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Contact tracing sì, contact tracing no. In queste ore, specialmente sui social, sta impazzando la polemica sulla app per il tracciamento dei contagiati Immuni, che la società milanese Bending Spoons ha realizzato e ceduto a titolo gratuito al Governo italiano.
In molti si stanno preoccupando che l’applicazione costituisca una violazione della privacy trasmettendo ad un server governativo ogni spostamento e circola insistentemente anche la voce che sarà obbligatorio installarla per essere autorizzati ad uscire di casa.
Stando a quanto anticipato e ribadito più volte da molte autorità, la risposta è no: Immuni non sarà una “spia” nello smartphone dei cittadini da installare obbligatoriamente per spostarsi.
E’ quanto ha chiarito il Commissario per l’emergenza Covid-19 Domenico Arcuri già il 17 aprile, cioè all’indomani della firma del contratto tra la società lombarda e la Presidenza del Consiglio, quando in conferenza stampa ha dichiarato: «L’installazione di questa app, molto importante, sarà solo volontaria. Non verrà fatta alcuna imposizione ad alcun cittadino che non verrà obbligato ad installarla sul suo telefono mobile. Ovviamente noi ci aspettiamo che un numero molto alto di cittadini collabori e che possa installarla».
Il commissario ha poi aggiunto: «La app, quando arriverà sui telefoni dei nostri concittadini, ne garantirà completamente l’anonimato in ossequio alle normative nazionali e comunitarie sulla privacy. Vivendo noi in un paese informato da norme non potrebbe essere altrimenti. La app utilizzerà la tecnologia Bluetooth e non la geolocalizzazione per la banale ragione che questo prevedono le norme sulla privacy».
Che Immuni non sarà obbligatoria e che non costituirà una violazione della riservatezza è stato ribadito anche dal premier Giuseppe Conte nella sua ultima interrogazione parlamentare: «Questa applicazione sarà comunque offerta, lo voglio chiarire, su base volontaria e non su base obbligatoria e faremo in modo che chi non vorrà scaricarla non possa subire limitazioni negli spostamenti, né pregiudizi di sorta», ha sottolineato il presidente del consiglio, aggiungendo che «Sono coinvolti diritti costituzionali fondamentali. Ne cito alcuni: il diritto alla dignità stessa della persona, il diritto alla riservatezza, all’identità personale, come pure la tutela della salute pubblica e, non ultima, anche l’esigenza di proteggere un asset informativo di primaria importanza nella logica degli interessi strategici nazionali».
Sulla questione app si è espresso anche il garante per la privacy Antonello Soro, che sempre il 16 aprile dichiarava in una nota: «I principi indicati dalla Commissione Europea sono perfettamente in linea con le indicazioni contenute nel parere - di cui è stato relatore il Garante italiano - reso dall’Edpb, il Comitato che riunisce le Autorità garanti europee, due giorni fa alla stessa Commissione. La Commissione, in particolare, indica come preferibili app basate sulla volontaria adesione del singolo e su sistemi di prossimità, come il Bluetooth, in quanto maggiormente selettivi e, dunque, di minore impatto sulla privacy».
Soro si riferisce alle raccomandazioni adottate da Bruxelles sulla realizzazione e l’uso delle applicazioni di tracciamento da parte degli Stati membri (ad oggi sono 14 i paesi che la stanno sperimentando) a cui ha naturalmente partecipato anche l’Italia.
L’UE ha stabilito il 15 aprile quattro caratteristiche irrinunciabili: l’applicazione anti Covid-19 dovrà essere installata su base volontaria, dovrà essere approvata dall'autorità sanitaria nazionale, dovrà tutelare la privacy con dati personali crittografati in modo e dovrà poter essere disinstallata una volta superata l’emergenza.