Auto vs PM10...

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Milano - Secondo lo studio del CSST il PM10 è solo in parte causa delle vetture
18 dicembre 2006

Milano - Le auto Euro3 ed Euro4 hanno pochissime responsabilità nella diffusione delle polveri sottili. Questo è quanto è emerso da uno studio svolto del CSST (Centro Studi sui Sistemi di Trasporto), commissionato da UNRAE ed ANFIA con il patrocinio dell’ACI: una operazione davvero interessante e che dimostra una volta per tutte come gli stop al traffico, le targhe alterne ed altre iniziative per limitare l’inquinamento agendo sull’oggetto automobile serve esclusivamente a…limitare la libertà personale.

Lo studio, basato su fonti e dati istituzionali, ha permesso di realizzare un simulazione modellistica riferita alle diverse forme di limitazione della circolazione in città come Milano, Roma, Bologna e Torino.

Quanto è emerso è davvero sconcertante, perché il divieto di circolazione per tutti i veicoli comporta una riduzione di appena il 3% delle emissioni di PM10 da gas di scarico, rispetto al divieto di circolazione con esenzione per le autovetture Euro3 ed Euro4, mentre con la circolazione a targhe alterne la riduzione è pari ad appena l’1% delle emissioni.
I veicoli Euro3 ed Euro4, in tutto questo, contribuiscono solamente in minima parte alla diffusione di PM10, in quanto è emerso che le emissioni si attestano per vetture corrispondenti a queste due normative influiscono nel totale solamente all’1,0 – 2.0% su scala nazionale e 2.5 – 3.0% su scala metropolitana.

Secondo lo studio, addirittura, le misure prese a Roma, Milano, Torino e Bologna (prese a campione) nell’inverno 2004 e in quello successivo del 2005, hanno generato effetti sulle emissioni di PM10 contraddittori o comunque privi di una logica causa-effetto.
I provvedimenti di limitazione della circolazione che includono i veicoli di recente concezione sono dunque, secondo lo studio CSST, assolutamente inutili. Tra le altre cose segnaliamo come la generazione di PM10 riguardi praticamente le sole auto a gasolio, in quanto le motorizzazioni a benzina producono una quantità di polveri praticamente irrilevante.

Le cause, dunque, sono altre: la generazione del PM10, infatti, è causa al 25% di centrali termiche ed emissioni industriali, 15% di trasporti marittimi, aerei e ferroviari, 11% di impianti residenziali, commerciali ed istituzionali, 10% processi produttivi, 10% a processi di combustione naturali. Mancano i 29 punti percentuali del trasporto stradale, in cui le percentuali sono però così ripartite: veicoli industriali e bus al 9%, autovetture 8% (ecco come nasce il dato del 3% del PM10 generato su scala totale), veicoli commerciali leggeri 5%, non dovuti a combustione 4% (gomme, freni, frizione etc), ciclomotori 2% e motocicli 1%.

Insomma, l’autotrasporto è colpevole ma per quanto concerne le autovetture il dato che ci obbliga ad incivili limitazioni della libertà denominate gentilmente “stop al traffico” incide per appena 3 punti percentuali. Un valore ridicolo e che non consente, nonostante gli sforzi dei cittadini, di rilevare importanti riduzioni di PM10, in qualunque periodo dell’anno. C’è chi dice che gli effetti si vedono il giorno dopo i blocchi, c’è chi dice che gli effetti si vedono dopo una settimana o dopo un mese: i dati del CSST dichiarano che gli effetti non si vedono mai.

Ma il CSST non si limita a giudicare come inutili le norme, ma suggerisce qualche possibile alternativa per ridurre le emissioni e rendere l’aria un po’ più respirabile.

- incentivare il rinnovo del parco circolante di commerciali e bus, promuovendo la distribuzione di veicoli a metano
- stimolare il rinnovo del parco vetture tradizionale. Quel 3% può ridursi ulteriormente se tutte le auto fossero almeno Euro3: per questo bisognerebbe incentivare anche l’acquisto di auto usate con queste caratteristiche
- promuovere la “metanizzazione” dei sistemi di riscaldamento
- intervenire sulla fluidificazione del traffico

Alla manifestazione, che si è tenuta a Milano il 14 dicembre 2006 presso l’hotel Principe di Savoia, è intervenuto anche l’ex-ministro della Sanità Umberto Veronesi: il Professore non solo ha confermato tutti i dati relativi a questo studio ma ha sottolineato come l’aria “ricca” di PM10 sia dannosa in una percentuale assolutamente più limitata rispetto, ad esempio, al fumo di sigaretta o i fumi di numerose sostanze chimiche utilizzate in alcuni processi industriali.  

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