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È allarme per gli assembramenti sui mezzi pubblici: viste le inevitabili resse in metro e bus, è cominciato il pressing degli enti locali per ridurre la capienza dei mezzi, attualmente all’80%. Esigenze che si scontrano con quelle delle aziende per il trasporto pubblico locale, che avvertono del rischio di dover lasciare a piedi centinaia di migliaia di persone. Nel pomeriggio di oggi il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Paola De Micheli, ha convocato un tavolo con le associazioni delle aziende del trasporto pubblico locale, i rappresentanti della Conferenza delle Regioni, di Anci e Upi per aggiornare il monitoraggio periodico dei flussi dei passeggeri e analizzare alcuni casi di assembramenti a bordo dei mezzi e all’interno delle stazioni.
«La capacità del mezzo di trasporto pubblico non deve superare l'80%. Noi vorremmo abbassare questa percentuale. Il Cts parlava del 50% per stare tranquilli, ma per arrivare al 50% abbiamo bisogno di più mezzi e risorse - spiega il presidente dell'Anci, Antonio De Caro, a Rai News 24 - Le aziende di trasporto non ce la fanno e l'unica possibilità è differenziare gli orari di ingresso e uscita delle scuole e tornare allo smartworking com'era fino a qualche mese fa».
La riduzione della capienza, però, aumenterebbe ulteriormente le difficoltà delle aziende. «Risulterebbe difficile per gli operatori del Tpl continuare a conciliare il rispetto dei protocolli anti Covid-19 e garantire allo stesso tempo il diritto alla mobilità per diverse centinaia di migliaia di utenti ogni giorno, con il conseguente rischio di fenomeni di assembramento alle fermate e alle stazioni», spiegano dall’Ufficio studi dell’Asstra, l’associazione delle società di trasporto pubblico locale. Nel caso in cui la capienza dei mezzi sia ridotta al 50%, «si impedirebbe a circa 275mila persone al giorno di beneficiare del servizio di trasporto sia per motivi di studio che di lavoro». Conseguenza diretta di questo sarebbe il ricorso alle mobilità privata, con l’aumento del traffico.
Ma sul tema si sono espressi anche i sindacati. «Il rischio di una seconda ondata di contagi da Covid-19 diventa ogni giorno più evidente. Di fronte alla nuova espansione del virus è necessario, da una parte, evitare gli allarmismi e, dall'altra, mettere in atto le dovute contromisure, per non rischiare di sottovalutare il pericolo: le conseguenze sarebbero disastrose», si legge in una nota firmata dalla Cgil di Roma e del Lazio, la Cisl di Roma Capitale Rieti, la Cisl del Lazio, la Uil del Lazio e le rispettive categorie dei trasporti.
«Consideriamo un errore - dicono i sindacati - aver portato la capienza dei mezzi di trasporto all'80% senza nessuna possibilità, tra l'altro, di effettuare controlli adeguati. Abbiamo sollecitato più volte le istituzioni, a partire dalla Prefettura, già durante il periodo di chiusura forzata ad aprile e infine a settembre, allo scopo di discutere come riorganizzare uno dei settori che più fa da fondamento alla ripresa e allo stesso tempo più rappresenta un punto complesso e delicato per il rischio di diffusione del virus: i trasporti. Nessuna risposta finora è arrivata, nessuna azione all'altezza della gravità della situazione».
«Le nostre preoccupazioni sull'applicazione del necessario distanziamento sui mezzi pubblici in tutta la Regione, sia su strada che su rotaie, aumentano - sottolineano i sindacati -. Oltre alle notizie di stampa, riceviamo tutti i giorni decine di segnalazioni, da parte di lavoratrici, lavoratori, pensionate e pensionati, che riguardano l'eccessivo affollamento degli autobus circolanti dentro Roma e dei treni che trasportano i pendolari verso la Capitale. Abbiamo richiesto il coinvolgimento di tutti i soggetti pubblici e privati per trovare soluzioni condivise allo scopo di incrementare l'offerta di mezzi pubblici, per garantire ai pendolari condizioni di trasporto più sicure e in linea con le norme anti contagio, per assicurare agli addetti del settore la necessaria tutela della salute sul lavoro».
«Servono azioni anche sul fronte della domanda di trasporto per attivare investimenti e riorganizzazioni che puntino ad abbassare la necessità di spostarsi da parte dei lavoratori, ad esempio facendo leva sul lavoro agile, sul telelavoro e sulla rimodulazione degli orari di lavoro e di apertura degli esercizi commerciali. Ma la nostra disponibilità al confronto non trova interlocutori e, se continuerà l'assenza di risposte, non ci rimarrà altra scelta che la mobilitazione», concludono.