Anas, 3.500 ponti a rischio in Italia

Anas, 3.500 ponti a rischio in Italia
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Sale il budget, ma calano i controlli: sono molte le ombre sulla gestione operativa della società che potrebbe ricevere la concessione della rete delle autostrade al posto di Atlantia
20 gennaio 2020

Allarme sicurezza per le strade italiane: l’ennesimo, verrebbe da pensare; solo che stavolta non si tratta di un’invocazione casuale, ma è frutto di un’articolata e completa indagine svolta da firme illustri del giornalismo nostrano, Milena Gabanelli e Andrea Pasquaretto, che per conto del Corriere della Sera hanno puntato il loro obiettivo sull’attività svolta da Anas nelle ultime stagione.

Il quadro che ne viene fuori, pubblicato nella sezione Dataroom dello storico quotidiano milanese, dovrebbe far drizzare le orecchie ai politici che - come da giorni si vocifera - starebbero per affidare proprio ad Anas la delicata gestione della rete autostradale italiana in luogo di Atlantia, l’attuale concessionaria coinvolta nella bufera seguita alla tragedia del Ponte Morandi. 

Ebbene, sul versante “sicurezza“, elemento al primo posto assoluto dopo episodi anche recenti, Anas sembra in grosso affanno: secondo quanto riporta l’inchiesta, “E’ allarme ponti: sono ben 3.500 quelli gestiti da Anas e malgrado il budget della società salito a 29,9 miliardi, i controlli approfonditi sono stati effettuati solo sul 28% delle strutture“. 

Neppure una su tre.

Inoltre, “in Italia ci sono 763 cavalcavia la cui proprietà (e dunque la gestione) non è accertata: su questi mancano totalmente le verifiche, se non quelle fatte «a vista» dai cantonieri.

L’allarme era stato lanciato un anno fa: 992 ponti che attraversano strade e autostrade italiane gestite da Anas, costruiti in buona parte negli anni Sessanta, erano senza padrone, non avevano cioè un proprietario certo che provvedesse alla manutenzione.

La mappa era stata realizzata dopo che ci scappò il morto: anno 2016, cavalcavia di Annone, dietro il crollo c’era la mancata cura della struttura dovuta al fatto che nessuno sapeva di doversene occupare, mentre il traffico pesante continuava a passarci sopra. In attesa di capire se queste strutture sono in carico a Province, Comuni o Consorzi, il ministero delle Infrastrutture, tranquillizzava tutti chiedendo ad Anas di sorvegliarli «al fine di assicurare l’incolumità della vita umana», scriveva preoccupato il direttore generale del Trasporto stradale, Antonio Parente.

Un anno dopo a che punto siamo? I ponti in questione sono stati controllati? L’incolumità è garantita? Risposta: ci sono ancora 763 cavalcavia senza identità e su questi non sono state fatte le ispezioni approfondite previste per legge con cadenza annuale, ma soltanto quelle «a vista» dei cantonieri. Dalle quali, ci scrive Anas, non sarebbero emerse criticità tali da richiedere interventi di manutenzione”.

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Il caso dei “ponti anonimi“

L’inchiesta elenca altri punti delicati: “La lista dei ponti «anonimi» non è mai stata resa nota, ma nel gennaio 2019 Dataroom ne aveva individuato alcuni sulla trafficatissima Statale 7 bis in Campania. A Orta di Atella (CE) l’allora sindaco Andrea Villano, ingegnere, ne aveva chiusi al traffico tre perché sul manto stradale si erano aperte grosse fessure e sulla Statale sottostante cadevano pezzi di impalcato.

Siamo tornati sul posto pochi giorni fa: nessun intervento è stato fatto, i ponti sono sempre più malandati, i calcinacci continuano a cadere sulla strada e i buchi sono sempre lì.

Eppure per Anas «non sono emerse forti criticità». «Ma se cade il calcestruzzo sulla carreggiata, com’è possibile che non sia necessario un intervento?», si stupisce Villano, mostrando i pezzi di cemento che si staccano a mano; intanto, sugli stessi cavalcavia, ancora chiusi al traffico, passano auto, camion, trattori.

E, sotto, il serpentone delle auto corre incessante”.

L'allarme sugli altri ponti

“Come va invece sui 14.500 ponti e viadotti che hanno una proprietà certa e che Anas deve gestire?

Un mese fa sul tavolo della ministra delle Infrastrutture, Paola De Micheli, è arrivato un documento, accompagnato da una lettera firmata da Gianni Armani, l’ex amministratore delegato di Anas, il quale, venuto in possesso dei dati sorprendenti sull’attività di sorveglianza, voleva informare il governo «per ragioni di sicurezza del Paese».

Il documento riporta i numeri relativi alle ispezioni registrate fino a dicembre 2019: quelle annuali, obbligatorie per legge, che dovevano eseguire gli ingegneri qualificati sui 4.991 viadotti principali (con campata di luce superiore ai 30 metri di lunghezza) e critici (segnalati dai cantonieri) si sono fermate a 1.419, il 28% del dovuto, giusto la metà del 2018, quando erano state il 56%.

Stesso discorso, pur in misura meno importante, per le ispezioni trimestrali, quelle «a vista», a carico dei sorveglianti: validate il 69%, nel 2018 erano state l’88%.

Questi sono i dati registrati dal sistema Bms, varato nell’ottobre 2017, che monitora lo stato di sicurezza delle opere e programma gli interventi di manutenzione straordinaria“.

Scendendo nel dettaglio, nell’inchiesta si legge che in regioni come Piemonte e Friuli-Venezia Giulia, “la casella verifiche obbligatorie annuali segna «zero», quando ne erano invece previste rispettivamente 205 e 64; nelle Marche ne è stata inserita una su 271, mentre le Autostrade Siciliane registrano zero ispezioni su 348 strutture.

L’Autostrada del Mediterraneo, che comprende anche la Salerno-Reggio Calabria con viadotti fra i più alti d’Europa (Stupino e Italia): 7 ispezioni su 574.

Sul fronte opposto, invece, la Liguria, dove l’Anas ha passato al setaccio 201 ponti quando avrebbe dovuto controllarne solo 18, andando così ben oltre il dovuto, caso unico in Italia.

Uno zelo dovuto forse ai disastri che hanno colpito la Regione“.

Ispezioni sulla pavimentazione

Ma la sicurezza per chi viaggia non è affidata solo alla tenuta di ponti e viadotti: ci sono anche migliaia di chilometri di carreggiata da tenere sotto controllo, che nel caso di Anas sono cresciuti nell’ultimo anno da 26.373 a oltre 29 mila, a causa del passaggio di gestione di diverse strade provinciali.

Leggiamo ancora nell’inchiesta: “Per le «ispezioni sulla pavimentazione», che registrano le condizioni dell’asfalto, lo scorso dicembre il sistema sfornava uno zero tondo. Nei primi mesi del 2018 era entrato in funzione il sistema Pms, finalizzato a una manutenzione tempestiva delle nostre strade, che prevede l’uso di mezzi mobili attrezzati con laser scanner che verificano asfalto, tenuta, rugosità, buche; nel 2018 ne erano stati acquistati 4 che avrebbero dovuto battere in lungo e in largo la Penisola. Ebbene, nel 2019 questa attività sembra essersi fermata“.

Eppure Anas dispone di risorse importanti: il contratto di programma stipulato con il Mit stanzia ben 23,4 miliardi di euro per il quinquennio 2016-2020, cresciuti lo scorso anno a 29,9 per la manutenzione programmata, l’adeguamento e la messa in sicurezza di ponti, gallerie e pavimentazione. Inoltre, per il biennio 2019-2020 sono stati stanziati altri 2,7 miliardi per la manutenzione straordinaria.

A fronte di tanta abbondanza di soldi, ne risultano spesi meno di 200 milioni: come mai?

Qui entra in ballo un antico vizio italico, l’irresistibile attrazione per l’arricchimento privato, ovviamente illecito: “Se non carichi a sistema i risultati delle ispezioni, puoi gestire come ti pare i rapporti con le aziende. È il caso dei funzionari Anas di Catania e degli imprenditori recentemente arrestati in Sicilia: i lavori di manutenzione venivano eseguiti solo parzialmente, in modo da spartirsi il residuo.

Corruzione quindi: a Trieste sono in corso indagini su un sistema di spese gonfiate nella manutenzione delle strade e di mazzette a un paio di dipendenti Anas: a Firenze sono stati rinviati a giudizio in 18 fra cui 4 funzionari Anas, per affidamenti in urgenza e senza gara. Quando l’urgenza non c’era“.

Chi controlla Anas?

L’inchiesta del Corriere svela una situazione preoccupante: cavalcavia «anonimi» senza interventi, attività ispettiva annuale su quelli di proprietà ridotta al 28%, ispezioni sulla pavimentazione pari praticamente a zero.

“Di fronte a questi dati, cosa dice il ministero delle Infrastrutture, al quale spetta il controllo dell’attività di Anas?

Risponde che, in merito ai propri ponti, «si è in attesa da Anas della relazione 2019» e, quanto a quelli anonimi, «Anas ha assicurato di aver messo in atto sorveglianze e controlli analoghi ai cavalcavia di proprietà».

Cioè, si fida del controllato: e il controllato, Anas, dice che va tutto bene.

Il suo amministratore delegato, Massimo Simonini, manager interno senza esperienza di programmazione e controllo voluto un anno fa dal ministro Danilo Toninelli, in dicembre era stato sfiduciato dal cda, per poi essere miracolosamente salvato.

Anche Toninelli, che aveva scarse competenze di Infrastrutture, è stato sostituto e al suo posto ora c’è Paola De Micheli: laurea in scienze politiche, è manager del settore agroalimentare, già sottosegretario all’Economia e alla presidenza del Consiglio e non memorabile commissario straordinario alla ricostruzione del terremoto del Centro Italia.

Pure lei si cimenta per la prima volta con le Infrastrutture, e magari ritiene Anas adatta a prendersi la concessione dei 3.000 km di Autostrade“.

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