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Lubiana – Come vi abbiamo anticipato nelle interviste effettuate a Marko Magdič, Michel Neven e Uroš Rosa, abbiamo viaggiato sino all’altro capo del mare Adriatico per scoprire come nascono alcuni degli impianti di scarico più prestigiosi e performanti del mondo, ovvero quelli marchiati Akrapovic, che prendono il cognome del fondatore, Igor, ex pilota motociclistico.
L’azienda che adotta come logo lo scorpione rosso (in quanto la parola Akrap significa scorpione, mentre la tonalità adottata sta tradizionalmente ad indicare la passione), produce scarichi sia per le moto (a partire dal 1990) - l’area di competenza in cui il costruttore ha in questi anni effettuato i maggiori passi in termini di sviluppo e che ha permesso allo stesso di divenire famoso – che per le auto, una realtà quest’ultima più recente e che trova la sua origine nell’anno 2007.
Impegnata nelle competizioni sia sul fronte delle due che delle quattro ruote (nel 2000 vinse il 1° titolo in SBK con la Honda VTR di Colin Edwards, nel 2002 equipaggiò l’Aprilia RS Cube in MotoGP e da alcuni anni fornisce l’impianto di scarico dell’Audi R18 e-tron quattro impegnata a Le Mans), Akrapovic ha nel suo palmares un totale di 78 titoli del mondo ed impiega gli stessi materiali sia per i prodotti stradali che per le corse costruendo a conti fatti praticamente tutto in casa.
Processo di lavorazione
Ma come nasce uno scarico di questo tipo? Il processo produttivo passa per diverse fasi. Si parte dalle analisi di laboratorio che vengono effettuate sui materiali, sia chimiche che meccaniche. Una volta effettuate queste le lamine con cui vengono realizzati gli impianti vengono inviate nello stabilimento situato a Podpeč, ove viene lavorato e marchiato a laser. Il prodotto semilavorato arriva poi a Lubiana ove viene realizzato lo scarico completo, che una volta ultimato torna poi a Podpeč per essere inscatolato, immagazzinato e spedito. Ma andiamo per gradi.
Primo step: le analisi in laboratorio
All’interno di un laboratorio ad alto contenuto tecnologico situato nello stabilimento di Lubiana vengono effettuate le sopracitate analisi dei materiali. Qui, tramite dei sistemi di verifica computerizzati, ci si accerta del fatto che il materiale di cui è composto lo scarico – ma anche le saldature realizzate in TIG (Tungsten Inert Gas) – rispondano ai requisiti richiesti.
Da ogni lotto di materiale che arriva da destinare alla produzione, vengono infatti ricavati dei campioni che vengono poi sottoposti a vari check, tra cui la prova di trazione. Questi campioni, come praticamente tutto in Akrapovic, vengono prodotti in casa, utensili impiegati per attrezzare le macchine e rivetti compresi, ciò al fine di poter tenere completamente sotto controllo l’intero ciclo produttivo.
Lo scanner 3D
All’interno del laboratorio di analisi un macchinario in particolare attira l’attenzione su di sé fra tutti: la macchina per le scansioni 3D. Questa è situata all’interno della stanza di misurazione, ove vengono eseguiti i rilievi degli scarichi, un’area in cui effettuare le rilevazioni che presenta un pavimento realizzato in maniera tale da essere antivibrazione, così da permettere di non avere errori strumentali dovuti ad impercettibili spostamenti nel corso delle rilevazioni.
Ogni singola componente uscita dalla produzione viene verificata con le dime. In Akrapovic sono infatti presenti le dime di tutti gli scarichi prodotti, in modo da poter controllare l’esatta adattabilità con la moto o con la vettura prima che lo scarico arrivi su di essa. Queste vengono costruite tramite un processo di reverse engineering alla cui base vi è il sopracitato scanner 3D, che provvede a fornire agli ingegneri un modello grafico tridimensionale dell'impianto su cui lavorare. In alcuni casi è la Casa costruttrice stessa (l'Alpina ad esempio, per cui Akrapovic realizza l’impianto di primo equipaggiamento) ad obbligare il produttore sloveno a realizzare queste dime in modo da non avere problemi in fase di installazione.
Tubi e componenti in fibra di carbonio: dal semilavorato al prodotto finito
Nello stabilimento di Podpeč vengono prodotti i tubi e le componenti in fibra di carbonio. Qui arriva la materia prima, ovvero le lamine che vengono analizzate e piegate per poi divenire dei tubi. Da qui questi vengono poi trasferiti a Lubiana per essere piegati e tagliati, mentre le componenti in fibra di carbonio legate al solo scarico verranno, sempre a Lubiana, assemblate sullo stesso.
Ogni tubo viene marcato al laser con data di produzione e materiale utilizzato in modo da avere la tracciabilità completa del lotto di produzione. Dopo ogni step di lavorazione vengono poi effettuati dei nuovi controlli di qualità.
I collettori di scarico non presentano però sempre una sezione uniforme, ma molto spesso dei diametri differenziati. Questi vengono variati tramite l’impiego di una pressa idroformatrice, all’interno della quale viene fissato il tubo per poi far passare al suo interno dell’acqua in pressione (il cui valore può arrivare fino a 2.000 bar) in modo da far prendere a questo la forma dello stampo, permettendo così la differenziazione dei diametri.
“I tubi una volta tagliati vengono poi saldati, ed alcune macchine di saldatura necessarie al processo di lavorazione sono dalla stessa Akrapovic state autocostruite in quanto non esistevano sul mercato, mentre molte delle saldature effettuate vengono realizzate con il laser”
I tubi una volta tagliati vengono poi saldati, ed alcune macchine di saldatura necessarie al processo di lavorazione sono dalla stessa Akrapovic state autocostruite in quanto non esistevano sul mercato, mentre molte delle saldature effettuate vengono realizzate con il laser (tramite un processo denominato "orbitale").
Come nascono le componenti in titanio
Le componenti realizzate in titanio nascono all’interno di una fonderia (caratterizzata da un ambiente bianco e pulito che va quasi a ricordare da vicino quello di un laboratorio aerospaziale per l’assemblaggio dei satelliti artificiali) operativa dal 2009. Questa è stata costruita per poter realizzare delle parti che con altri processi di lavorazione sarebbero altrimenti stati impossibili da ottenere. Prima tali componenti venivano realizzate per saldatura, ma la differenza con quelle ottenute tramite fusione è abissale.
Le parti fuse vengono così realizzate: viene prima costruito un modello in cera, il quale viene poi montato su un albero (ove vengono inserite dalle 20 alle 40 unità a seconda dell’articolo che si deve realizzare). Il modello in cera viene poi ricoperto di ceramica. Al termine del processo si ottiene una conchiglia realizzata in quest’ultimo materiale, che presenta al suo interno la base in cera.
Questo insieme viene poi inserito in un forno nel quale la cera viene fusa (stampo a cera persa), ottenendo così lo stampo al cui interno verrà poi colato il titanio, che viene liquefatto ad una temperatura di 1.700°. Tolto poi lo stampo in ceramica si ottiene quindi il pezzo finito. Il processo intero dura circa due settimane: i bagni di cera sono tre e vengono cotti in altrettanti diversi forni, dopodiché si cuoce il tutto in un forno sottovuoto (simile alle autoclavi impiegate per la realizzazione della fibra di carbonio), al che si estrae - rompendo gli stampi in cera - il pezzo finito, che deve subire ancora una lavorazione estetica, ovvero la sabbiatura.
Dato che la fonderia in titanio è molto onerosa, per ammortizzare questo costo al suo interno vengono realizzate alcune componenti anche per settori non legati al ramo automobilistico o motociclistico e che non hanno a che vedere con gli impianti di scarico, come quello medico o aeronautico, oppure vengono realizzate delle componenti per conto terzi, come le pedane delle moto KTM.
Non solo titanio
Naturalmente non esistono solo gli scarichi in titanio - che sono comunque il vero fiore all’occhiello della Casa slovena – ma anche quelli in acciaio inox, che nel ramo automobilistico si rivolgono al momento principalmente a Renault Clio, Volkswagen Golf e Abarth 500, che per ovvi motivi commerciali vengono realizzati in tale materiale onde contenere i costi di commercializzazione.
Ricerca e Sviluppo
A monte di tutto questo processo di lavorazione vi è il reparto R&D (Ricerca e Sviluppo), che lavora sui dati forniti dallo scanner 3D. Questo analizza infatti lo scarico originale con un occhio di riguardo per i punti di attacco e per le curve che i collettori devono effettuare o che devono essere evitate. Sul veicolo vengono posizionati dei marker, che permettono allo scanner 3D di analizzarli fornendo così la base progettuale.
Per il terminale è quasi sempre disponibile l'opzione carbonio o titanio. Una curiosità, sugli scarichi delle vetture premium la sonorità può essere variata tramite una valvola che può essere automatica (come lo è sulla nuova Porsche Boxster 981) o comandata manualmente via Bluetooth (ad esempio sulla BMW M5). In quest’ultimo caso viene montata una centralina all’interno del bagagliaio, la quale, tramite un interruttore collocato nell’abitacolo al posto dell'accendisigari, provvede ad aprire completamente il condotto: un po’ come avviene sulle moto quando si toglie il DB Killer.
Quali parametri analizzare e come
«Prima di sviluppare uno scarico nuovo decidiamo in un meeting cosa vogliamo sviluppare – precisa Mitja Reven dell’Ufficio Marketing - abbiamo una gamma di applicazioni piuttosto limitata e rivolta all'85% a vetture di alta gamma: ciò per le tempistiche che richiedono un processo di sviluppo lungo (da 6 a 8 mesi) e per le analisi di mercato che vengono effettuate per capire quali sono i modelli giusti su cui investire, perché il costo di un prototipo si aggira intorno ai 250.000 euro, per cui poi dopo ci devono essere anche le condizioni commerciali tali da giustificare la realizzazione dello stesso».
“Lo scarico viene analizzato in una galleria del vento, ove vengono effettuati i test della macchina originale, del prototipo e del prodotto finito. Questi vengono qui realizzati soprattutto per assicurarsi dell’uniformità delle condizioni ambientali”
Una volta realizzato il prototipo questo deve poi essere sviluppato, tramite una serie di passaggi, prima di arrivare alla produzione. Lo scarico viene così prima analizzato in una galleria del vento, ove vengono effettuati i test della macchina originale, del prototipo e del prodotto finito. Questi vengono qui realizzati soprattutto per assicurarsi dell’uniformità delle condizioni ambientali, poiché le performances dello scarico potrebbero essere influenzate da fattori esterni (come la temperatura ambientale) e fornire risultati diversi qualora la fase iniziale di sviluppo fosse effettuata su strada e non con parametri standardizzati.
In seguito a ciò vengono effettuati anche una serie di test su strada: lo scarico viene montato sulla vettura per dei test comparativi con lo scarico originale (che vengono effettuati coprendo più di 50.000 km). Qui viene nuovamente verificato il sound, sia tramite microfoni che mediante l’esperienza sensoriale degli ingegneri. Lo scarico arriverà in poi produzione solo quando si saranno ottenuti i parametri prefissati in termini di sonorità, leggerezza e performances.
Realtà in crescita
Questo il ciclo produttivo di uno scarico marchiato Akrapovic, un’azienda la cui crescita è testimoniata dall’imminente trasferimento ina uno stabilimento di dimensioni maggiori per poter soddisfare il costante incremento della domanda, che al momento viene ottemperato sfruttando tre turni da otto ore dal lunedì al sabato al fine di coprire l’intero arco temporale disponibile nella giornata.
Se infatti nel settore motociclistico il brand Akrapovic è già da tempo conosciuto, nel mercato auto rappresenta una realtà giovane, le cui previsioni di sviluppo sono notevoli. Come ha infatti precisato Marko Magdič, Area Sales Manager Car Division del marchio sloveno, il fatturato moto rappresenta il 70% del totale del fatturato Akrapovic, mentre quello auto il restante 30%. Entro 2/3 anni il livello dovrebbe bilanciarsi al 50 e 50 senza una diminuzione del fatturato moto. Come dire che se questo è solo l’inizio…