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Riuscirà un Suv a salvare l’Aston Martin?
Sono affidate al lussuoso DBX le speranze di risollevare le sorti della prestigiosa Casa inglese, il cui titolo è letteralmente tracollato, perdendo in pochi giorni quasi il 10% dei suo valore presso la Borsa di Londra, dopo l’allarme lanciato sui conti del 2019, annunciati come “quasi dimezzati“ rispetto a quelli conseguiti giusto dodici mesi fa.
Una caduta verticale, insomma, per il brand caro a 007, che ha come principale azionista il fondo di private equity Investindustrial guidato da Andrea Bonomi, già noto da queste parti per l’operazione che lo portò a capo della Ducati, raccolta in stato pre-fallimentare, poi rilanciata e (ben) venduta nel 2012 per 800 milioni di euro ai tedeschi di Audi.
Stessa operazione tentata con Aston Martin, ma dagli esiti ben più incerti: infatti, come si apprende in una nota ufficiale del produttore, le vendite sono diminuite del 7% in un anno, (c'entrerà qualcosa la Brexit?) attestandosi a quota 5.809 unità; ed a far drizzare le orecchie agli investitori è soprattutto il dato relativo all'ebitda, indicato per il 2019 in un range di 130-140 milioni di sterline, valore in picchiata rispetto ai 247 milioni del 2018.
«Le sfidanti condizioni commerciali di novembre sono continuate a dicembre nel periodo di picco delle consegne risultando in vendite più basse, costi più alti e margini più bassi», spiega la nota.
Le difficoltà di Aston Martin, che dall’Ipo (Initial Public Offering, l’offerta al pubblico dei titoli di una società che intende quotarsi per la prima volta in Borsa) del 2018 ha perso il 75% del suo valore, di fatto fallendo la scommessa di replicare le fortune della Ferrari, ha spinto la società a cercare nuove risorse per finanziare il rilancio, avviando "discussioni con potenziali investitori strategici", come annunciato lo scorso 13 dicembre.
Per stessa ammissione di Andy Palmer, Presidente e ceo di Aston Martin, il 2019 verrà ricordato come «un anno molto deludente ed il gruppo non riuscirà a realizzare i profitti previsti».
Il margine dell'ebitda sui ricavi è ipotizzato per il 2019 al 12,5-13,5%, in forte contrazione rispetto al valore del 20% annunciato a luglio.
L’ancora di salvezza, per fortuna, esiste: si chiama DBX: il luxury Suv dal lancio sul mercato a fine novembre ha raccolto quasi 2.000 ordini, confermando i traguardi operativi.
«Siamo sulla strada giusta - continua Palmer - per avviare la produzione per il secondo trimestre del 2020. Il nostro focus è ora rivitalizzare il business, lanciare bene Dbx e assicurare una crescita redditizia nel medio termine».
Il buon andamento degli ordini di DBX, il cui costo di partenza è di poco inferiore ai 200 mila euro, permetterà ad Aston Martin, in base agli accordi legati al private placement da 150 milioni di dollari annunciato lo scorso settembre, di ottenere altri 100 milioni di dollari di finanziamento a scadenza aprile 2022.
Intanto, il gruppo continua "il riesame" della struttura finanziaria e la caccia ad ulteriore liquidità: oltre alla ricerca di investitori strategici, sono sotto revisione anche i piani produttivi per il 2020.
Decisivo, al riguardo, l’appuntamento del 27 febbraio, quando verranno ufficializzati i dati consolidati della stagione 2019.