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Martedì 29 settembre Gippo Salvetti ha presentato nella sede del suo meraviglioso Alfa Blue Team il libro del noto car-designer Enrico Fumia “AUTOritratto” . Un evento dal sapore tutto italiano in equilibrio tra passato e futuro: la collezione Alfa Romeo, monumento documentario delle capacità inventive del nostro paese ed un uomo che ha raccontato il percorso creativo del suo ingegno, non per incensarsi ma per condividere un esperienza prolifica e vitale, per stimolare nuove iniziative nel mondo del design e per raccontare l'ultimo capitolo della carrozzeria italiana ora che anche l'ultima grande firma ha cessato di esistere.
Raffinato e intelligente come un racconto di Ennio Flaiano, Fumia basa la sua ricerca nel progettare ciò che a lui piacerebbe avere, divenendo il “cliente di se stesso”. A dimostrazione di ciò negli anni '80 e '90 una persona normale poteva premiarsi del proprio lavoro comprandosi un'Alfa Romeo bellissima, dalla 164 alla Gtv e Spyder, firmate da Pininfarina con la matita di Enrico Fumia. Fu l'ultimo capitolo di un epoca: il cliente poteva permettersi le bellissime Bmw di ercole Spada se stava bene, le francesi CX o R25 di Robert Opron tra le medie e le performanti Alfa 164 Pininfarina (Fumia) e Thema o Croma di Giorgetto Giugiaro. Se non poteva avere la sfiziosa “Y” di Fumia perfino l'economica Uno era figlia di un grande stilista. Attualmente invece le automobili sono caratterizzate da un design rigorosamente senza firma, figlio esclusivamente del marketing. Dal libro apprendiamo quanto si attribuisca la carica altisonante di “Chief Designer” a business-man non in grado di intendere nè progettare un automobile.
L'uomo-designer
La “personalità” dell'uomo-designer, distintivo preziosissimo del valore di un auto è bandita in nome di canoni impersonali e gelidi che devono contraddistinguere le nuove creazioni, tenuti insieme dalla parola chiave “Aggressività”. Si investono capitali per studiare messaggi subliminali da nascondere nei progetti sperando di renderli appetibili sebbene inconsistenti. Dalla microcar elettrica alla supercar troviamo segni violenti e privi di lessico che cercano di imporsi scioccando il cliente e trasformandolo in acquirente passivo. Grosse calandre anteriori – nate per disperazione mutuando quelle degli anni trenta alla ricerca di una personalità che non si riusciva ad ottenere - e false prese d'aria enormi nei paraurti delle utilitarie, interni in cui vi è sempre e solo un cruscotto a palpebra rotonda caratterizzano la maggior parte delle auto attuali, si chiamino esse Ford, Alfa, Bmw o Citroen.
Fumia si interroga amareggiato sul fatto che il termine “attuale” non significhi più “moderno”: la ricerca anche nel settore dell'automobile è bandita, censurata e ostracizzata. La Citroen DS è stata l'ultima automobile in cui la percezione di progresso fu ecclatante, travolgente in tutto il suo fascino. La medesima opinione in merito la si legge chiaramente anche nelle affermazioni di Giorgetto Giugiaro, altro insigne “decapitato” dall'era dei manager. Discutendo, Fumia istintivamente parla sempre di “Architettura” dell'automobile per definirne l'aspetto progettuale. Non dunque di un'arte stravagante in cui si mescolano frivolezze a caso, poste a più mani, per nascondere un telaio robotico, ma di una Teknè che coinvolge appieno il ragionamento e la ricerca personale di un uomo, intento a creare un opera d'arte bella da proporre ad un vasto pubblico a cui deve piacere parecchio. Questa certamente è modernità, intesa come evoluzione creativa della specie!
Una presentazione coi fiocchi
Mentre la presentazione giunge al termine succede un qualcosa di metafisico e la parola passa alle vecchie Alfa allineate alla sinistra del palco, che sembrano volersi intromettere a tutti i costi: salta la luce giusto al termine dell'ultimo filmato e si rimane al fioco lume delle lampade di emergenza ad ascoltare quello che diviene ora un racconto, quasi una fiaba dell'automobile. Le ghiere cromate dei fari tondi delle Giulia SS, delle 1900 Touring coupè e berlina varie sembrano fissarci e dirci qualcosa, oltre ad ascoltare attentamente. Dicono che una volta le auto erano tutte diverse nonostante avessero i fanali tutti uguali, tondi dalla 500 alla Ferrari.
Un elemento uniformante sottolineava le diversità del progetto.
Ora questo non succede più nonostante la corsa quasi grottesca a montare fari a led tutti uguali su qualsiasi modello. I concetti di attualizzazione/storicizzazione che Fumia teorizza a fondamento di ogni suo progetto ancora una volta dimostrano che solo un disegno ragionato può mantenere un'interpretazione lontana dal mero “scimmiottamento” di un concetto antico o altrui ripreso a modello. Come molti altri inizio ad essere profondamente a disagio: la poesia del Blue Team rispecchia il valore degli amici che lo supportano, i pezzi del museo sono da brivido non per un freddo sguardo teutonico ma per la meraviglia delle loro linee. Dalla presentazione traspare quanto i progetti di Enrico Fumia siano il frutto della sua personalità allegra e colta e non di un'idea di un algoritmo socio-economico perfettamente imperfetto.
Dunque non posso che sentirmi frustrato dall'assistere ad una rievocazione che sembra una commemorazione dei gloriosi tempi che furono e non torneranno più. Ma non è così, anzi il momento è raffinato e dialettico quanto il concetto di modernità e contemporaneità di cui si stava parlando. Ed è proprio Fumia a trasmetterlo: il libro è un'esortazione costruttiva ad agire. Tutto quello che si legge e vede tra le pagine è la storia di una serie di ricette segrete che non esistevano e che per questo hanno avuto successo, oppure esercizi anche complessi di una mente che si allena sempre. Alla domanda su quale possa essere la via da percorrere per non cedere il passo ai tecno-economisti che stanno mandando in cenere anche il mondo del car design, Fumia prima di terminare consiglia di cercare l'arma segreta, il pensiero che nessuno ha avuto, figlio del passato e condotto al futuro. “Non vince chi ha più armi ma chi ha l'arma diversa, nuova”.
Salutandoci con questa incitazione di un “ grande vecchio” me ne vado ricaricato e senza nostalgia, pronto ad immergermi tra le pagine di AUTOritratto per studiare un esempio, una strategia e un metodo che sia di compagnia e sostegno nel percorso di un professionista e di un uomo.
Alessandro Sammartini