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Milano – Quando in Italia ci si ritrova a parlare delle Fiat del passato, indipendentemente dal modello preso in considerazione, è inevitabile rimanere coinvolti in qualche misura dall’argomento. La Casa torinese infatti, nei suoi 113 anni di storia, ha influenzato in maniera indelebile il nostro Paese, tanto che le vetture del più grande costruttore italiano sono ormai entrate a far parte a pieno diritto della nostra storia e della nostra cultura.
Basta osservare alcuni modelli, in particolare quelli caratterizzati da un design e da una serie contenuti tecnici particolarmente innovativi per l’epoca in cui furono concepiti, per far riaffiorare alla memoria, non solo ricordi, epoche, sensazioni ed emozioni, ma anche parenti ed amici.
Nel corso degli anni le vetture prodotte dalla Fiat hanno riempito le vite degli Italiani, a tal punto che chiunque, o quasi, può dire di aver posseduto, di aver guidato o almeno di aver viaggiato più di una volta su un’auto prodotta nei gloriosi stabilimenti di Mirafiori, Pomigliano, Cassino o Termini Imerese.
Parlare dei modelli Fiat, in un certo senso, significa parlare di noi stessi e delle nostre esperienze. Questo è quello che è accaduto ieri sera alla Libreria dell’Automobile di Corso Venezia a Milano, quando, in occasione dell’ormai classico appuntamento del giovedì sera intitolato “Quattro chiacchiere con l’Autore”, Alessandro Sannia ha illustrato al pubblico presente tre dei suoi libri, dedicati rispettivamente alla storica Fiat 500 Topolino, alla celebre Fiat 127 e alla più recente, ma non per questo meno interessante, Fiat barchetta.
Per quale motivo ha deciso di dedicare un libro a ciascun modello prodotto dalla Fiat?
«La premessa è abbastanza ovvia: mi piacciono le macchine Fiat, infatti il 90% di quello che scrivo tratta di vetture della Casa di Torino. In questo caso desidero parlarare dei miei ultimi tre libri, stampati dalla mia piccola Casa editrice, attraverso cui sto cercando di raccontare la storia del principale costruttore automobilistico italiano, che ha costruito macchine stupende, bellissime, meno belle e terribili. Insomma ce n’è un po’ per tutti i gusti.»
«In ogni caso amo parlare di questo marchio soprattutto perché ha fatto parte della vita quotidiana di tutti gli italiani per almeno un secolo. Credo che tutti noi, o almeno i nostri genitori, abbiano avuto auto Fiat, in particolare quando siamo stati bambini. Non è quindi solo la parte ingegneristica o lo stile ad interessarmi, perché mi piace sempre ricordare che la Fiat è stata parte della vita e dell’evoluzione dell’Italia, in particolare nel dopoguerra.»
A quali modelli ha dato la priorità nella sua collana? Perchè la 127 rappresenta un'auto così importante nella storia dell'auto italiana?
«Attraverso questa collana di libri cerco di raccontare, eccezion fatta per la Topolino, soprattutto i modelli fino ad ora un po’ trascurati dalle pubblicazioni, come per esempio la 127, che secondo me è un’auto importantissima. Lanciata nel 1971, è da considerarsi a tutti gli effetti una vettura d’epoca, che è già diventata un’auto da collezione. Le giovani generazioni guardano di meno modelli molto datati come la Balilla, forse perché quando ognuno di noi può permettersi di acquistare un’auto storica, sogna di possedere quella che da bambino possedeva come macchinina giocattolo. Ormai i giovani che desiderano auto storiche si interessano a modelli relativamente recenti come la 127 o addirittura come la Uno Turbo e la Ritmo Abarth.»
Dove risiede la vera genialità di una vettura come la 127, disegnata dal grande Pio Manzù?
«Ho deciso di dedicare un libro alla 127 perché secondo me è stata un capolavoro di stile, in particolare la prima serie, quella prodotta a partire dal 1971. Quest’auto era sensazionale non solo dal punto di vista estetico, ma per quanto riguarda l’ergonomia. Disegnata non a caso da un grandissimo stilista, ovvero da Pio Manzù, figlio d’arte di Giacomo, un grande scultore.»
«Manzù concepì e interpretò quest’auto in maniera completamente diversa rispetto a quanto si era soliti fare all’epoca, tanto che iniziò a disegnare la macchina pensando a come fossero seduti i passeggeri, sviluppando il volume della vettura partendo dall'interno, riuscendo a creare anche delle belle proporzioni e delle belle forme.»
«Quest’auto purtroppo fu la sua unica grande opera perché Pio Manzù perse la vita proprio la mattina di presentazione della macchina in un tragico incidente stradale, proprio mentre si dirigeva all’approvazione del modello di stile dall’Avvocato Agnelli. La 127 rimane il suo grande capolavoro, che purtroppo non si riuscì mai a gustare.»
In quale misura la 127 ha rappresentato un grande successo per la Fiat?
«La Fiat 127 ha costituito un punto di svolta nella storia della Fiat, tanto che rimase per ben cinque anni la vettura più venduta d’Europa, ai tempi in cui Mirafiori, all’interno di cui se ne producevano 3.000 al giorno, era ancora la fabbrica di auto più grande del Vecchio Continente.»
«Fu un’auto così innovativa per l’epoca che fu copiata da tutti. Traevano una forte ispirazione dalla 127 sia la Renault 5, che infatti arrivò sul mercato solo in secondo momento, sia la Fiesta. In particolare si rischiò quasi di arrivare alla causa giudiziaria con la Ford, dal momento che il telaio della Fiesta è sostanzialmente identico a quello della 127, un dettaglio un po’ troppo evidente per essere una coincidenza.»
Ci spiega i motivi per cui un'auto tutto sommato recente, come la Fiat barchetta, ha meritato una delle sue monografie?
«La Fiat barchetta non è sotto nessun punto di vista un’auto storica, eppure sono convinto che lo diventerà. Al momento può considerarsi ancora un’auto moderna, dal momento che è uscita di produzione un po’ in sordina solo pochi anni fa, nel 2005. Quest’auto ha le carte in regola per diventare un’auto storica prima di tutto perché fu prodotta non solo in maniera assolutamente artigianale, ma anche in un numero limitato di esemplari.»
«In secondo luogo perché rappresenta un qualcosa di “strano” all’interno del panorama Fiat, tanto che ci volle il coraggio di un personaggio come Cantarella (Amministratore Delegato Fiat, ndr) per proporre macchine come la barchetta o come la Fiat Coupé, in quel determinato momento storico. Per diritto di cronaca occorre dire che queste due auto hanno funzionato, nel senso che attraverso la loro commercializzazione la Fiat di certo non si arricchì, ma riuscì in ogni caso a ripagare gli investimenti fatti, riuscendo al tempo stesso a fare concorrenza ai giapponesi della Mazda MX-5.»
«Il terzo motivo per cui sento che questo modello diventerà un giorno un’auto storica è che semplicemente la barchetta alla gente piace. Nonostante sia ancora una macchina relativamente giovane, ci sono un sacco di appassionati che la seguono. Per questi motivi, grazie anche alla collaborazione con gli amici del “Club barchetta”, ho tentato di rimettere in chiaro la storia di una macchina che può sembrare ovvia, ma che poi tanto ovvia non è, tanto che ho scoperto che furono realizzate diverse serie speciali, che proponevano diverse combinazioni di allestimenti, colori, tessuti. Dettagli che sono sicuramente interessanti per chi vuole possedere un’auto di questo tipo.»
La Topolino è un'auto su cui sono stati spesi fiumi di inchiostro. Qual è il contenuto più innovativo del suo libro, rispetto alle opere già pubblicate su questo argomento?
«Per quanto riguarda la Topolino, fatico a sostenere la tesi della auto trascurate, dal momento che su questa vettura è stato scritto moltissimo ed è un modello molto conosciuto. In questo caso ha contato di più la logica editoriale. I miei libri stanno riscuotendo un certo successo anche per il particolare formato. Sono rilegati lungo il lato corto e si presentano quindi “al contrario” dei libri normali. Questo perché normalmente le automobili sono posizionate con le ruote poggiate per terra, cioè “al contrario” di come è fatto un libro.»
«Questo mi ha permesso di mettere delle ampie foto dei diversi modelli, in modo che siano maggiormente fruibili dai lettori. Inoltre ho tentato di mettere il maggior numero possibile di foto a colori, un soluzione fino a pochi anni fa impensabile per gli elevatissimi costi di stampa. Ho quindi cercato di fare un libro sulla Topolino che offrisse agli appassionati esclusivamente immagini originali dell’epoca, scattate esclusivamente quando la macchina era nuova ed originale.»
«Non ci sono foto di auto restaurate oggi, in modo che se qualcuno dovesse avere la necessità di restaurare la propria Topolino può fare affidamento sulle immagini del libro, che sono della Fiat e quindi incontestabili. La novità più grande contenuta sulla mia monografia sulla Topolino, rispetto a quanto è già stato scritto, è rappresentata dalla volontà di mettere ordine tra tutte quelle che sono state le diverse serie, le innumerevoli versioni e le tante varianti che furono realizzate. Il mio libro vuole aiutare gli appassionati di storia a spiegare perché furono realizzate così tante e diverse versioni, ma vuole essere anche uno strumento utile per chi dovesse restaurare un esemplare.
Se dovessi scrivere un libro su uno dei modelli più recenti del marchio Fiat, fino a che punto ti spingeresti?
«Senz’altro scriverò un libro sulla Fiat Coupé. Senza dubbio scriverei un libro sull’attuale 500, dal momento che è stata un’auto che ha recuperato un’icona. In realtà ho già scritto un libro in occasione del lancio della 500, per conto della stessa Fiat, quindi possiamo dire che è una vettura che è nata già storica.»
«Molti mi contesteranno ma ne scriverei di sicuro uno sulla Multipla, dal momento che è stata una macchina coraggiosissima, con una storia di design - inteso nell’accezione inglese del termine, ovvero come progetto - molto profonda e capace di rivoluzionare l’ergonomia. Una macchina concepita dall’interno che ha uno stile davvero particolare, che personalmente a me non dispiace, anche se molti l’hanno trovato orribile. In ogni caso rimane un’auto che rimane inconfondibile tra le altre.»
“Senza dubbio scriverei un libro sull’attuale 500, dal momento che è stata un’auto che ha recuperato un’icona”
«Roberto Giolito che l’ha disegnata, ogni tanto scherza dicendo che ha funzionato allo stesso modo della Multipla degli anni ’60, dal momento che è stata comprata solo dai tassisti e dalle suore…Al di là di questo secondo me è un’auto che meriterà a tutti gli effetti una retrospettiva, anche solo per il fatto di essere stata così originale e inconfondibile. A volte un’auto coraggiosa viene ripagata molto di più rispetto ad una di grande qualità ma meno originale.»
«Un esempio che spiega molto bene questo concetto è rappresentato dalla Stilo, una vettura meccanicamente inconfutabile, che ha ricevuto un approccio ingegneristico simile a quello dedicato ad un’auto tedesca, ma che esteticamente era molto discutibile, tanto che non riuscì ad essere un successo di mercato. A questo punto meglio la Multipla che almeno ad alcuni piaceva veramente.»
Quali modelli prenderanno in considerazione i prossimi libri della collana dedicata alla Fiat?
«Arriverà sicuramente dopo l’estate la monografia sulla 125, un’auto che secondo me merita e che invece è stata molto trascurata, forse semplicemente perché è stata vissuta troppo poco. Per fine anno arriverà poi il libro sulla Ritmo, su cui sto già lavorando, mentre l’anno prossimo scriverò sicuramente riguardo alla Uno e al Coupé, due auto che senza dubbio possono interessare i più giovani che si avvicinano al mondo delle auto storiche.»