Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su info@moto.it
Il primo dei tre giorni di Automotive Dealer Day 2018, a Verona, si chiude con una parte di incontri utili alle reti distributive auto già messi in archivio, sono una decina, quelli delle associazioni e delle Case per i propri dealer, ma anche quelli con dei numeri molto interessanti da divulgare a tutto il pubblico, come portati da UNRAE. Numeri su cui riflettere non solo se si lavora nella filiera automotive e che vi sintetizziamo qui a seguire. Se serve poi un consiglio tecnico, quando vendere auto non è più così facile? No problem: Il numero uno delle soluzioni per questioni “elettroniche” Salvatore Aranzulla, ha portato la propria esperienza di successo come spunto per i dealer italiani, nell’era dove le auto si vendono e soprattutto si fanno conoscere online, addirittura, propone qualcuno qui a Verona, anche solo chattando via WhatsApp.
UNRAE, l’Associazione delle Case automobilistiche estere, ha presentato una “strategia” per il futuro della mobilità, partendo da numeri certi e capaci di smentire certe teorie diffuse nell’ultimo periodo solo dalle chiacchiere. Censis e CNR mostrano ricerche che non demonizzano il motore diesel o l’auto come è oggi, pur pensando alla mobilità degli anni Trenta che sarà tanto diversa, nelle grandi città. L'Istituto Motori del CNR ha presentato una ricerca in materia di emissioni, analizzando i possibili scenari: le tecnologie motoristiche in sviluppo, saranno in grado di proiettare i motori convenzionali a un livello d’inquinamento praticamente trascurabile e il motore a combustione interna resta strategico, anche verso "CO2 Neutral". I ricercatori del CNR hanno sostenuto, infine, che l'introduzione piena delle nuove normative RDE annullerà gli effetti riscontrati nell’applicazione delle precedenti normative e la coesistenza delle differenti tecnologie. Nel medio lungo termine, saranno fondamentali le sinergie tra i vari sistemi.
Se è vero che il numero complessivo degli “spostamenti” si è ridotto del 20% in dieci anni, è però aumentata la “popolazione mobile”, ossia coloro che almeno una volta al giorno si spostano. Dopo il picco negativo del 2012, si è assistito a una ripresa fino all’83,6% del 2016, un tasso di mobilità che cresce nei grandi comuni. Si è anche interrotto il ciclo di allungamento della distanza media percorsa, scesa agli attuali 11,6 km. Nei perimetri urbani, lo spostamento medio è circa 4 km. Cresce la componente “erratica” ovvero gli spostamenti per studio e lavoro sono meno del 50% di quelli extra-urbani e circa il 30% di quelli urbani. Rimane forte l’interesse per il “bene auto” testimoniato dall’accresciuto volume di immatricolazioni (1.970mila nel 2017) e anche trasferimenti vetture usate (2,7 milioni nel 2016). Il 65,3% degli spostamenti avvengono oggi in auto e i lavoratori italiani si spostano prevalentemente in auto (68,9% degli occupati).
I dati esposti a Verona mostrano pochi cambiamenti sul fronte della mobilità collettiva, se si esclude l’alta velocità ferroviaria, al centro nord. Il trasporto pubblico locale (TPL) è lontano dagli standard europei e sottodimensionato. Solo Milano intercetta con il TPL una quota interessante di mobilità urbana, il 57%, che però si ridimensiona molto considerando gli spostamenti tra comuni dell’area metropolitana. Pesa la mancanza di investimenti costanti e programmati sulle linee metropolitane e sul parco autobus: le metropolitane di Milano, Roma, Napoli e Torino trasportano complessivamente 884 milioni di passeggeri/anno, poco più della metà dei passeggeri di Londra, o di Parigi. L’età media degli autobus italiani è di 11,4 anni (Germania 6,9, Regno Unito 7,6, Francia 7,8, Spagna 8). Il livello di gradimento per il servizio è molto inferiore ai valori europei (tra 80% e 90%): Bologna 65%, Torino 63%, Napoli 33% Roma 30%, Palermo addirittura 14%. Il TPL nelle città medie è quasi irrilevante (copre il 12% della domanda) e nella gran parte delle piccole spesso non esiste (4-5% della domanda).
Gli scenari della mobilità sono attraversati da numerosi fattori di discontinuità, come costantemente vi raccontiamo sulle nostre pagine. Si evolve la normativa di riferimento, con obiettivi sempre più ambiziosi, l’auto è sempre più integrata e “dialogante”. Si evolve anche la domanda e in questo almeno, l’Italia è ai vertici in Europa per immatricolazione di veicoli ad “alimentazione non tradizionale”. Sommando le vetture ibride, a GPL, metano ed elettriche si arriva all’11,7% dell’immatricolato. Gli italiani che dichiarano un forte interesse per le auto ibride ed elettriche sono il 65,1% (sotto i 34 anni di età questa quota sale al 78,3%). Infine anche la forma di utilizzo e possesso: le immatricolazioni a noleggio sfiorano il 22%, cresce il car sharing e la domanda potenziale verso questa modalità di accesso, con il 38,5% degli italiani “interessati” (55,8% tra i minori di 34 anni d’età).
Arriviamo al punto cui UNRAE tiene molto, come Michele Crisi ha spiegato ai nostri microfoni. L’evoluzione normativa punta a una decarbonizzazione e il trasporto passeggeri su strada è un “osservato speciale” che però incide in Italia solo per il 18,6% delle emissioni di CO2. La motorizzazione privata è anche il settore dove sono stati compiuti i maggiori sforzi e ottenuti i maggiori miglioramenti, tali per cui si scoraggiano ulteriori tentativi. Per ridurre ulteriormente le emissioni delle auto, è necessaria una sostituzione con veicoli a diversa propulsione. Un processo lungo, intenso e per cui non basta l’“ostracismo” delle amministrazioni locali, quando le vetture diesel rappresentano tutt’ora il 56,4% dell’immatricolato. Piuttosto il parco auto italiano è tra i più obsoleti d’Europa e l’età media tende a crescere (7,9 anni nel 2008 e oggi 10,9). 7,6 milioni di vetture omologate Euro 0, 1, 2 a cui si aggiungono i 5,7 milioni di Euro 3. UNRAE ci ricorda allora come sia paradossale dibattere di “uscita dal diesel” senza considerare che sostituendo questi veicoli con moderni Euro 6 o Euro 5, si otterrebbe una drastica riduzione delle emissioni.
Il Paese ha forti difficoltà a investire in infrastrutture tradizionali (strade, parcheggi di scambio, manutenzione) e non ci sono segnali concreti di voler investire in nuove infrastrutture a supporto di nuove forme di mobilità. Lo attesta il consumo di asfalto (22 milioni di tonnellate/anno) dimezzato rispetto al periodo pre-crisi e lo attesta il ritardo nella realizzazione di punti di ricarica per auto elettriche, ad oggi circa 2.700, in pratica un decimo della disponibilità tedesca.
L’Italia ha bisogno di chiarezza sui problemi in essere, che tracci il percorso da seguire nei prossimi anni. L’”Agenda” di UNRAE vuole introdurre elementi di chiarezza sulla questione emissiva, definire un percorso di accompagnamento nel passaggio dal sistema di mobilità attuale a quello prefigurato dai regolamenti europei, capitalizzare l’interesse degli italiani verso le innovazioni, prevedere le infrastrutture necessarie, promuovere una visione ordinata delle forme alternative e innovative di mobilità emergenti. Programmare la riduzione della vetustà attuale del parco circolante. Affrontare la questione del diesel in modo progressivo distinguendo nettamente tra vetture e vetture che offrono ottime performance emissive (Euro 5, Euro 6); coordinare e armonizzare le misure adottate a livello locale che hanno impatto sulla circolazione; promuovere un concetto di “mobilità come servizio” che superi la rigida distinzione oggi in essere tra trasporto privato e collettivo. Da un lato ragionando sempre in chiave intermodale per lo sviluppo del trasporto pubblico, dall’altro promuovendo tutte le tecnologie e i meccanismi abilitanti oggi disponibili. Istituire infine una “Cabina di regia” che accompagni la transizione, monitorando in maniera uniforme le problematiche correlate ai fenomeni dell’inquinamento ambientale e dell’incidentalità stradale e coordinando i necessari interventi.