Ormai scomparso in Europa da anni ma rimasto vivo in Cina, ora la produzione del motore "a V in linea" cessa completamente. Era trasversale, ma non era unico al mondo...
In Europa eravamo già rassegnati alla sua scomparsa inesorabile, ma il motore Volkswagen VR6 in realtà era ancora vivo. È rimasto in commercio negli Stati Uniti fino all'anno scorso nel SUV di grandi dimensioni Atlas, ma soprattutto ha vissuto per tutto il tempo nel mercato cinese. O almeno fino ad oggi, perché ora la produzione è cessatacompletamente anche qui, segnando la fine di questo motore così speciale.
Per molti appassionati, il VR6 è stato un capolavoro di ingegneria. Non solo come progetto a sé ma anche e soprattutto per tutti i progetti successivi che ha ispirato con la sua nascita, voluta come soluzione originale per montare un motore a 6 cilindri in posizione trasversale nel cofano di una vettura compatta a trazione anteriore. Una soluzione con Pro e Contro, che altri marchi - fra cui soprattutto Alfa Romeo con la 147 GTA V6 - non hanno voluto percorrere per ottenere lo stesso risultato. Ma è davvero così? Ripercorriamo un po' di storia e analizziamo la tecnica alla base di questa disposizione dei cilindri.
La "testa stretta" tornò in vita
Partiamo dal nome: non "V6", ma "VR6". La sua nomenclatura indica che si tratta di un 6 cilindri disposti a "V", ma all'interno della stessa bancata e coperti da un'unica testata - la cosiddetta "Testa stretta". E quella del VR6 era effettivamente molto stretta: l'angolo fra le bancate era di 15° originariamente, arrivando poi fino a 10,6° nelle iterazioni più recenti.
L'idea alla base è di disassare i pistoni disposti in linea, per poterne inserire un numero maggiore rispetto alla lunghezza complessiva di un propulsore tipico con cilindri lineari. In questo modo, un motore grande come un quattro cilindri poteva contenerne 5 o 6 comodamente, e poteva essere montato su qualunque vettura compatta a motore trasversale progettata per ospitare propulsori "standard" a quattro pistoni - come, ad esempio, proprio la Volkswagen Golf... ma anche la Passat, la Corrado, o anche l'Audi TT. E la lista può continuare.
Gli appassionati di auto storiche lo sapranno già, ma questa non era un'idea originale pensata da Volkswagen. Ad esempio, la Lancia Fulvia HF degli Anni '70 disponeva già di un motore V4 a testa stretta: benché avesse due cilindri in meno del VR6, la base tecnica del motore a V integrato su un'unica bancata e coperti da un'unica testata era la stessa.
Volkswagen però riprese questa tecnica progettuale e ne creò un vero e proprio universo: dall'idea del VR6 sono poi nate numerose varianti ed evoluzioni, alcune delle quali giunte fino ai giorni nostri e tutt'ora presenti sul mercato. Ne sono un esempio le evoluzioni che portarono la cilindrata prima da 2.8L a 3.2L poi fino a 3.6L, così come le potenze che passarono da 174 CV fino a 300 CV, o ancora le varianti chiamate VR5 - montate ad esempio sulla Golf IV - che come suggerisce il nome sfruttavano la stessa filosofia ma integrando solo cinque cilindri.
E non va dimenticato il maestoso motore W16 montato sulle Bugatti dalla Veyron in poi: le due bancate principali di questo motore sono in realtà due V8 a testa stretta. In altre parole e semplificando molto, sono due motori VR8 agganciati a un unico albero motore centrale.
Vantaggi della testa stretta
Volkswagen non ha agito casualmente quando ha optato per un motore a testa stretta, anziché per un V6 tradizionale. Il VR6, infatti, godeva di una lista di vantaggi - produttivi e di perfomance - intriganti per l'epoca:
Compattezza: Grazie alla disposizione a bancata singola e al ridotto angolo tra i cilindri, il VR6 è fisicamente più stretto e meno ingombrante di un V6 tradizionale. Ciò ha permesso a Volkswagen di installarlo trasversalmente, ottimizzando lo spazio nei veicoli a trazione anteriore, dove un V6 classico sarebbe stato difficile da integrare senza modifiche significative alle piattaforme.
Versatilità: Potendo contare sulla massima compatibilità con i layout pre-esistenti, il Gruppo VW ha potuto crearne varianti a cinque e sei cilindri di varia cilindrata, e montarlo su più vetture che andavano dalle compatte (come Golf e Corrado) fino anche alle premium di alto livello (come la Porsche Cayenne).
Semplicità costruttiva: Con una sola testata, il VR6 è tecnicamente più semplice di un V6 a doppia bancata. Questo implica minori costi di produzione, manutenzione e complessità tecnica.
Affidabilità: Sempre per la questione della semplicità costruttiva, la presenza di un'unica bancata riduce il numero di componenti soggette a usura e a necessità di manutenzione, garantendo una migliore affidabilità e longevità per essere un motore catalogato come "V6".
Efficienza e coppia: Il VR6 è apprezzato per la sua capacità di erogare coppia in modo fluido a bassi e medi regimi, un comportamento che lo rende adatto sia per vetture sportive che per quelle più orientate al comfort ma con necessità di prestazioni solide.
Raffinatezza e identità: La conformazione particolare di questo motore lo rende unico e riconoscibile, soprattutto in termini di sonorità. Il VR6 è diventato un simbolo distintivo per Volkswagen, un tratto di unicità che nessun altro produttore ha replicato, rafforzando il brand e differenziandolo nel mercato.
Ha anche dei difetti
Come sempre, la panacea non esiste. Dunque, anche la conformazione a testa stretta del VR6 soffre di alcune criticità rispetto a un tradizionale motore V6:
Equilibratura: La configurazione del VR6 non è idealmente equilibrata come quella di un V6 tradizionale (con angolo standard di 60° o 90°) o di un 4 cilindri in linea. Questo può causare vibrazioni più evidenti, anche se Volkswagen ha fatto un buon lavoro nell’affinarlo in generale per ridurre il problema al minimo.
Gestione termica generale: Questo è uno dei punti più critici. Il motore VR6 ha una disposizione angolata delle linee dei cilindri, che può influenzare il flusso del liquido refrigerante all'interno del motore. In alcuni casi, questo ha portato a una distribuzione non perfettamente equilibrata della temperatura tra i vari cilindri. In particolare, i cilindri situati in una delle due linee potrebbero essere più caldi rispetto a quelli nell'altra, con il rischio di danni a lungo termine a causa di surriscaldamenti localizzati.
Surriscaldamento parziale: Un altro problema che può verificarsi nel VR6 riguarda il surriscaldamento dei cilindri nella zona posteriore. Essendo il motore più compatto, dunque con il comparto termico e i flussi di aria e liquido refrigerante più concentrati, alcuni cilindri potrebbero non raffreddarsi in modo uniforme. Questo può risultare in un aumento della temperatura nella zona posteriore del motore, portando a problemi di affidabilità o addirittura a danni a lungo termine, come la rottura della guarnizione della testa o il grippaggio di un pistone.
Semplice, non semplicissimo: Sebbene il VR6 sia più compatto e meno complesso di un V6 tradizionale, è comunque più sofisticato e costoso da produrre rispetto a un motore a 4 cilindri, che è generalmente più economico e semplice.
Manutenzione: Qui vale lo stesso discorso. Essendo un motore relativamente speciale e più complesso, le riparazioni e la manutenzione possono risultare più costose rispetto a un motore più semplice, come il 4 cilindri standard. Inoltre, in alcune versioni più antiquate, sono stati segnalati alcuni problemi con la catena di distribuzione e con il sistema di raffreddamento.
Serviva davvero una testa stretta?
La domanda sorge spontanea, perché a ben pensarci la testa stretta era già ben nota in Italia fin dagli Anni '70, eppure Alfa Romeo non ha avuto dubbi e per la sua 147 GTA ha posizionato nel vano motore il leggendario V6 Busso 3.2L, con due bancate distinte e angolo aperto di 60° anziché un testa stretta. E questo, a fronte di minor compattezza e consumi un po' superiori, aveva i suoi vantaggi:
Sonorità e carattere: Il V6 Busso è noto per il suo suono melodico e distintivo, un aspetto divenuto parte dell’identità Alfa Romeo. La sonorità è uno degli elementi che ha creato un legame emotivo tra il motore e gli appassionati.
Equilibrio: La disposizione delle bancate a 60° del Busso offre un buon equilibrio meccanico, riducendo le vibrazioni e migliorando la fluidità di funzionamento rispetto al VR6.
Prestazioni: Nonostante un'erogazione più "lenta" rispetto ad altri motori più moderni, il V6 Busso ha sempre avuto una buona erogazione di coppia ai medi regimi, contribuendo a garantire emozioni di guida di un certo livello.
Elaborazione: La conformazione classica di un V6 tradizionale permette di modificare facilmente le componenti per migliorare le prestazioni del motore. Questo non era così semplice da fare con il VR6, che per la sua forma obbligava a trovare soluzioni alternative per modificare i flussi di aspirazione e di scarico, talvolta anche con alcune rinunce o compromessi.
Dare a Cesare quel che è di Cesare...
Bisogna dire la verità, Alfa Romeo ha voluto garantire alla sua 147 GTA il motore V6 Busso già solo per tradizione, ma questo ha costretto gli ingegneri ad effettuare modifiche significative alla piattaforma per garantire un buon risultato. Nella fattispecie, ad esempio:
Spazio nel vano motore: Alfa Romeo ha lavorato all'ottimizzazione del layout del vano motore per alloggiare il Busso in maniera corretta, bilanciando bene il peso e la dinamica della vettura, a fronte dell'inerzia causata da un 3.2L V6 caricato sulle ruote anteriori - quelle con il doppio compito di trazione e sterzo.
Modifiche a sospensioni e telaio: L'adozione del V6 ha richiesto rinforzi alla struttura del telaio, modifiche ai supporti del motore e una revisione delle sospensioni per gestire il peso extra del motore. Questo ha permesso alla 147 GTA di mantenere una buona dinamica di guida nonostante il motore più pesante rispetto a quello a 4 cilindri.
L'idea di Alfa Romeo, dunque, era quella di offrire una vettura FWD sportiva di nicchia, specificamente orientata alle prestazioni e al coinvolgimento di guida. Di conseguenza, le modifiche alla vettura base - e i relativi costi produttivi - erano giustificati dal posizionamento che volevano dare alla 147 GTA.
Per il motore VR6, invece, il discorso è diverso: va immaginato come un propulsore versatile - un po' come oggi vediamo il 2.0 TDI ma con l'obiettivo diverso di garantire buone prestazioni e coinvolgimento più sportivo - capace di fornire quest'anima a una serie di vetture diverse piuttosto che a un singolo modello (o comunque a poche varianti di esso).
In questo senso, non c'era spazio per giustificare eventuali modifiche significative al telaio. Motivo per cui il layout delle piattaforme VW dotate di VR6 quasi non venne toccato, le sospensioni rimasero sostanzialmente le stesse e il motore fosse, in qualche modo, una sorta di Plug-&-Play per quelle vetture che fino a quel momento godevano solo di motori standard a quattro cilindri. Il che, comunque, rimane tecnicamente un gran risultato.
Accetta i cookie e naviga gratuitamente con la pubblicità
Abbonati per navigare senza pubblicità
Disdici quando vuoi
%{banner_content}
Abbiamo notato che stai usando uno strumento che blocca gli annunci pubblicitari
Disattiva l'Ad Blocker e naviga gratuitamente
Dopo aver disattivato l'Ad Blocker
Abbonati per navigare senza pubblicità
Disdici quando vuoi
Come disattivare l'Ad Blocker
Fai clic sull'icona dell'estensione per il blocco annunci installata sul tuo
browser. In genere l'icona si trova nell'angolo in alto a destra dello schermo. Potrebbero
essere installati più blocchi annunci.
Segui le istruzioni per disattivare il blocco annunci sul sito.
Potresti dover selezionare un'opzione del menu o fare clic su un pulsante.
Aggiorna la pagina seguendo le istruzioni o facendo clic sul pulsante
"Aggiorna" o "Ricarica" del browser.