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Ci risiamo: il braccio di ferro tra Unione Europea ed Italia sull’aliquota da portare in detrazione dell’IVA per le auto in uso aziendale si arricchisce di un nuovo capitolo.
Incurante delle sollecitazioni ad armonizzare il nostro regime con quello di altri stati dell’Unione, l’Italia ha chiesto un’ulteriore proroga di tre anni per conservare la soglia del 40%. Proroga concessa da Bruxelles, pur tra qualche mugugno: la vicenda legata all’IVA va avanti ormai da oltre 30 anni, e forse conviene riepilogarne per sommi capi le vicende.
L’IVA è da sempre tema centrale per l’auto aziendale: dal 1980 e per vent’anni l’Italia ha chiesto (e ottenuto) dall’UE un regime speciale, di totale indetraibilità; dal 2001, visto che eravamo gli unici in Europa, si è deciso di rendere detraibile l’IVA sulle autovetture al 10%, salendo al 15% dal 2006.
Proprio nel 2006 è intervenuta la Corte di Strasburgo che ha condannato l’Italia ad applicare la detraibilità del 100%, così come previsto dalla normativa europea. Il MEF dell’epoca, menzionando un’indagine mai pubblicata sui soggetti interessati (imprese e lavoratori autonomi), ha sostenuto la richiesta di limitare la detrazione al 40%, considerata percentuale accertata di utilizzo del veicolo a scopi di produzione del reddito; l’UE ha accordato l’autorizzazione per il periodo 2007-2010 e da allora, di triennio in triennio, sono state chieste (e concesse) altre proroghe, fino all’ultima, concessa proprio in questi giorni, fino al 31 dicembre 2019.
Una decisione che ha scatenato le reazioni delle associazioni di categoria, in primis l’Aniasa (Associazione Nazionale Industria dell’Autonoleggio e Servizi Automobilistici di Confindustria), che con una nota ufficiale ha rimarcato come le motivazioni a supporto dell’istanza appaiono discutibili, in quanto si specifica che per l’Italia la proroga “è volta a contrastare l'evasione dell'Iva e a semplificare la relativa procedura di imposizione e ha pertanto un impatto potenzialmente positivo per le imprese e le amministrazioni in quanto riduce in maniera significativa l'onere amministrativo. La soluzione è ritenuta dall'Italia una misura adeguata ed è comparabile ad altre deroghe precedentemente o attualmente in vigore”.
Sempre secondo l’associazione, in questo modo si continua a penalizzare la mobilità delle imprese nazionali rispetto ai competitor europei, che beneficiano di minori costi di mobilità.
«Questa ennesima proroga all’italiana - commenta Pietro Teofilatto, direttore del noleggio a lungo termine Aniasa - “graverà sulla competitività delle aziende nazionali chiamate a concorrere con competitor tedeschi e francesi che possono contare su una detraibilità al 100%. Pur comprendendo la delicatezza della situazione di finanza pubblica, l’ulteriore rinvio non potrà certo contribuire proprio ai ricordati problemi anti-elusione. In diversi contesti aziendali, cominciano a serpeggiare perplessità sul tema, ricordando che il regime di proroga deve essere un’eccezione e non una normalità pluridecennale. Chissà che non ci sia spazio per un nuovo ricorso a Strasburgo?».
Giusto per dare dei numeri, di fronte ad una vettura del costo di 30.000 euro, in Italia se ne deducono 2.164, che salgono a 4.790 in Germania, a 5.2017 in Spagna e addirittura 5.580 in Francia.
Dinanzi a tali cifre, sarà il caso di pensare ad un verifica telematica alle flotte, con test da condurre in collaborazione con il Ministero dei Trasporti, per verificare con precisione quanto in percentuale l’auto viene impiegata per esigenze di lavoro: nel caso, quasi certo, che fosse superiore al 40% tanto caro al Governo, bisognerebbe intervenire di conseguenza.