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Si parla si stop alle vendite, o meglio, Fiat Chrysler Automobiles cerca attraverso un reclamo alla commissione statunitense di impedire a Mahindra la vendita, negli USA, di un veicolo reputato “clone” di una Jeep. È notizia di questi giorni, che scalda il già rovente mese di agosto: la Mahindra Roxor non piace per nulla a FCA, che si sente danneggiata e la vuole bloccare, specie ora che al vertice del grande gruppo un tempo in mano a Marchionne si trova uno che è cresciuto professionalmente grazie proprio a Jeep. Non toccategliela, pardon, non copiatela e magari assemblatela pure dove nacque l’originale Willys, nel 1941.
A dirla tutta ce ne sono già parecchie per il mondo, da tempo e magari ora fuori produzione, di vetture molto, molto simili alla prima Jeep (anche italiane, ndr). Ora però si tratta di una difesa dei propri valori in casa, spalleggiati da una amministrazione che tiene molto alla tutela delle aziende americane sul loro territorio, con materie prime proprie, in teoria.
La questione è ancora da definire perché, se è noto il potere di Jeep in casa propria e anche l’antipatia di Trump per chi mette in vendita, a basso prezzo, materiali non made in USA che sottraggono quota mercato ai local, anche gli indiani che hanno messo le tende in Michigan, investendo dei bei dollari (600 milioni) hanno qualche diritto da vantare. In primis quel pezzo di carta che potrebbe valere qualcosa, datato bene non si sa quando e valevole bene non si sa dove, ma che accordava da decenni a Mahindra un diritto di farsele, delle “gippettine” come le chiamiamo stupidamente noi italiani.
Se ne occuperanno quelli della U.S. International Trade Commission, a Washington, intanto dalla gallery e dalla scheda tecnica che vi riportiamo qui, su Automoto.it, potete dire voi se davvero la Roxor possa mettersi in concorrenza diretta, pur costando poco (da 14.900 dollari circa) con i modelli attualmente in vendita nella gamma 2018 di Jeep.