Auto usate, reimmatricolazione all'estero, cosa cambia

Auto usate, reimmatricolazione all'estero, cosa cambia
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L’abolizione dell’obbligo di dimostrare che le auto usate esportate all’estero siano state reimmatricolate è una richiesta eccessiva e burocratica. Ecco perché
28 aprile 2017

Tra le norme del decreto legislativo che il governo dovrebbe varare a breve per l’unificazione della carta di circolazione e del certificato di proprietà in un solo documento c’è anche un provvedimento che abolisce l’obbligo di dimostrare che i veicoli esportati all’estero siano stati reimmatricolati.

Da parte di diversi parlamentari sono arrivate richieste per l’eliminazione di questa modifica dal decreto legislativo, in quanto favorirebbe il traffico illegale di ricambi auto. Il problema, secondo noi, invece, è solo italiano, perché consideriamo le automobili un bene mobile registrato. Se fossero considerate alla pari di elettrodomestici, come in molti altri stati, non sussisterebbero problemi di esportazione, reimmatricolazione e vendita.

D'altro canto, in un’intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano, Anselmo Calò, imprenditore del settore demolizione veicoli e presidente di Fise, la Federazione imprese dei servizi, ha dichiarato che la norma «danneggia non solo la nostra industria del riciclo, ma anche quella siderurgica, che abitualmente acquista rottami dall’estero. Online si trovavano moltissimi annunci di cittadini originari di Romania, Bulgaria e Polonia, in cerca di auto vecchie da comprare a poche centinaia di euro per esportarle nell’Est Europa, quasi sempre con l’obiettivo di disassemblarle e rivenderle».

Tuttavia, quello di pretendere, come fanno oggi i demolitori, che ogni esportazione sia soggetta a reimmatricolazione nel paese straniero è una richiesta eccessiva e burocratica. Infatti se chi esporta è il proprietario – ed esporta con la targa originale – avrà il diritto di rottamarla all’estero, di reimmatricolarla o di rivenderla ad altri, portando poi le vecchie targhe in Italia per la cancellazione dal PRA (dal momento che è suo interesse non pagare più la tassa di possesso).

Se invece è un commerciante, allora dovrà prima riconsegnare le targhe per la cancellazione (onde non gravare sul primo proprietario) e poi potrà esportare il rottame, il quale potrebbe essere usato sia come rottame sia come veicolo da immatricolare nuovamente.

Ma a quel punto è un problema del Paese ospitante concedere la facoltà di immatricolare finti rottami e di farli diventare vere automobili. Non è più un problema italiano. A meno che si consideri che i rottami di auto abbiano un valore elevato e si pretenda che rimangano in Italia.

Come forse oggi fanno comprendere i demolitori, dopo tanti anni nei quali la demolizione è stata fatta pagare fior di quattrini agli automobilisti, complice anche il PRA che pretendeva (e pretende tuttora) altri soldi semplicemente per ritirare le targhe.

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