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Su almeno una cosa tutti i partiti sono d'accordo: va assolutamente evitato l'aumento dell'IVA dall'attuale 22% al 24,2% nel 2019, una misura prevista nelle cosiddette “clausole di salvaguardia” introdotte nel 2011 come meccanismo per mantenere a posto i conti pubblici in caso di entrate insufficienti verso le casse dello Stato.
Il problema è che attualmente un Governo non c'è, per cui lo scenario da evitare, e su questo tutte le forze politiche sono concordi, è quello di evitare l'esercizio provvisorio di un Governo scaturito dal voto in autunno che non avrebbe tempi e maggioranza per trovare i 12,5 miliardi di euro necessari a scongiurare l'aumento dell'imposta.
Ecco dunque che si fa strada l'ipotesi del governo “di tregua” o “di scopo” paventata dal presidente Mattarella, che possa varare la manovra necessaria ad evitare la stangata che attende gli italiani. Che sarebbe piuttosto pesante, perché oltre all'aliquota ordinaria al 24,2%, salirebbe anche quella intermedia dal 10 all'11,5%.
Gli effetti di un rincaro dell'IVA, e su questo tutti sono concordi, sarebbero negativi su produzione, occupazione e consumi. L'allarme è stato già lanciato da Coldiretti, secondo la quale «Il pericolo dell'aumento dell'Iva riguarda beni di prima necessità come carne, pesce, yogurt, uova, riso, miele e zucchero con aliquota al 10% e il vino e la birra al 22% che rappresentano componenti importanti nei consumi delle famiglie», si legge in una nota.
Ma un'IVA al 24,2% sarebbe una mazzata anche per l'intero comparto auto: «Il nostro settore ne sarebbe colpito in modo pesantissimo: vale la pena ricordare che questo aumento, misurato sul valore medio delle vetture vendute, comporterebbe un incremento del prezzo di 630 euro a veicolo», spiega il Presidente di Federauto Adolfo De Stefano Cosentino.
A ciò si aggiungerebbero gli aumenti che si verificherebbero inevitabilmente su prezzi di carburanti, manutenzione, pedaggi e in generale su tutti i beni e servizi relativi all'automobile.