Accordo UE – Giappone: rischio licenziamenti o grande opportunità?

Accordo UE – Giappone: rischio licenziamenti o grande opportunità?
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Luci e ombre sull’accordo tra l’Unione Europea ed il Giappone. Da una parte si potrebbero rischiare dai 35 ai 75.000 posti di lavoro, mentre dall’altra per l’UE potrebbe valere 42 miliardi di euro all'anno ed una crescita del Pil
30 novembre 2012

Un accordo di libero scambio tra l’Unione Europea ed il Giappone potrebbe causare la perdita nel Vecchio Continente di circa 35-73.000 posti di lavoro nel settore dell'auto: questo l'allarme lanciato dall'Associazione europea dei costruttori, l’Acea, dopo il via libera del Consiglio dei Ministri UE all'avvio dei negoziati con Tokyo.

«Studi indipendenti - sottolinea in una nota Ivan Hodac, segretario generale dell'associazione presieduta da Sergio Marchionne - hanno dimostrato che un accordo di libero scambio con il Giappone sarebbe, per l'industria europea dell'auto, «una strada a senso unico, ovvero avvantaggerebbe solo l'industria nipponica.»

«Un'esperienza che abbiamo già fatto con un'analoga intesa con la Corea del Sud entrata in vigore un anno fa. Non ci sono giustificazioni - ha aggiunto Hodac - per esporre l'industria europea, uno dei principali pilastri dell'economia UE, a un nuovo accordo squilibrato con uno dei nostri principali concorrenti. E' arrivato il momento che l'Unione passi dalle parole ai fatti per difendere maggiormente la sue industrie.»

Uno dei punti cruciali dei negoziati, secondo l'Acea, deve essere l'effettiva eliminazione della barriere non tariffarie all'import di auto esistenti in Giappone senza che esse vengano sostituite da altri accorgimenti protezionistici. Per questo l'Associazione chiede alla Commissione Europea, al Parlamento e ai Paesi membri di vigilare sull'effettivo conseguimento di passi in avanti su questo fronte e, se necessario, essere pronti a bloccare i negoziati.

Uno dei punti cruciali dei negoziati, secondo l'Acea, deve essere l'effettiva eliminazione della barriere non tariffarie all'import di auto esistenti in Giappone senza che esse vengano sostituite da altri accorgimenti protezionistici


In base a uno studio condotto dalla società di consulenza Deloitte per conto dell'Acea, l'aumento delle importazioni dal Giappone - stimato in 443 mila unità entro il 2020 - non sarebbe compensato da quello delle esportazioni europee verso il Paese del Sol Levante, valutate in appena 7800 unità in più. La conseguente riduzione della produzione in Europa rischia di far perdere il posto 35/75.000 persone.

Secondo le stime UE, l'accordo di libero scambio col Giappone potrebbe valere per l'Europa circa 42 miliardi di euro all'anno, e farle guadagnare in termini di crescita 0,8% punti di Pil. Aumenterebbero inoltre gli export europei del 32,7%, mentre quelli giapponesi in UE salirebbero del 23,5%.

L'accordo farebbe anche bene all'occupazione poiché andrebbe a creare circa 400.000 posti di lavoro. Ma l'idea non è unanime in seno al Consiglio, soprattutto per gli effetti negativi che lamentano le industrie dell'auto, che già avevano accusato perdite con l'accordo di libero scambio con la Corea del Sud entrato in vigore a luglio 2011.

«Dobbiamo sapere se l'accordo di libero scambio con la Corea del Sud sta dando tutti i benefici che tutti avevano previsto nel momento in cui l'abbiamo firmato, questa è una buona cosa da fare anche dopo la sua applicazione ed è un ottimo campanello d'allarme per il Giappone», aveva dichiarato l'Amministratore Delegato di Fiat Sergio Marchionne lo scorso giugno.
 

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