Alex Zanardi: «Più che da medaglia d'oro è da cuore d'oro»

Alex Zanardi: «Più che da medaglia d'oro è da cuore d'oro»
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Dalla mani troppo grandi per i volanti, agli scherzi di Herbert, fino all'incidente a Lausetzring nel 2001 e al ritorno alle competizioni. Una serie di aneddoti di vita vissuta raccontano la storia di una grande personaggio come Alex Zanardi | <i>P. Ciccarone</i>
6 settembre 2012

Certi ricordi si perdono nella notte dei tempi, quando dal kart Alex Zanardi era arrivato in F.3 e ogni tanto ne combinava una delle sue. In bene o in male. Nel primo caso è rimasto impresso nella memoria un numero all'uscita della Trincea a Vallelunga. Un controllo di macchina al limite del fantascientifico, un nuovo modo di intendere le leggi della fisica e dell'aerodinamica. E poi, sette giorni dopo, a Misano con una uscita di pista da vero pirla.

Gli scherzi di Johnny Herbert e le mani troppo grandi

«È la classica zanardata  - mi disse - o combino cose eccezionali o faccio delle cagate mostruose che non fa nessun altra.» Sono passati gli anni, arrivato in F.1 con la Lotus ne ebbe di tutti i colori, ma con Herbert al suo fianco si divertiva e subiva gli scherzi.

Come quelli che Johnny gli faceva quando doveva passargli il muletto. Normalmente ci pisciava dentro e Alex, nei pochi minuti a disposizione per qualificarsi, non poteva fare lo schizzinoso. Ricordi e aneddoti di una vita, come quando, tornato alla Williams in F.1, non riusciva a sistemare i comandi sul volante: «Ho le manone da idraulico, come mio padre, se non sposto i tasti ne premo due o tre insieme.»

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Il tragico incidente del 2001 non placa la voglia di sport di Alex, che oltre a ripredenre a correre in auto inizia a specializzarsi nella hand bike

L'incidente al Lausetzring, la nuova vita e il ritorno alle competizioni

Era un cruccio che si è portato dietro perché con la Williams non riusciva ad ingranare, ma era già il grande Alex Zanardi, plurivincitore della Indy e quindi, in un modo o nell'altro, qualcosa l'aveva combinata. Arriviamo poi al Lausetzring nel 2001, l'incidente che a momenti gli costa la vita ma segna la nascita di una nuova vita al tempo stesso. Passano i mesi e rieccolo sul palco dei Caschi d'Oro a ritirare il trofeo e a mettersi in piedi, sulle protesi: «Mi sa che ora son cavoli tuoi - dico alla moglie Daniela - questo qua torna a correre, lo sento.»


E lei, rassegnata: «Lo so anche io, da come ha modificato i comandi all'auto di serie, mi sa che ricominciamo.» E così è stato. Insomma, mai fermarsi davanti a niente, mai dare nulla per finito. E poi l'esempio degli altri. «Guarda Cicca - mi disse una volta Alex - sono stato in ospedale e ho visto ragazzi conciati peggio di me. Io sto bene, ho una bella famiglia e la soddisfazione di poter tenere in spalla mio figlio Niccolò l'ho avuta, c'è di peggio nella vita e io mi reputo fortunato per tutto quello che ho fatto.» Ecco, è questione di punti di vista, di una visione su cosa si vuole fare e dove si vuole arrivare. Zanardi è uno così, a seconda delle circostanze, si pone degli obiettivi.

Lo so anche io, da come ha modificato i comandi all'auto di serie, mi sa che ricominciamo

Un esempio per tutti

Vederlo vincere la medaglia d'oro paraolimpica nell'hand bike, sul circuito di Brands Hatch, per giunta, luogo a lui conosciuto con altri mezzi, non stupisce e non sorprende. Ha solamente spostato ancora in avanti l'asticella delle difficoltà da superare. Se poi alla prossima non dovesse farcela, non sarà un dramma: perché ci ha provato ancora. Più che da medaglia d'oro è da cuore d'oro. Grazie Alex, proverò a ricordarlo quando mi farà male un dente e mi sembrerà che il mondo sia finito.

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