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Leggendo i dati delle immatricolazioni per modelli di auto forniti da Unrae per lo scorso mese di novembre, salta subito all'occhio che il segmento delle citycar (chiamato dagli operatori segmento A, sotto ai 4 metri di lunghezza) è quello che perde di più con il suo meno 42%, se si esclude il marginale segmento delle berline di fascia alta; una debacle ben superiore alla pur pessima performance del mercato in generale. Se poi si guardano le immatricolazioni per singoli modelli delle citycar, emerge qualche indizio che spiega il tracollo. Infatti non si riesce nemmeno a mettere insieme una classifica con la top ten dei modelli più venduti del segmento. Nei dati del mese infatti compaiono modelli che oramai non sono più prodotti da tempo, come la Renault Twingo (ben 11 immatricolazione a novembre) o addirittura un esemplare recuperato chissà dove della Seat Marbella (fine produzione 1998). Insomma si compra quel che si trova. Ne deduco che non sia vero quel che ci hanno detto ("...gli italiani non vogliono più queste auto") ma è la scarsa offerta di modelli di questo segmento che frena le immatricolazioni.
È vero il contrario: il cliente Italiano chiede auto non troppo costose e nemmeno troppo grandi, ma alcuni costruttori (non tutti) fanno finta di non capire e insistono con offrire auto grandi e costose, sulle quali hanno guadagni più alti. Se guardiamo i dati del circolante ACI (ma basta anche guardare per strada) i modelli più presenti sono proprio del segmento delle piccole citycar, con Fiat Panda, Fiat 500 e anche 600 (quella vecchia), per non parlare di Lancia Ypsilon o Toyota Aygo con numeri di circolante ben sopra le SUV e i crossover che dominano i listini dei costruttori. Insomma in un recente passato abbiamo avuto bisogno e comprato auto come queste, fanno pochi chilometri e sono semplici da riparare. E ora, con cosa vogliono farcele sostituire? Con auto ben più costose e troppo grandi? Proprio da questo si dovrebbe iniziare a ragionare, se i costruttori vogliono riprendere a vedere i numeri di immatricolazioni in Italia salire, qualche intervento anche sull'offerta andrebbe pensato.