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I costruttori europei riuniti nell'Acea criticano la UE sul tema del nuovo standard Euro 7, giudicandolo, in estrema sintesi, una mossa troppo azzardata che costerebbe troppo in termini economici all'industria ed apporterebbe benefici limitati.
«Le analisi fin qui effettuate suggeriscono che la sostituzione dei veicoli più vecchi con nuovi veicoli Euro 6d ed Euro VI-E - insieme alla crescente diffusione di veicoli a emissioni zero (che potrebbe anche accelerare ulteriormente a causa del Green Deal europeo e della revisione dei regolamenti sulla CO2) - mostra risultati molto promettenti, e anche gli scenari Euro 7 più severi farebbero apportare solo benefici marginali», si legge nell'ultimo “position paper” dell'associazione.
Pur accogliendo con favore il salto tecnologico imposto da Bruxelles, l'insieme dei costruttori europei si dice scettico sul processo di definizione dei nuovi standard, sollevando dubbi anche sul nuovo processo di misurazione delle emissioni: si va dai margini di tolleranza dei sistemi PEMS (i dispositivi utilizzati per il misuramento delle emissioni nocive nei test RDE in condizioni reali), che ad oggi ammettono uno scarto di 2,1 volte e di 1,43 dal 2021, alla complessità della legislazione, fino alla proporzionalità delle misure rispetto alle esigenze di decarbonizzazione, che per Acea è sbilanciata.
Chiedendo che le proprie osservazioni siano tenute in considerazione in sede europea, l'Acea avverte: «Cambiamenti troppo drastici e sproporzionati alle regole potrebbero mettere in pericolo la redditività economica interna dell'industria e isolare l'UE. Ciò potrebbe essere gravemente dannoso per l'industria dell'Unione Europea che dovrebbe progettare prodotti specifici e inadatti ad altri mercati. Potrebbero anche avere un effetto negativo sull'ambiente, poiché costruttori di altri paesi potrebbero anche smettere di seguire le normative UE».