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“Quando devo disegnare una nuova vettura, parto sempre da un dettaglio”. “La mia auto più bella? La Audi 5”. “Auto elettriche? Per molto tempo ancora saranno vetture urbane essenziali, con dimensioni e prestazioni ridotte, che lasciano poco spazio al designer, simili fra loro, come gli elettrodomestici”.
Queste alcune delle decise e precise risposte che Walter De Silva ha regalato sabato scorso ai versiliesi accorsi nel chiostro di Sant’Agostino a Pietrasanta (Lucca) per la cerimonia di consegna del premio intitolato a Barsanti e Matteucci, gli inventori del motore a scoppio brevettato nel 1853. Il primo, Nicolò Barsanti, nato a Pietrasanta, padre scolopio; il secondo Felice Matteucci, ingegnere di Lucca. Assieme progettarono e costruirono quello che viene considerato il primo motore a combustione interna. Era alimentato a idrogeno e non aveva bielle, ma una cremagliera esterna. Lo brevettarono in Inghilterra, ma non aveva grandi aziende alle spalle e non ebbe il seguito industriale che meritava e che ora il premio internazionale intende riconoscere. Una sua copia è presente al museo dedicato ai due inventori, a Pietrasanta.
Ma torniamo a De Silva, diciottesimo personaggio a essere insignito di questo premio, fortemente voluto dall’amministrazione comunale e dal Rotary della Versilia. A consegnarlo è stato Stefano Iacoponi, presidente del Centro Ricerche Fiat, già insignito del premio, che ha tracciato con delicatezza la carriera artistica di De Silva, i suoi successi, la aziende e gli uomini con i quali ha collaborato, i capolavori le cui linee e i cui dettagli hanno conquistato gli appassionati di tutto il mondo.: dall’Alfa 156 alla 147, alle Seat Leon, Salsa, Toledo e Ibiza. Fino al “Single Frame” delle Audi, la calandra anteriore che scende sotto al paraurti e in breve tempo è diventato il segno di riconoscimento, il family feeling di tutte le Audi. Per non parlare della VW “Up” e di tutte le ultime versioni del gruppo di Wolfsburg.
Oggi Walter disegna elegantissime scarpe femminili, alta moda con soluzioni tecnologiche, divertimento che ha collegato a una tradizione di famiglia: i suoi nonni, di Lecco, producevano scarpe. Ma Walter non ha abbandonato l’auto: collabora con alcuni marchi cinesi a sollevare i contenuti stilistici di una industria che guarda all’Europa come un mito. E De Silva lo incarna a perfezione.
La cerimonia è stata arricchita da una performance singolare: è stato chiesto al designer di disegnare, a memoria, su un foglio bianco, con la matita, una delle sue Alfa Romeo. Lo ha fatto in dieci minuti, raccontando il perché di ogni tratto: in sala non volava una mosca, sembrava che ricalcasse un disegno già fatto, tanto erano precise e stupefacenti le linee che la telecamera riproponeva su un grande schermo.
Al termine dell’incontro Paolo Massai, ingegnere e giornalista, già responsabile tecnico Alfa Romeo, e il vostro cronista hanno avuto il privilegio di intervistare Walter e di fargli raccontare al pubblico gli inediti della sua carriera.
Ed ecco alcuni brani dell’intervista.
De Vita
Walter, ti ho incontrato la prima volta quando avevi 27 anni ed eri entrato da poco nell’I.De.A Institute di Torino, un centro di design fondato dall’ing. Mantegazza, già presidente della Fiat Brasile, che lavorava a progetti della Casa torinese. Allora ti occupavi del VSS, un prototipo di auto anticonvenzionale, progettato assieme all’architetto Renzo Piano. Ricordo che lamentavi la poca libertà che le grandi Case lasciavano ai designer quando nasceva un nuovo modello. Libertà condizionata dalle dimensioni imposte, dai costi, dalle economie di scala, dalla tradizione costruttiva, dalle dinamiche aziendali. Oggi lavori per Case cinesi: la libertà di cui godi è maggiore o minore di quella che ti lasciavano le Case europee?
De Silva
La libertà di cui godiamo, o se volete i vincoli che ci vengono imposti, cambiano di volta in volta e dipendono dal tipo di modello, più o meno innovativo. Tuttavia, la libertà del designer dipende soprattutto dallo spazio che si è conquistato con la sua creatività. La creatività è la base essenziale attorno alla quale ruota la sua attività e si sviluppa la sua capacità. Saper innovare, saper inventare, disegnare quello che non c’era, magari ispirandosi al passato, con uno stile nuovo. Non per nulla io parto sempre da un dettaglio, da un particolare, attorno al quale costruisco poi l’intera vettura. I cinesi ci ammirano, hanno programmi molto ambiziosi
De Vita
In un convegno della Domus Academy, a Milano, nel 1987 - eri appena entrato nell’Alfa -, hai disegnato in diretta quella che poi sarebbe diventata la 147. E rimasi stupito, tanto erano precisi, definiti e perfetti i tratti di matita. Esattamente come hai fatto oggi. Poi nel 1997, in Spagna, quando eri a capo del centro stile della Seat, mi hai rivelato che ogni tuo modello reca da qualche parte una tua firma. Quale?
De Silva
A volte è una linea continua sulla fiancata, una scalfittura o un piccolo diedro che rinforza la lamiera. A volte è una maniglia, magari una maniglia che non c’è, come avvenne per la 147. Una quattro porte ove mancava la maniglia alla porta posteriore, come dimenticata. E invece, quasi invisibile, trovava una nuova posizione, nella cornice del finestrino.
De Vita
Visto che in un chilo di batterie al litio si riesce a immagazzinare solo un trentesimo dell’energia contenuta in un kg di benzina, ritengo che il filone che si affermerà per le auto elettriche è quello delle auto urbane: piccole dimensioni, velocità limitata, poca aerodinamica, due posti, car sharing, quale caratteristica estetica innovativa prefiguri?
De Silva
Assenza di radiatore principale, minor ingombro del gruppo propulsivo, ma anche pianale che nasconde il pacco batterie: sono caratteristiche che vincoleranno il progetto e renderanno uniformi e molto simili i risultati.
De Vita
Interni delle auto connesse: non ti piacciono tanti display sul cruscotto. Auto a guida autonoma: salottini a quattro ruote, senza pedali, senza volante, senza autista, si va verso un esterno unificato, verso una forma dettata unicamente dalle funzioni, verso un elettrodomestico, per capirci?
De Silva
L’auto a guida autonoma non è dietro l’angolo, o se volete, esiste già: è il taxi. E quando le auto senza autista saranno una realtà, non chiamiamole auto-mobili, perché non sarà più divertente guidare, non susciteranno passioni, non ispireranno designer a scolpire vere statue in movimento, vere creazioni artistiche del 21mo secolo. Come molte delle auto che abbiamo visto sfilare ieri nella Mille Miglia, sulle strade della Versilia.