Arriva l'omicidio stradale e depenalizzano l'omissione di soccorso. Follie legislative

Arriva l'omicidio stradale e depenalizzano l'omissione di soccorso. Follie legislative
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L'ennesimo paradosso legislativo italiano: si vorrebbe l'introduzione dell'omicidio stradale ma poi si decide di depenalizzare l'omissione di soccorso
12 febbraio 2015

Una volta si diceva “egoismo” e basta. Era sufficiente per risultare antipatici e anche per andare all’inferno. Poi si è pensato che fosse preferibile il termine “egocentrismo” che sa più di psicanalisi e di tormentose problematiche interiori.

 

Oggi si ritiene più appropriato parlare di “relativismo” che assume le dimensioni di una caratteristica sociale su cui si possono imbastire un bel mucchio di tavole rotonde. Però il difetto di pretendere di giudicare tutto dal proprio punto di vista invece che ricorrere a criteri oggettivi o perlomeno universali è vecchio quanto il mondo dato che il Peccato Originale ne aveva tutti i connotati.

 

È fatale che chi pratica o difende il relativismo pragmatico (quello serio, della vera Filosofia, non è esattamente così) debba scontrarsi con realtà obiettive che non dipendono dalle opinioni degli operatori. Inoltre non creda egli di essere moderno, dato che i Sofisti già lo predicavano nel quinto secolo prima di Cristo e l’ateniese Platone si incaricò di “smontarlo” senza, evidentemente, riuscirvi del tutto, dato che i relativisti perdurano.

La confusione regna nelle menti di chi ci governa

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Fatto sta che, senza dissertare sulle malattie e sulle disgrazie che si incaricano di riportare certi sedicenti filosofi e i loro seguaci (più o meno coscienti) coi piedi per terra, il relativismo comportamentale di chi accetta alcune norme e ne scarta delle altre, a suo comodo e piacimento non è accettabile e neanche scusabile.


Ora siamo in presenza di un paradosso molto significativo dal punto di vista della confusione che si agita in certe menti che, purtroppo, abbiamo delegato a decidere legiferando. Da un lato la tanto sbandierata decisione di introdurre l’”omicidio stradale” con pene specifiche tra cui l’”ergastolo della patente” e altre sanzioni che suonano bene nel loro accostamento al codice penale.

pitagora
Meno relativismo e più criteri oggettivi come insegnava Pitagora

 

Dall’altro l’idea di depenalizzare l’”omissione di soccorso” come se una cosa non fosse direttamente correlata con l’altra: chi omette di soccorrere, implicitamente se ne infischia dell’eventuale omicidio stradale che può avere provocato. Anzi è ancora peggio, in quanto accetta intrinsecamente l’ipotesi di aver ucciso e di cancellarne le prove, anche quando magari non si tratta di un decesso.

 

Cioè, e poi lascio perdere, con tutte le assurdità penali che “grippano” le ruote della macchina giudiziaria si ritiene di “sveltire” il sistema abolendo o riducendo le pene per un gesto vile quanto mai, che ripugna la coscienza? Già, dimenticavo, tutto è relativo, il che in questo caso si identifica ne “il fine che giustifica i mezzi”: se scappo me la cavo, e poi non l’ho fatto apposta (a bere, ad andare forte, a cercarmi dei guai…). I filosofi di oggi sono raramente degli scienziati o anche solo dei tecnici, preferiscono fare i docenti. In passato però non era così, tanto è vero che nell’antica Grecia, ed anche in quella “Magna”, era comune che i dotti emergessero nel pensiero e nella pratica delle scienze esatte.

 

Pitagora di Samo, per dirne uno tra i più famosi, vissuto cinque secoli prima di Cristo, non fu certo un relativista che lasciasse ai suoi seguaci di decidere a piacimento se l’area del quadrato costruito sull’ipotenusa fosse uguale o meno alla somma delle aree dei quadrati costruiti sui cateti.

Dobbiamo capire che ci sono principi universali validi in senso assoluto

 

Archimede di Siracusa, vissuto tre secoli dopo, viene ricordato anche come pensatore, poco incline a ritenere che la spinta idrostatica fosse materia di punti di vista o che la leva fosse in grado di sollevare più o meno i pesi a seconda di chi la manovrasse.

 

Ma per venire ai “moderni” Isaac Newton e Blaise Pascal, essi non ebbero alcuna titubanza sull’esistenza di principi universali e perciò validi in senso assoluto. E neppure Albert Einstein, ai nostri giorni, dubitò che le leggi della fisica dipendessero da un lancio di dadi. In realtà non disse questo, bensì che “è difficile dare una sbirciata alle carte che Dio ha in mano”. Però quello che si riesce a vedere, o che ci ha rivelato, ha validità assoluta. Il che non esclude che ci siano scienziati atei ma esclude che ce ne siano di relativisti nel campo delle conoscenze scientifiche.

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