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La transizione ecologica si sta confermando una sfida difficile per chiunque, non soltanto per i consumatori. Le case stanno rivoluzionando le proprie offerte, anche coloro che (come Toyota) hanno sempre preferito l’ibrido all’elettrificazione pura. Il problema fondamentale però, oltre a quello legato alle infrastrutture necessarie alla ricarica, è l’approvvigionamento delle batterie. I più ottimisti vedono la cosa come il giusto prezzo da pagare per essere più indipendenti rispetto ai carburanti tradizionali, ma i materiali per costruire le batterie (gli stessi impiegati sugli smartphone) non sono un problema da meno.
Ivan Glasenberg, AD di Glencore, azienda mineraria leader nel settore, ha affrontato il tema durante un evento in tema automotive organizzato dal Financial Times. La partita, secondo Glasenberg, si giocherà sull’approvvigionamento minerario in cui la Cina ha grande controllo. Le scorte di coltan, da cui si ottiene il cobalto necessario alla produzione di batterie, vengono ricavate per il 60% in Congo, dove alcune società cinesi controllano il 40% delle riserve. Soprattutto però, Pechino è responsabile del 90% delle infrastrutture necessarie alla raffinazione della materia prima, un processo che nei paesi occidentali non viene effettuato in quanto troppo inquinante per l’ambiente. Questo significa che la Cina ha in mano un mercato estremamente redditizio e fondamentale per la produzione di auto elettriche.
Glasenberg ha suggerito che i costruttori europei e statunitensi non dovrebbero prendere sottogamba la cosa, in quanto rischierebbero di fine sopraffatti dal mercato cinese: se Pechino decidesse di mettere in atto una politica protezionista delle proprie risorse, vendendo le batterie a prezzi estremamente elevati agli altri paesi, le auto in Europa costerebbero di più. E se al contempo i cinesi decidessero di importare le proprie con un rapporto qualità-prezzo più conveniente, il mercato dell’auto cambierebbe drasticamente faccia.
La soluzione al problema, per l’AD della Glencore, è relativamente semplice: i costruttori europei e statunitensi dovrebbero, secondo lui, acquistare delle partecipazioni dell’azienda mineraria in modo da garantirsi una fornitura indipendente. Come Henry Ford, che per avere il maggior controllo possibile sulla componentistica decise di investire nelle aziende produttrici di gomma, ferro ed altre materie prime necessarie alla costruzione delle sue automobili.