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Volevano far dichiarare illegali i cartelli che oggi segnalano la presenza di un autovelox. La motivazione di questa sconcertante proposta sarebbe che tali cartelli, di fatto, renderebbero nulle le violazioni commesse ai limiti di velocità e pertanto renderebbero vano il compito di repressione affidato alle forze dell’ordine. A sostenere tale tesi è il responsabile della polizia stradale, prefetto Bisogno e il procuratore generale di Roma, Giovanni Salvi. Lo hanno fatto a Roma, pochi giorni fa, in occasione della celebrazione dei 70 anni della polizia stradale.
Ricordiamo che oggi è obbligatorio segnalare in anticipo la presenza di una postazione di controllo della velocità con vari cartelli posti a distanza crescente in funzione della velocità consentita su quella strada ed è anche obbligatorio segnalare adeguatamente il punto esatto della postazione. Ad esempio, se lo strumento è posizionato dentro un’auto di servizio, questa deve avere il lampeggiante blu acceso. Non è ammessa la presenza di autovelox a bordo di auto private.
Abbiamo definito sconcertante la proposta, non già perché sia scorretta dal punto di vista giuridico, quanto perché dicendo che limita la capacità sanzionatoria dell’autovelox, conferma che lo strumento è visto unicamente per sanzionare (e fare cassa) e non già per far rallentare, garantire una maggior sicurezza, evitare il ripetersi di incidenti in punti pericolosi. Una specie di zappa sui piedi, una clamorosa conferma di quanto si sospettava da tempo, cioè che la tanto richiamata sicurezza stradale va a farsi benedire quando è più interessante aumentare il numero dei verbali.
Può darsi che, agli inizi, sotto al portale del Tutor qualcuno abbia piantato una frenata, ma sfidiamo chiunque a dimostrare che, oggi, un cartello posto a 250 metri e ripetuto in successione abbia il potere taumaturgico di provocare inchiodate. Semmai è il contrario: togliendo i cartelli e nascondendo la postazione è quasi certo che verbalizzare incidenti e tamponamenti sarà come fare tombola
Ma ancor più sconcertante è la giustificazione addotta: i cartelli pre-segnalatori avrebbero causato numerosi incidenti e tamponamenti a causa di frenate improvvise di chi li avvistava all’ultimo momento. E questa è davvero una notizia che ignoravamo. Può darsi che, agli inizi, sotto al portale del Tutor qualcuno abbia piantato una frenata, ma sfidiamo chiunque a dimostrare che, oggi, un cartello posto a 250 metri e ripetuto in successione abbia il potere taumaturgico di provocare inchiodate. Semmai è il contrario: togliendo i cartelli e nascondendo la postazione – in modo da garantire l’auspicato effetto sorpresa – è quasi certo che verbalizzare incidenti e tamponamenti sarà come fare tombola. Avvertiamo un po’ di ipocrisia nella giustificazione, ovvero nel paventato pericolo di tamponamenti. Infatti, se la postazione è segnalata in modo univoco, chiaro e ben visibile, le frenate improvvise e i supposti tamponamenti non esistono o sono una penosa invenzione. Se invece si vuole aumentare gli introiti nascondendo nuove trappole, allora non si dica che è necessario per sicurezza, giacché nessuno sarà avvertito in tempo e portato a rallentare.
Già oggi l’obbligo di segnalare la posizione dello strumento viene aggirato e vanificato dalla presenza - su tratti di strada lunghi decine e decine di chilometri (vedi l’Aurelia da Grosseto a Civitavecchia) - di centinaia di cartelli civetta che avvertono “controllo elettronico di velocità. Che non c’è. O meglio ce n’è uno a sorpresa. Come dire: “formalmente rispettiamo la legge, ma in realtà nascondiamo l’autovelox”.
Già oggi l’obbligo di segnalare la posizione dello strumento viene aggirato e vanificato dalla presenza - su tratti di strada lunghi decine e decine di chilometri (vedi l’Aurelia da Grosseto a Civitavecchia) - di centinaia di cartelli civetta che avvertono “controllo elettronico di velocità. Che non c’è. O meglio ce n’è uno a sorpresa
Per non parlare delle astuzie per evitare di segnalare la posizione esatta dello strumento: cartelli messi per terra, vetture di servizio con lampeggiante spento, fotocellule nascoste dietro una siepe. Figuriamoci cosa accadrà se decade l’obbligo di legge di segnalarlo. Oggi lo strumento dovrebbe essere posizionato dove è opportuno far rallentare: domani si salvi chi può.
Per fortuna a spazzar via la proposta è intervenuta il 21 luglio scorso una circolare del ministro Minniti che ribadisce l’obbligo di segnalare la posizione di ogni strumento di controllo della velocità. Anzi, aggiunge altri vincoli all’uso degli apparecchi. Il più importante è quello di assegnare ai prefetti il compito di valutare attentamente se la posizione degli autovelox (e aggiungiamo, della loro velocità di taratura) risponda all’esigenza di garantire la sicurezza piuttosto che a quella di fare cassa. In secondo luogo, viene – finalmente – imposto ai Comuni l’obbligo di distinguere e specificare con relative giustificazioni gli aggravi di spesa che oggi incombono sui verbali e che vengono genericamente definiti “spese di notifica”. Il ministro chiede inoltre che i contratti siano trasparenti e nello spirito di migliorare la sicurezza stradale e non tanto nell’ottica di introdurre clausole che finiscono per diventare un’emorragia di denaro continua nelle tasche delle ditte che provvedono alla istallazione, gestione e manutenzione degli autovelox.
Foto apertura: La Repubblica