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Ormai siamo al muro contro muro: da una parte le amministrazioni comunali, dall’altra l’ASI, l’Automotoclub Storico Italiano.
Da una parte chi, spesso per puro spirito demagogico, emette ordinanze che vietano la circolazione alle vetture storiche; dall’altra chi è delegato alla tutela di una patrimonio non solo storico, ma anche culturale ed industriale, di un intero Paese.
L'iniziativa più recente, e per molti versi clamorosa, riguarda proprio l’ASI, che ha depositato un Ricorso Straordinario al Presidente della Repubblica per ottenere l’annullamento dei decreti e delle delibere di Regione e Giunta Regionale del Piemonte, Città Metropolitana e Comune di Torino che vietano la circolazione dei veicoli storici dal 1° ottobre 2019 al 31 marzo 2020; lo stesso ricorso, inoltre, sarà presentato contro ordinanze simili, ad esempio come quella emessa dal Comune di Bologna.
Il Ricorso Straordinario è solo l’ultima azione intrapresa da ASI, attiva già da mesi per sensibilizzare le amministrazioni pubbliche all’applicazione di deroghe specifiche per la circolazione dei veicoli storici, che perché siano salvaguardati bisogna che possano essere usati: se non circolano, i veicoli storici muoiono e con loro scompare un intero mondo ad essi collegato.
Non si tratta di privilegi, ma di tutele nei confronti di un patrimonio storico, culturale, tecnologico ed artistico che non ha pari al mondo, che «le istituzioni - come ha più volte dichiarato Maria Elisabetta Alberti Casellati, Presidente del Senato - hanno il dovere di preservare, con misure che, anche a livello legislativo, diano chiari segnali di tutela e di valorizzazione sia nei confronti degli operatori, sia nei confronti degli appassionati».
Tra le iniziative intraprese da ASI in tal senso c’è l’accordo siglato lo scorso ottobre con l’Istituto Superiore di Sanità, per una ricerca destinata a stabilire il reale impatto ambientale dei veicoli storici e che costituirà la premessa oggettiva per le riflessioni future in materia legislativa: un percorso corretto per arrivare alla giusta regolamentazione della circolazione dei veicoli storici.
Oltre alle motivazioni di carattere culturale, sociale ed economico, alla base di questa richiesta ci sono i numeri: i veicoli storici, che rappresentano una percentuale insignificante del parco veicolare italiano, percorrono ogni anno poche centinaia di chilometri e per questo sono dunque ininfluenti in termini di impatto ambientale.
«In Italia, secondo i dati ufficiali della Motorizzazione - sottolinea Alberto Scuro, presidente dell’ASI - circolano 56 milioni di veicoli e di questi quelli vecchi, intesi come ultraventennali, sono 12 milioni. I veicoli storici, cioè gli ultraventennali in possesso di Certificato di Rilevanza Storica, ad oggi sono meno di 400.000 in tutta Italia: lo 0,8% del totale circolante. Solo questi hanno bisogno di tutela, perché rappresentano la storia del nostro Paese e un mondo di passione che promuove cultura e turismo, ed è un enorme volano di indotto nazionale, stimato nel 2018 in 2,2 miliardi di euro».
Il Certificato di Rilevanza Storica, introdotto dal Decreto Ministeriale del 17/12/2009, identifica i veicoli con più di 20 di età dalla costruzione: viene rilasciato da enti e associazioni riconosciuti dallo Stato nell’art. 60 del Codice della Strada (Automotoclub Storico Italiano, Federazione Motociclistica Italiana, Registri Storici Fiat, Lancia e Alfa Romeo)-
Dal 2019, i CRS sono registrati sulla carta di circolazione ed i veicoli storici che ne sono in possesso entrano quindi negli archivi ufficiali della Motorizzazione.