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Che cos'hanno in comune uno dei marchi automobilistici più celebri a livello globale ed uno sport che fa del vento il proprio fattore propulsivo? Poco, per uno occhio inesperto. Moltissimo, invece, per chi vuole andare oltre le prime, errate, apparenze.
Audi e la vela rappresentano un connubio nato ormai diversi anni fa. La casa di Ingolstadt, nel proprio recente passato, ha portato su un altro livello la ricerca e lo sviluppo delle componenti impiegate per i propri modelli, sia per quanto riguarda la produzione di serie – con uso profuso di alluminio e fibra di carbonio nelle vetture della propria gamma - che per le automobili utilizzate nelle competizioni, particolare che l'ha resa vera dominatrice nella 24 Ore di Le Mans da inizio millennio ad oggi. L'estrema raffinatezza stilistica dei quattro anelli, unita ad un interesse marcatamente più pratico per aspetti quali la leggerezza dei materiali e lo studio aerodinamico alla base delle forme delle proprie vetture, ha portato ad un naturale interessamento nell'ambito velico, sport nel quale davvero nulla è lasciato al caso.
Sono oramai lontani gli anni in cui si regatava a bordo di massicce imbarcazioni lignee. La parola d'ordine, nelle competizioni veliche, è divenuta la leggerezza. Nel corso dell'Audi RC44 Porto Cervo Cup, siamo stati ospiti di un modello classe RC44 – natante di poco più di 13 metri di lunghezza, progettato da uno dei più forti e blasonati velisti di ogni epoca, il neozelandese Russel Coutts - rimanendo davvero stupiti nel sentire il timoniere descrivere con dovizia i particolari della barca. Per prima cosa, ogni componente dell'imbarcazione – dallo scafo, all'albero, passando per la deriva - era realizzato in carbonio, per garantire il giusto mix tra leggerezza e rigidità. Tre tipologie di Genoa – la vela utilizzata per navigare di bolina, che potremmo paragonare al tipo di pneumatici da far calzare ad una vettura durante una gara – sono sempre pronte all'uso nel gavone di prua, in base alle condizioni di vento presente sul campo di regata.
In un certo qual modo, le medesime tecniche per arginare i “danni” causati dall'attrito, vengono adottati anche nelle imbarcazioni da regata, dal momento che l'acqua può rivelarsi sia una valida risorsa che un freno insuperabile. Come abbiamo già avuto modo di dire poc'anzi, pochi gradi di inclinazione della barca possono variare la velocità complessiva, e ciò non è causato unicamente dal vento: un assetto ottimale del natante, è dato anche da ciò che è celato alla vista, ovvero dalla deriva. Situata ben al di sotto della linea di galleggiamento, questa componente ha uno scopo fondamentale, quello di garantire un assetto quanto più corretto all'imbarcazione, senza farle perdere nemmeno un nodo di velocità.
La notorietà globale dello Yacht Club Costa Smeralda arriva con l'edizione del 1983 dell'America's Cup, grazie ad Azzurra, l'imbarcazione del Principe Aga Khan e di Gianni Agnelli
La casa di Ingolstadt, dal 2008 ha stretto una salda unione con lo Yacht Club Costa Smeralda, rafforzando il proprio legame con il territorio e fornendo le proprie competenze nel campo della ricerca della performance e dello stile anche a chi, per passione, è solito scatenarsi sui sette mari, piuttosto che sull'asfalto.
Lo yacht club, fondato il 12 maggio 1967 dal Principe Aga Khan, Andrè Ardoin, Giuseppe Kerry Mentasti e Luigi Vietti, ha fin da subito riscosso estremo successo nel settore, divenendo nel volgere di pochi anni una saldo approdo per gli appassionati di tutto il mondo. La notorietà globale arriva con l'edizione del 1983 dell'America's Cup, grazie ad Azzurra, barca portacolori del sindacato sardo, autrice della prima sfida italiana per la conquista della coppa delle Cento Ghinee. Il terzo posto assoluto ottenuto in quell'edizione ed il ruolo di Challenger of Record – ovvero di rappresentante di tutti gli sfidanti al detentore della Coppa America – per l'edizione australiana del 1987, diedero in seguito rinnovato vigore alla vela in Italia.
Nel corso della sua storia, lo Yacht Club Costa Smeralda vanta la conquista di uno dei record più prestigiosi nel mondo della motonautica, ovvero il Nastro Azzurro, premio conferito all'imbarcazione più veloce nel compiere la traversata dell'Oceano Atlantico. Nell'agosto del 1992, il Destriero - questo il nome del natante – coprì in 58 ore e 34 minuti la distanza che separa l'Ambrose Light, il faro di New York, ed il Bishop Rock, situato nelle Isole Scilly, in Inghilterra, con il guidone dello YCCS sempre in evidenza. Da sottolineare la presenza a bordo dell'imbarcazione, realizzata da Fincantieri, anche di Cesare Fiorio, a lungo rivale di Audi negli anni del Campionato del Mondo Rally.
I legami tra il mondo marino e quello terrestre, quindi, sono davvero molteplici. Che siate automobilisti incalliti o skipper navigati, siamo convinti che non guarderete la prossima regata o la prossima corsa senza notare tutti gli aspetti che hanno in comune queste due discipline: leggerezza, massimizzazione delle performance e studio aerodinamico. Fattori che, non a caso, hanno spinto Audi a dedicarsi alla partnership con il celeberrimo Yacht Club Costa Smeralda.
Marco Congiu