Alex Bellini: «L'Oceano a remi? Il segreto è la testa, non i muscoli. Un po' come Abarth!»

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Abbiamo intervistato Alex Bellini, l'esploratore italiano che ha attraversato di corsa Continenti, ghiacci e deserti e che ha affrontato due Oceani in barca a remi in solitaria. Un personaggio unico, perfetto da affiancare ad Abarth
8 ottobre 2015

Milano - Esploratore, avventuriero e mental coach. Così si definisce Alex Bellini, diventato celebre grazie alle sue imprese estreme. Classe 1978, di origini valtellinesi, Alex ha attravresato a piedi i ghiacchi dell'Alaska per 1.400 km ed è andato, sempre di corsa, da una costa all'altra degli Stati Uniti lungo la Route 66. Ma Alex ha anche affrontato le onde dell'Oceano Atlantico e poi del Pacifico in solitaria, a bordo di una semplice barca a remi. Nella sua vita ha remato per più di 35.000 km, ha corso per più di 23.000 km e ha vissuto in completo isolamento per 560 giorni.

 

Quello che colpisce di più però non sono i suoi traguardi ma il fatto che Alex Bellini non si consideri affatto un super uomo. Anzi, è convinto di essere una persona normale, come tutti noi. Secondo lui infatti per compiere imprese grandi non serve altro se non la forza di volontà. Una dote di cui tutti noi siamo dotati per natura e che ci rende assolutamente unici. Lo abbiamo incontrato ad un evento Abarth. Anche lui infatti, proprio come lo Scoprione, sa trasformare qualcosa di ordinario in straordinario.

 

Ti abbiamo incontrato ad un evento Abarth. Cosa hai in comune con lo Scorpione?
«Ho pensato che Abarth fosse un mondo perfetto per raccontare la mia storia. Infatti le auto di questo marchio non sono Formula 1. Abarth infatti parte da un'utilitaria, come può essere la Fiat 500, per tirare fuori un'auto con prestazioni super. Allo stesso modo io sono una persona normale, che in determinate situazioni però sa dare il massimo, applicando una serie di metodologie, per superare situazioni apparentemente invalicabili. Io e Abarth abbiamo veramente tanto in comune».

alex bellini abarth (3)
Abbiamo incontrato Alex Bellini ad un evento milanese organizzato da Abarth

 

Per compiere le tue imprese la forza fisica conta relativamente. Come è possibile?
«Ci sono dei momenti in cui non si può essere altro che grandi. In questi frangenti essere mediocri non basta, bisogna andare alla ricerca delle risorse più nascoste. Solo così potremo permetterci di guardare in faccia al giorno dopo. La nostra più grande arma è la forza di volontà, nessuno ce la potrà mai togliere. È già tutto dentro di noi, basta trovarla. Grazie a questo risorsa inesauribile siamo in grado di fare cose straordinarie, di cui non avremmo mai sospettato».

 

Ci fai qualche esempio? Dove la forza di volontà è riuscita veramente a fare la differenza sulla preparazione atletica?
«Ho avuto tantissime situazioni drammatiche in cui non ce l'avrei mai fatta solo e soltanto con la forza fisica. Se prima di partire per la traversata atlantica a remi per esempio mi avessero chiesto quanto avrei potuto resistere a digiuno, avrei risposto un giorno e mezzo, due al massimo. Ma mai mi sarei aspettato di farcela per cinque giorni di fila, remando peraltro molte più ore rispetto agli altri 222 giorni di navigazione! Tutto questo è fantastico, è quasi una magia.»

 

L'esplosione di gioia durante l'arrivo a Fortaleza, dopo 7 mesi di navigazione

 

Qual è il tuo consiglio per diventare più forti?
«In una maniera molto olistica sono convinto che la vita non ci metta mai di fronte a situazioni fuori dalla nostro portata. A volte può sembrare di trovarsi davanti a situazioni più grandi di noi invece è semplicemente la tendenza umana al catastrofismo, a vedere il buco nella ciambella e non la ciambella intorno al buco. E ci sentiamo così perché siamo troppo abituati a vivere sempre e solo in situazioni “comode”, immersi in circostanze facili. Invece mettersi ogni tanto in punta di piedi, uscire dalla “media” e prendere il vento in faccia ci aiuta a combattere le nostre fragilità e a conquistare la resilienza».

alex bellini 11
Alex durante la corsa che lo ha portato da una costa all'altra degli Stati Uniti d'America

 

È la fatica che porta alla vittoria...
«Sì, esatto. Diventare forti quando esposti allo stress, alla volatilità, alle incertezze. Questo è il trucco per superare i momenti di difficoltà, anche quelli più duri. Non ci servono le pacche sulle spalle o i complimenti, perché queste cose ci rammolliscono. Sono il vento contrario, le onde alte e la paura che ci rendono più forti. E questo non vale soltanto quando bisogna attraversare un Oceano a remi. Sono consapevolezze che possono aiutare a migliorare la nostra vita di tutti i giorni».

 

Ti consideri un esploratore. Eppure oggi abbiamo già studiato ogni centimetro delle terre emerse...
«Oggi abbiamo esplorato praticamente tutte le terre emerse. Però possiamo diventare esploratori di noi stessi, per creare momenti di conoscenza e aumantare la consapevolezza di chi siamo, di che cosa vogliamo. Io mi sento un esploratore nel senso che vado alla ricerca dei limiti di un essere umano. Ho scelto per esempio di fare due traversate atlantiche non perché amassi il mare, anzi essendo valtellinese non lo conoscevo nemmeno! Ho scelto il mare per sviluppare il senso della lontananza, dell'isolamento, per capire cosa fossi veramente e di cosa avessi bisogno».

Ho scelto il mare per sviluppare il senso della lontananza, dell'isolamento, per capire cosa fossi veramente e di cosa avessi bisogno

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Ci parli della tua prossima avventura “Adrift”?
«Nella mia prossima avventura sarò alla deriva su un iceberg, per studiare le sue fasi di vita fino allo scioglimento. Qui non volevo più studiare la solitudine, ma immergermi in una situazione del tutto fuori dal mio controllo. Sull'icerberg alla deriva saprò una volta per tutte quello che posso e quello che non posso controllare in quanto essere umano. Potrò controllare per esempio il mio stato emotivo, ma non avrò alcun controllo sulla deriva, la meteorologia».

 

Una curiosità. Come gestive le fasi di sonno durante le travesate oceaniche? Sarai stato completamente alla deriva...

«Facevo dei microsonni. Il problema è che ogni volta che smetti di remare per riposare, per mangiare oppure per fare manutenzione la barca va alla deriva. Questo crea un grande senso di disagio e ti fa capire che ogni giorno devi guadagnarti col sudore ogni singolo miglio. È logorante, ma in un certo senso ti tempra. In Australia per esempio riuscivo a remare per 30 miglia durante il giorno, ma sapevo che la notte sarei tornato indietro di 8 miglia a causa delle correnti».

 

La piccola 500 è un po' come Alex. Di base è un'auto comune, ma sa trasformarsi in una vera supercar

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