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No, non abbiamo scritto male il titolo. Qui non si parla del misterioso e innominabile progetto Mayhem del FIght Club. Però qualcosa di nascosto, di “tenuto nascosto” per davvero e non solo al cinema, pare esserci nel progetto Maier. Qualcuno dice che ci sia una vera ingiustizia storica nel mondo dell’auto, valutando il peso del lavoro fatto negli anni Trenta dall’ingegnere Friedrich Eugen Maier di Berlino. Parliamo di auto, di prime auto a misura di popolo. Parliamo di primi modelli con carrozzeria autoportante in acciaio e alcune innovative, al tempo, regolazioni che nessuno ancora aveva implementato sulle quattro ruote. Come quella di altezza con sospensioni indipendenti e del sedile conducente. Insomma, parliamo della storia poco nota di un modello quasi sconosciuto ma che in Germania rientrava tra le commissioni del regime nazista.
Quelle basi poi, con i decenni si tramutarono nel grandissimo sogno di mobilità automobilistica che fu il Maggiolino. Quello in foto è un modello denominato appunto Leichtbau Maier. Il primo prototipo è datato 1933, dopo vari studi quell’auto leggera prefigurava l’auto del popolo secondo i parametri dettati, ovvero: corpo chiuso, 4 occupanti, idoneità all’uso in autostrada e costo sotto i 1000 Reichsmark, la moneta della Germania a quei tempi.
Friedrich Eugen Maier riceve la commissione e un finanziamento iniziale, elabora e produce quanto oggi dopo moltissime peripezie è incredibilmente ancora presente in un museo, con tanto di relativi brevetti depositati. La storia però non ha dato spazio a quel progetto per vari motivi, mentre singole soluzioni si sono diffuse pochi anni dopo, su altre auto europee.
La vettura era lunga circa quattro metri, con due portiere, cerchi da 19 pollici e un peso ridotto. In origine un motore 2T DKW 692cc 20CV, con 2 cilindri e cambio a 3 velocità. A causa di mancati accordi con il regime e blocco finanziamenti, l’avventura Leichtbau Maier si spense tra il 1935 e il 1936, lasciando nell’ombra il rivoluzionario veicolo per alcuni anni. Mentre prendevano il sopravvento altre produzioni, mentre l’officina Maier invece che seguire il proprio progetto si doveva dedicare a seguire i mezzi militari della Wehrmacht.
Le poche notizie parlano di sostanziale blocco “forzato” del lavoro su questo progetto indipendente. Di boicottaggio e persino sparizione di molti studi e disegni. Tutto da valutare, secondo i punti di vista e la situazione tragica del tempo a ridosso guerra mondiale. Molte fonti sono perdute, ma di certo la macchinetta fu vittima di un bombardamento. Rimase unicamente un cimelio danneggiato della guerra, mentre a ruota costruttori tedeschi o francesi realizzavano auto con scocca autoportante in acciaio.
Solo in tempi più recenti il mezzo che “dovette cedere il passo” venne rivitalizzato, prendendo anche parte come comparsa ad alcune produzioni TV. Persa porzione dell’originalità, ibridato con un Maggiolino, l’ultimo restauro di questo “brutto rivale” nel senso buono delle auto popolari nel dopoguerra ne ha mutato il colore e la tecnica, mettendo parti VW.
La curiosa verità, sul dove siano finiti quei disegni e certi brevetti citati, sarebbe da scoprire. Tra foto (pochissime, pare il mezzo fosse stato targato e in uso prima del boicottaggio) e documenti d’epoca.
In ogni caso, restano lungimiranti alcune soluzioni inserite nel DNA Maier, come l’aerodinamica, un sedile regolabile, un faro che segue lo sterzo… Un cocktail simile a quanto molti avrebbero fatto uscire dalle officine negli anni a seguire.
Questione di pochi anni, in mezzo a guerra e occupazioni. Chi dice i tedeschi abbiano preso dei prototipi francesi, chi dice altri abbiano invece ripreso tecnologia tedesca subito dopo la sconfitta della Germania. Difficile scoprirlo ora, ma in mezzo ai colossi dell'auto noti oggi, sorti anche da quelle basi, la Leichtbau Maier è indubbiamente meritevole di menzione: una piccola auto interessante made in Berlino, già nella prima metà anni Trenta.