci siamo quindi presentati con Al Kassimi primo con 0.4'' davanti a noi. L'ultima l'abbiamo vinta di 0.1 quindi, tempi alla mano, Al Kassimi ha vinto la gara per 0.3 e di conseguenza anche il titolo. Però già nel Medioriente ci sono da sempre state voci su possibili tagli o furbate, anche perché essendo gare nel deserto è quasi impossibile garantire che nessuno riesca a tagliare il percorso. C’è il Prax system che può sbagliare al limite di meno di un decimo di secondo; inoltre una regola di questo campionato é che l'equipaggio deve seguire un linea che non sia più lontana di 10 metri dal centro stradale, sia a destra che a sinistra. Qualora tu dovessi oltrepassare questa linea comincerebbero ad arrivare 30'' di penalità. Naturalmente abbiamo cominciato a sospettare di questa furbata, anche perché in tutte le altre gare concludevamo sempre tra i 2 o 3 minuti di vantaggio rispetto ad Al Kassimi.  C'è stato poi un punto ben preciso, con tanto di testimoni e video, dove Al Kassimi, invece di girare intorno ad una duna, anticipa e  taglia molto prima, cosa vietata dal regolamento. Abbiamo quindi fatto subito reclamo, a Dubai in verità i commissari hanno preferito lavarsi le mani rimettendo tutto nelle mani del tribunale della FIA. Quindi a quel punto abbiamo inoltrato urgentemente un  appello alla FIA a Parigi che da lì a 3 giorni a Doha, in Qatar, avrebbe premiato e festeggiato i Campioni 2015 di tutte le discipline automobilistiche. La FIA, anche in virtù dei filmati presentati e delle testimonianze, non ha potuto far altro che ridarci la vittoria ed il titolo, infliggendo ad Al Kassimi una penalità di  30''. Tutto questo non aiuterà certo l'ambiente perché c'è sempre stata una grande rivalità tra di loro. Quindi le cose andranno avanti nei prossimi anni, ma ripeto: la decisione è stata giusta ed il nostro titolo meritato».

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Il principe del Qatar, Nasser Al-Attiyah, dal prossimo anno non sarà più affiancato da Bertelli

 

Chiuso questo capitolo importante della tua vita agonistica, pieno di trionfi e titoli, passiamo ora a quest'altro titolo vinto, un titolo mondiale nella categoria WRC2
«Un titolo mondiale che in passato nella categoria Junior ho sfiorato per ben 2 volte con Dallavilla; un titolo, aggiungo, che poteva tranquillamente non esserci perché Nasser ad inizio stagione non voleva partecipare. La decisione di aderire è arrivata a febbraio inoltrato, dopo aver vinto nel frattempo la gara del Qatar. Lui è riuscito a trovare anche uno sponsor giusto e quindi si è deciso proprio all'ultimo di prendere il via. C'è da dire che anche se tutto si è poi svolto velocemente, con la sua solita professionalità, Nasser ed io insieme abbiamo preparato il campionato con la massima professionalità, cercando di ottimizzare i risultati in ogni gara. Quest'anno il parco partenti era numeroso e qualificato con Tanak, Ketoma, Sousa, Bertelli, Maurin. Insomma almeno 6 o 7 piloti potevano aspirare a vincere il titolo, tant'è che nelle prime 5-6 gare ci sono stati vincitori diversi; quindi sin da subito il campionato ha dimostrato di esser combattuto, nulla era scontato. Noi abbiamo cominciato molto tardi, visto che abbiamo saltato Montecarlo, Svezia, Messico e ci siamo presentati solo alla 4a gara stagionale in Portogallo, dove abbiamo vinto. Questo ci ha rinfrancato e dato fiducia per il proseguo della stagione. Considera che Nasser è molto portato per gare su terra, dove il fondo non è veloce, dove è un po' distrutto; infatti alla vittoria in Portogallo ha fatto subito seguito la vittoria in Argentina. Queste 2 vittorie ci hanno portato tra i primi in classifica. La gara successiva in Sardegna eravamo in testa con 3' di vantaggio, ma un uscita di strada ha compromesso tutto e, anzi, Nasser si è anche incrinato una costala  e ci siamo dovuti ritirare. Peccato perché vincendo in Sardegna avremmo potuto ipotecare il titolo. Da lì c'è stata una pausa perché Polonia e Finlandia non sono gradite a Nasser. Siamo andati in Germania, gara su asfalto, dove anche se non è un terreno gradito a Nasser un 5° posto siamo riusciti a portarlo a casa, nonostante il famoso fattaccio dei commissari tedeschi filmato da tutti. Costoro hanno impedito per più' di 3' agli spettatori di rimetterci in carreggiata, dopo un'innocua uscita di strada, e questo ci è costato il 3° posto. Questa doppia disavventura tra Sardegna e Germania ci ha rigettato nel gruppo ed anche un po' demoralizzati, perché il titolo si stava allontanando. Non ci siamo persi d'animo e, sicuri delle nostre possibilità, siamo andati in Australia dove abbiamo ottenuto una brillante vittoria. A quel punto  la situazione si era ribaltata a nostro favore per quanto riguarda la classifica. La gara seguente era il Cataluna, una gara mista terra asfalto, e li devo fare i complimenti al mio pilota. Sapendo che su asfalto avremo pagato dazio ha attaccato da subito, con una guida veloce ed aggressiva, che ci ha permesso di chiudere con un buon margine controllando il ritorno degli avversari nelle tappe su asfalto. Abbiamo poi saltato la Francia per concentrarci sull'ultima gara in programma il Galles. In virtù dei risultati maturati in Alsazia dai nostri avversari, ci bastava a quel punto un 7° posto e, in tutta sincerità, queste gare mentalmente sono le più difficili: perché il successo è così a portata di mano che puoi toccarlo, ma basta un piccolo errore per vanificare un'intera stagione. E’ terribile perché ad ogni curva hai paura che possa succedere qualcosa; infatti la tensione ha fatto si che abbiamo fatto una gara pessima. Quando sei lì e devi lottare per il 1° posto per vincere non pensi a nient'altro; quando, invece, devi arrivare in quella posizione ti distrugge! Tant'è che abbiamo chiuso la 1a tappa all'ottavo posto. La fortuna ci ha dato una mano nella seconda tappa, quando 2 concorrenti si sono ritirati, dandoci così il 6° posto che abbiamo conservato fino alla fine. Credo un titolo meritato visto che abbiamo vinto 3 gare su 6 e in Sardegna siamo usciti quando eravamo primi».

Sono 6 anni che non uso note in italiano e addirittura circa 10 anni che non corro con un team italiano

 

Neanche il tempo di festeggiare il titolo ed esce la notizia che il prossimo anno correrai con Bertelli.
«Con Lorenzo è tutto l'anno che siamo vicini nel service; il nostro team è sempre a fianco al suo. Essendo un team italiano spesso per scambiare due chiacchiere, prendere un buon caffè, ehm sai, con il team inglese… Nasser stesso apprezzava la cucina del team di Bertelli: avevano un cuoco ed una cucina perfetta! Considera che con il nostro team avevamo un panino del McDonald's, c'era quindi un attimino di disparità sotto questo aspetto! Comunque, a parte gli scherzi, considera che nel team di Bertelli c'è gente come Carlo Cassina, che conosco da quando lavorava con mio padre, e quindi era anche piacevole poter parlare in italiano. Si era da subito instaurato un buon rapporto con tutto il team e con lo stesso Lorenzo. In Spagna Nasser mi ha detto che, per il prossimo anno, la sua intenzione era di partecipare al solo Cross Country ed anche per il Medio Orientale era più propenso a fare qualche gara e non tutto il campionato. Quindi ero libero per il mondiale se trovavo un altro pilota; negli anni passati era già successo che dopo la Dakar non avessi nulla di concreto e quindi ho sparso la voce che ero libero e immediatamente, per una serie di circostanze, anche Bertelli era in cerca di un navigatore perché Emilio Dotta, il suo abituale coequiper, aveva deciso di fare un'esperienza nel Moto Mondiale. E’ stata una conseguenza naturale che ci si sia trovati insieme come due anime gemelle. Considera che sono 6 anni che non uso note in italiano e addirittura circa 10 anni che non corro con un team italiano: l'ultima volta è stato nel 2005 con la Fiat. Saremo un Made in Italy al 100%: anche le gomme sono italiane, le Pirelli, sì son contento ed è una cosa interessante».

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Giovanni ormai ha maturato un'esperienza davvero invidiabile nei rally e continua a sognare di vincere nel WRC

 

Per Bertelli, sarà anche la prima volta nel WRC con una vettura d'assoluto, per caso ti ha detto quali sono i suoi obiettivi?

« Guarda: questi sono stati i primi test, dobbiamo conoscerci, amalgamarci. Posso dirti che nel  2014 ha fatto buone cose, vincendo anche in Sardegna e rimanendo fino alla penultima gara in testa alla categoria del campionato. Ha lottato fino all'ultimo per il titolo e migliorandosi sempre di più. In Galles è arrivato secondo impressionando tutti. Nei miei calcoli, ad inizio gara, lo avevo inserito tra quelli che potevano starci davanti per il nostro benedetto 7° posto che serviva per vincere il titolo, ma mai mi sarei aspettato una simile performance! Chiaramente nel WRC la macchina è diversa, bisogna fare esperienza, bisogna prenderci la mano avendo però la possibilità di fare tutte e 13 le gare. Credo che abbiamo la possibilità di far bene, se partiamo con la mentalità giusta, senza aver voglia di strafare ed avere l'umiltà di sapere di dover imparare. Secondo me possiamo toglierci qualche soddisfazione. Non voglio far proclami, però rimango fiducioso sul campionato dell'anno prossimo.»

Secondo me possiamo toglierci qualche soddisfazione. Non voglio far proclami, però rimango fiducioso sul campionato dell'anno prossimo

 

Negli ultimi anni, con Nasser hai avuto modo di correre sia con la Citroen WRC che con la Ford WRC, vetture d'assoluto e quindi siete stati a contatto con i rispettivi boss,Yves  Matton per la casa francese e Malcom Wilson per la casa dell'ovale: che idea ti sei fatto sulle loro metodologie di lavoro
«Considera che Malcom lo conosco bene dal 2008, quando con Galli abbiamo fatto tutta la stagione, quindi già c'era un certo feeling, un certo rapporto. Quindi per me nel 2013 è stato come tornare a lavorare con tanti amici, poi non ti so dire se c'è anche una differente passionalità; lavorare con i francesi è un conto, lavorare con gli inglesi è completamente diverso. Tra noi italiani e i francesi non dico che ci sia una rivalità, però qualcosa c'è e con questo confermo che con loro mi son trovato benissimo. Con Matton ho avuto un ottimo rapporto benché lui, naturalmente, fosse più presente con Loeb e con Hirvonen, mentre con Wilson… sai, Matton gestisce una squadra ufficiale al 100%; quella di Wilson è una squadra ufficiale, ma con molti clienti e quindi il suo rapporto è completamente diverso. Io, ad esempio, lo scorso anno ho corso una gara con suo figlio, questo per dirti che tipo di rapporto c'è. Lui è sempre stato presente con tutti, sia con gli ufficiali che con i suoi clienti . Diciamo che Matton è un po' più' distaccato, ma ricordiamoci che stiamo parlando di un team professionale pluricampione del mondo; stare in squadra con Loeb ed Elena ti fa sempre crescere perché non si  finisce di osservare ed imparare per arricchire il mio bagaglio. Credo che sia il sogno di tutti di poter correre nei team ufficiali, di più credo che in questo momento non si possa chiedere, si ok adesso c'è Volkswagen e Hyundai. Ripeto mi son trovato bene con tutti: ricordo che quando ero in Citroen loro stessi spingevano a fine stagione per affiancarmi a Kubica ed è quindi per me motivo di soddisfazione. Lasciare sempre un buon ricordo nelle squadre in cui sono stato, incontrarli, vedere che ti sorridono, ti abbracciano sapendo che se un giorno dovessi tornare, sarei accolto benissimo: queste per me sono soddisfazioni che contano. Il prossimo anno, poi, saremo sempre con Malcom.»

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Giovanni si prepara al via del suo 12° Rally di Montecarlo

 

20 anni in giro per il mondo c'è una gara che hai nel cuore …..
«La cosa bella del mondiale è che hai la possibilità di correre a latitudini diverse in luoghi diversi tra loro. A me piacciono tutte proprio per questo motivo, perché sono come le 4 stagioni: differenti tra loro. L'Inghilterra con nebbia, pioggia fango; Svezia con la neve o la Grecia terra, sassi e polvere; lo stesso Montecarlo: il prossimo sarà il mio 12° Monte, quindi mi apprezzo fino in fondo la diversità e l'unicità di ognuna di queste tappe».

 

C'è qualcuno dei tuoi colleghi con cui leghi di più?
«Cominciamo con il dire che non ho mai considerato i miei colleghi dei rivali, anzi, da ognuno di loro ho sempre cercato d'imparare e apprezzare le migliori cose, prendere spunti  per crescere anch'io. Lo dico sempre anche quando faccio le lezioni, mai sentirsi arrivati, mettersi sempre in gioco; quindi con i colleghi ho sempre avuto questo rapporto di stima reciproca. Poi con Arena, partecipando entrambi al campionato  Medio Orientale, entrambi italiani è logico che si sia instaurata una certa amicizia. Considera inoltre che nel mondiale faccio parte del gruppo dei navigatori che realizza per la FIA i report gara per gara per quanto riguarda la sicurezza, per cercare di migliorare ogni anno lo standard. Ho un ottimo rapporto con Lethinen (ex navigatore di Gronholm addetto FIA)».

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La sicurezza nei rally è un concetto delicato, ma oggi è comunque molto migliorata rispetto al passato, secondo Bernacchini

 

Visto che è stato introdotto il fattore sicurezza, un tuo punto di vista su quel che si è fatto e dove si può ancora migliorare.
«La sicurezza ha raggiunto in questi ultimi anni dei livelli altissimi, se pensiamo al passato senza scomodare i gruppi B, basta guardare indietro a 10 anni fa sono stati fatti passi da gigante. Guarda gli incidenti che accadono ora nel WRC, con cappottoni ripetuti, dove le cellule tengono e, bene o male, la maggior parte delle volte si risolvono senza danni per l'equipaggio. Ho avuto la sfortuna di fare degli incidenti, ma sono sempre stato "fortunato". Oggi i sedili sono molto più conformanti; il "lance" ti aiuta molto; la gabbia è molto più' rinforzata, poi gli incidenti gravi possono sempre capitare. Si parla anche delle gomme che son troppo veloci: sicuramente c'è ancora molto da fare, noi navigatori per esempio stiamo facendo una campagna contro i rail che sono veramente pericolosi, specialmente in gare come in Italia o come in Grecia dove sono molto esposti, vedi l'incidente di Kubica o di Breen. Però gli organizzatori non possono fare più di tanto.»

 

Parliamo anche della tua vita privata: bene o male influenzata dal fatto che hai gareggiato in Medio Oriente sappiamo che tua moglie ha abbracciato la Religione musulmana. Questa scelta ha cambiato qualcosa nella vostra vita?
«Mia moglie è sempre stata affascinata dalle altre culture, anche a seguito dei suoi studi e già da allora era attratta dall’islamismo. In seguito alle mie frequentazioni sportivo-lavorative con il mondo mediorientale ha approfondito le sue conoscenze, fino ad abbracciare questa Religione. Ciò non ha avuto alcuna influenza nei nostri rapporti ma, anzi, caso mai li ha rafforzati. Come impone la sua scelta Lei si prende i suoi tempi per le pratiche religiose connesse, ma senza influire sulla vita familiare».

Considerando che mentre in Italia c’era crisi in Polonia si stava verificando un’espansione economica, abbiamo deciso insieme di trasferirci nella città natale di mia moglie, Cracovia

 

Tu sei uno degli italiani che si è trasferito all’estero, c’è una qualche ragione particolare?
«Come sai noi siamo cittadini del mondo per il tipo di lavoro che facciamo. L’unica vera necessità è avere sempre vicino l’aeroporto per i nostri spostamenti. Dopo aver conosciuto quella che poi è diventata mia moglie – lei è polacca – i primi tempi abbiamo vissuto a Milano fino al 2010. Vista la situazione economica che si stava creando in Italia; visto nelle visite che facevamo ai suoi parenti in Polonia e considerata la qualità della vita in quel paese è stato facile valutare le due opzioni. Considerando che mentre in Italia c’era crisi in Polonia si stava verificando un’espansione economica, abbiamo deciso insieme di trasferirci nella città natale di mia moglie, Cracovia. E mai scelta fu più azzeccata! Qui non si conosce la parola crisi, i prezzi sono adeguati, scarsa la delinquenza, non ci sono problemi per trovare occupazione. Qui tutti pregano che non si entri mai nell’area euro: sarebbe considerata una iattura!» 
 

Concludiamo con il calcio altra tua grande passione, tu come Bertelli tieni per il Milan
«Si è vero, passione sin da quando ero piccolo.»


Quindi è giusto il titolo: Il diavolo veste Prada
«[ride, ndr

 

Manrico Martella

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