Autovelox: ecco perché le multe dopo 90 giorni non sono valide

Autovelox: ecco perché le multe dopo 90 giorni non sono valide
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Dopo 90 giorni dal flash dell'autovelox non si può più ricevere a casa la multa. Una convinzione radicata tra i cittadini supportata da un reale riscontro legislativo
27 agosto 2014

“Ho preso un autovelox, ma ormai sono passati 90 giorni quindi sono al sicuro, non mi potrà mai più arrivare il verbale, lo dice la legge!». Quante volte abbiamo sentito ripetere questa frase? È tipica di chi ha il carbone bagnato perché sa di essere stato immortalato da un flash di un autovelox mentre viaggiava oltre i limiti di velocità, ma che spera – per una volta – nella tipica lentezza della burocrazia italiana per non ricevere di fatto mai la multa.

90 giorni: ma da quando?

Le cose però non stanno proprio così perché è vero che il Codice della Strada fissa a 90 giorni il limite per la notifica, ma le modalità di conteggio dei termini sono variabili. In pratica dipende da quando l’amministrazione pubblica inizia a contare, quindi non è assolutamente detto che allo scadere di 90 giorni esatti dal flash si può iniziare a dormire sonni tranquilli.

 

Lo dimostra in maniera cristallina il Comune di Milano. Il Sole 24 Ore infatti ha scoperto che Palazzo Marino, sommerso da una marea di verbali dopo l’installazione dei nuovi 7 autovelox fissi, che hanno ingolfato tutta la macchina amministrativa, ha intepretato le norme a suo favore, facendo iniziare il conteggio dei 90 giorni non dalla data dell’infrazione, ovvero da quando è stata scattata la foto alla targa, ma da quella in cui la Polizia Locale prende in esame il fotogramma negli uffici di competenza.

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Non importa se a rilevare un'infrazione sia un agente o una macchina: il conteggio dei 90 giorni per la notifica del verbale inizia nel momento in cui viene rilevata l'infrazione

 

Ma vediamo cosa dice la legge. L'articolo 201 del Codice della strada sembra piuttosto esplicito: "Qualora la violazione non possa essere immediatamente contestata (quindi nel caso di un autovelox per esempio), il verbale, con gli estremi precisi e dettagliati della violazione e con la indicazione dei motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata, deve, entro novanta giorni dall'accertamento, essere notificato all'effettivo trasgressore o, quando questi non sia stato identificato e si tratti di violazione commessa dal conducente di un veicolo a motore, munito di targa, ad uno dei soggetti indicati nell'art. 196, quale risulta dai pubblici registri alla data dell'accertamento".

Il CdS: si inizia a contare dal giorno del flash

E con “accertamento” si intende il momento esatto in cui viene rilevata l’infrazione e non importa se a rilevarla sia stata una macchina (autovelox) o un uomo (agente di polizia). Quindi il CdS non lascia spazio ad altre interpretazioni, il momento in cui bisogna iniziare il conteggio dei 90 giorni è quello in cui viene scattata la foto. Ecco perché la decisione del Comune di Milano potrebbe essere messa presto in discussione dalle sentenze dei Giudici di Pace in caso di ricorso, ma, in definitiva, anche dalla Cassazione.

Con “accertamento” si intende il momento esatto in cui viene rilevata l’infrazione e non importa se a rilevarla sia stata una macchina (autovelox) o un uomo (agente di polizia)

 

In caso di strumenti automatici per il rilevamento delle infrazioni i giuristi sono concordi nel concedere, anche se non sarebbe dovuto per legge, un massimo di 24 ore per raccogliere i dati dell’apparecchiatura. È stato calcolato infatti che l’arco di un’intera giornata è più che sufficiente per raccogliere e schedare tutti i dati rilevati in media da un’apparecchiatura elettronica.

 

In un caso un’amministrazione pubblica non è stata in grado di esaminare i dati provenienti un autovelox in 24 ore. Si trattava del Comune di Segrate, alle prese con i T-Red che di multe ne facevano 2.000 al giorno (avete letto bene, duemila!) e che producevano una mole di dati gigantesca. Ma in questo caso, lo sappiamo bene, non si trattava più di apparecchiature installate per aumentare la sicurezza con scopo deterrente, ma solo di colpire nel mucchio, per fare cassa.

 

Bisogna considerare poi che è stato il Comune di Milano a scegliere liberamente di installare apparecchiature automatiche per l'accertamento di infrazioni e che non sono stati di certo i cittadini a richiederle (anzi). Quindi se le ha installate deve anche garantire di essere in grado di farle funzionare e non può interpretare a proprio piacimento il Codice perché si trova in difficoltà nella gestione delle infrazioni.

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L'interpretazione del Comune di Milano non sta in piedi su più fronti

Perché l'inefficienza del Comune si riversa sulle spalle dei cittadini?

Ecco perché la decisione del Comune di Milano appare quanto mai fuori luogo. Soprattutto nei confronti dei cittadini che in questo modo non hanno più la certezza della legge, visto che i confini dei 90 giorni si dilatano a dismisura, senza fissare un momento preciso nel tempo.

 

Non vorremo mai che in fondo alla scelta di Palazzo Marino ci fosse lo spirito lucrativo di chi non riesce a far funzionare nei tempi stabiliti l'elefantiaca macchina burocratica e che quindi trova stratagemmi per continuare ad incassare nonostante la sua inefficienza, giocando sull’ignoranza dei cittadini.

Ecco perché l'intepretazione di Milano non sta in piedi

L'Amministrazione potrebbe ribattere che questo scelta è stata comunque presa perché c'è necessità di far quadrare i bilanci e di non perdere gli incassi delle infrazioni effettivamente rilevate.  Ma un atteggiamento di questo tipo se è giustificabile dal punto di vista freddamente amministrativo, non lo è affatto dal punto di vista etico perché fa scadere credibilità della Cosa Pubblica e perché la sanzione perde di fatto quella funzione, fondamentale per la società, di riappacificazione tra il cittadino e chi lo amministra.

Se dovesse passare diffusamente la linea di Milano, il conteggio dei 90 giorni potrebbe anche scattare dopo mesi, se non anni, impendendo di trovare la vera data della presa incarico

 

L'interpretazione che il Comune di Milano ha dato in questo caso al Codice non quadra in ogni caso anche per altri motivi. Se fosse realmente corretta infatti finirebbe per ridicolizzare lo spirito del legislatore che negli anni passati ha ridotto gradualmente i termini temporali concessi per notificare i verbali da 150 a 90 giorni (e si oggi si parla di un ulteriore riduzione), nell'ottica di una maggiore chiarezza e trasparenza nei confronti del cittadino. 

 

E non solo ridicolizzerebbe lo spirito del legilsatore, ma potrebbe spostare teoricamente all'infinito la fatidica data dell'accertamento, impedendo a chiunque di sapere quando e se effettivamente il vigile o l'impiegato comunale ha preso in mano la pratica che certifica la sanzione. Se dovesse passare diffusamente la linea di Milano, il conteggio dei 90 giorni potrebbe anche scattare dopo mesi, se non anni, impendendo al cittadino di conoscere la vera data della presa in carico.

 

Enrico De Vita

Matteo Valenti

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