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Il 22 maggio del 1930 nasce a Torino in corso Trapani una carrozzeria dedita al confezionamento di “abiti” speciali per vetture di clienti facoltosi desiderosi di sfoggiare una fuoriserie. L’idea è di Battista Farina, detto “Pinin”.
Per il signor Farina le auto sono da tempo un affare di famiglia: il fratello maggiore Giovanni, papà di Nino Farina, aveva fondato già nel 1906 la Stabilimenti Farina, già partner di Fiat, Alfa Romeo, Lancia e Isotta-Fraschini, ma anche di Mercedes e Rolls-Royce che le commissionavano le carrozzerie per le loro auto.
Fu in quegli anni che Battista strinse un rapporto particolarmente stretto con Vincenzo Lancia, che alla fondazione della attuale Pininfarina si unì come socio. L’intenzione di Farina era soprattutto modernizzare processi produttivi e le stesse automobili dopo che all’inizio degli anni ‘20 si era recato negli Stati Uniti per assistere al boom di quel Paese. In quell’occasione conobbe anche Henry Ford, che lo invitò a lavorare per la sua azienda, ma “Pinin” preferì tornare in Piemonte per dar vita alla sua creatura dopo anni di apprendistato nello stabilimento di famiglia.
Col senno di poi, si può dire che, se “Pinin” fosse rimasto in America, l’Italia dell’auto molto probabilmente non avrebbe avuto quel prestigio che le viene internazionalmente riconosciuto e la stessa Ferrari forse non sarebbe la Casa leggendaria che è adesso.
Sono infatti oltre 100 le vetture del Cavallino nate dalle matite e dai martelli della carrozzeria piemontese, vere e proprie pietre miliari non solo della tecnica, ma anche del gusto estetico contemporaneo. A queste si aggiungono vetture di un gran numero di marchi, servitisi via via dell’estro di quella realtà che oggi dopo diverse vicissitudini è ancora un riferimento nel mondo industriale e, perché no, artistico.
Basti pensare che dal 1951 al MoMa di New York è esposta la Cisitalia 202 del 1948 disegnata e prodotta da Pininfarina, spartiacque tra il design automobilistico dell’anteguerra e i canoni stilistici che si sarebbero affermati e rimasti inderogabili ancora al giorno d’oggi. La Cisitalia 202 è stata la prima vettura al mondo a far parte della collezione permanente di un museo d’arte.
Con Vincenzo Lancia tra i soci, è naturale che le prime vetture con la “f” coronata fossero delle Lancia: tante le auto torinesi realizzate negli stabilimenti di Farina, tra cui la Lancia Aurelia B24S Spider del 1955 resa famosa da Vittorio Gassman in Il Sorpasso. Tra le Lancia-Pininfarina più famose e rivoluzionarie ci sono anche la Lancia Beta Montecarlo e la Lancia 037 da rally, ultima vettura a trazione posteriore a vincere un titolo iridato (nel 1983) prima dell’avvento delle 4WD.
anno in cui viene presentata al Salone di Ginevra, che rimane quasi invariato fino al termine della produzione nel 1993. Anche la Duetto diventa una star del cinema, grazie a Il Laureato di cui è protagonista un giovanissimo Dustin Hoffmann. E’ l’ultima vettura il cui sviluppo avvenne con Battista Pininfarina ancora in vita prima della sua scomparsa nel 1966.
Era l’erede della Alfa Romeo Giulietta Spider nata nel 1954, modello che con i suoi oltre 17.000 esemplari della versione Giulietta e i quasi 10.000 della versione Giulia è destinato a cambiare per sempre le sorti di Pininfarina.
Forse un po’ meno affascinante non essendo una sportiva tout court, ma di grandissimo successo è stata la Alfa Romeo 164, prima Alfa nata dal passaggio del Biscione alla Fiat, che negli anni ‘90 rappresentava la berlina sportiva all’italiana per eccellenza.
Un’altra spider destinata a passare alla storia è stata la Fiat 124 Sport Spider, scoperta molto popolare che, disegnata da Tom Tjaarda, puntava soprattutto al mercato nordamericano e che fu prodotta direttamente negli stabilimenti torinesi. Gli ultimi esemplari recavano infatti sul muso il simbolo di Pininfarina invece che quello Fiat.
Il rapporto tra gli Agnelli e i Farina risale a ben prima della fondazione della Pininfarina: fino agli anni ‘30 come carrozzeria, nel dopoguerra con l’avvento della motorizzazione di massa che negli anni ‘60 ha il suo boom. Coeva della 124 Spider è la Fiat Dino Spider che permise a Ferrari di partecipare alla Formula 2, che ammetteva solo motori derivati dalla serie.
Le Dino furono un sogno accessibile reso possibile dallo stretto rapporto che si era creato tra Torino e Maranello nel 1951 con l’incontro con il Drake in “territorio neutro” a Tortona. Da quell’incontro sarebbero nate un centinaio di Ferrari una più bella dell’altra. Sono state talmente tante che è difficile scegliere quale sia stata la più importante, ma sicuramente rappresentative di ogni rispettiva epoca sono state la Ferrari 250 SWB del 1960, la 250 GT Berlinetta Lusso del 1963, la Daytona del 1968, la “BB” del 1971, la 308 GTB del 1975, la Testarossa del 1984 e le indimenticabili “hypercar” F40 del 1987 ed Enzo del 2002.
Lo zampino della carrozzeria torinese c’è anche in alcune Maserati, soprattutto in tempi più recenti: come la Quattroporte del 2003, presentata al Salone di Francoforte.
Un po’ meno note sono state le realizzazioni di Pininfarina per Peugeot, come la 404, la 504 e successivamente 205 e 306 Cabriolet e la 406 Coupé che, non per caso, ricorda molto il design di alcune Ferrari.
Numerose sono comuqnue le collaborazioni con altri marchi non italiani, che datano dagli anni ‘50 come la Nash-Healey del 1951. Recano la firma italiana, tanto per citarle in ordine sparso, anche la Cadillac Allanté di fine anni ‘80, la Bentley Azure prima serie del 1985, la Jaguar XJ del 1979, le Ford StreetKa e Focus CC o la Volvo C70 del 2006. Alcune sono state proprio prodotte negli stabilimenti Pininfarina, che però qualche anno fa ha terminato la produzione conto terzi per via di una crisi aziendale risolta col passaggio agli indiani di Mahindra.
La “f” coronata continua comunque ad essere un riferimento internazionale quando si parla di design, nello spirito del suo fondatore, che già 90 anni fa aveva compreso che l’automobile era una faccenda globale.