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Dopo poco più di vent’anni, si chiude l’esperienza della privatizzazione per Autostrade: un arco di tempo nel quale si è scoperto che gli interessi dei singoli possono prevalere su quelli collettivi, soprattutto se i contratti non vengono resi pubblici nel dettaglio e contengono norme coperte dal segreto.
C’è voluta una tragedia come quella del Ponte Morandi per rivelare quello che era sotto l’occhio di tutti: e così, dopo una trattativa compiuta senza il pudore per le vittime, ed ovviamente prevedendo una congrua buonuscita per i Benetton, il consorzio guidato da Cassa Depositi e Prestiti, controllata dal Tesoro, ha raggiunto l'accordo con Atlantia per l'acquisizione dell'88,06% del pacchetto azionario di Autostrade per l'Italia.
L’cquisizione è avvenuta attraverso HRA (Holding Reti Autostradali), nuova società di diritto italianodi proprietà di CDP Equity (51%), Blackstone Infrastructure Partners (24,5%) e fondi gestiti da Macquarie Asset Management (24,5%).
In cambio, ad Atlantia sono andati otto miliardi di euro, più che sufficienti a ripianare il debito (valutato in circa cinque miliardi): un avanzo di cassa che farà felici gli eredi Benetton (qualora ne avessero ancora bisogno) per almeno un paio di generazioni.
Tecnicamente l'acquisizione sarà completata nei prossimi mesi, dopo aver soddisfatto le condizioni previste per il closing e ricevuto i necessari nulla osta da parte delle Autorità competenti.
I principali obiettivi del Consorzio saranno la realizzazione di un importante piano di investimenti su tutta la rete autostradale di Aspi, per agevolare digitalizzazione ed innovazione e migliorare l'efficienza dei programmi di manutenzione dell'infrastruttura, per garantire i massimi livelli di sicurezza agli utenti.