Auto ferme, il PM10 aumenta comunque: l'inquinamento è colpa dei... maiali? [Video]

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Analizzando nel dettaglio i dati dell'Arpa si scopre che mentre i valori di NO2 sono effettivamente calati, quelli relativi al PM10 sono rimasti invariati. Anzi, in alcuni casi, sono addirittura aumentati. Ma se le auto sono ferme, allora, chi è stato a produrre e a immettere nell'aria questi ingenti quantitativi di polveri sottili?
21 aprile 2020

Macchine ferme. Fabbriche chiuse. Riscaldamenti spenti. E’ il mondo ai tempi del Coronavirus. Così l’aria è diventata improvvisamente più pulita. E’ successo prima in Cina e poi in Pianura Padana.

Ma le cose sono andate esattamente così?

In un certo senso sì, nell’altro, invece, no. Mi spiego meglio: parlare genericamente di “aria pulita” o di “inquinamento” è improprio. Se non altro perché gli inquinanti, che vanno a comporre lo smog e che vanno a determinare la qualità dell’aria che respiriamo, sono molteplici.

Se prendiamo in esame il mese di marzo, in cui l’Italia è finita in lockdown, infatti, vediamo due fenomeni. Apparentemente contraddittori. Da un lato i valori di diossido di azoto (NO2) sono crollati vertiginosamente. Lo ha certificato l’ESA, l’Agenzia spaziale europea in maniera inequivocabile, grazie a delle immagini straordinarie catturate grazie al satellite Copernicus Sentinel-5P.

Dall’altro, però, i valori di PM10, quindi le polveri sottili, sono rimasti invariati. O in alcuni casi sono addirittura aumentati. Come ha certificato l’Arpa.

Morale? La qualità dell’aria è migliorata, ma solo in parte. Ma come è possibile? Le auto non erano le principali responsabili nella produzione di PM10?

Evidentemente no. O meglio: i trasporti incidono sicuramente sulla qualità dell’aria. Se non altro perché bruciano petrolio. Ma i veicoli, evidentemente, non sono l’unico fattore a pesare sullo smog. Soprattutto se si parla di alcuni tipi inquinanti. Come, appunto, il PM10.

Ma allora chi produce tutto questo PM10, se non sono le automobili? Secondo una bella inchiesta di Luca Chianca, per Report, la risposta va cercata negli allevamenti intensivi, disseminati in Pianura padana. Sì perché quello che un tempo era un prodotto di valore, il letame, fondamentale per concimare in maniera naturale i campi, oggi è diventato un enorme problema. Perché, sostanzialmente ce n'è troppo e quindi bisogna smaltirlo. Ci sarebbero delle soglie e delle regole da rispettare per lo smaltimento, ma spesso non vengono rispettate. E così si finisce per sprigionare nell'aria enormi quantitativi di inquinanti. L'inchiesta ha scoperto una correlazione diretta tra i periodi di spandimento e l'aumento di PM10 in Lombardia e, in effetti, è la stessa Arpa a confermare che l'85% dell'ammoniaca sprigionata nell'atmosfera è causata proprio dai liquami degli allevamenti. E l'ammoniaca, come ci ha spiegato il nostro editorialista Enrico De Vita nell'intervista che vi proponiamo, è uno dei fattori principali nella formazione del PM10 e degli ossidi di azoto.

Il problema è serio, al punto che la Fao, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura, è arrivata a dichiarare che gli allevamenti intensivi sono il fattore principale cambiamento climatico. L’auto deve fare la sua parte e, in gran parte, la sta facendo, come testimoniano gli investimenti miliardari messi in campo negli ultimi anni per la svolta elettrica e la produzione di motori sempre più efficienti. Ora però è il momento che anche altri facciano la loro, di parte. Come vi raccontiamo nel nostro video.

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