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Si è conclusa la 92esima edizione della 24 Ore di Le Mans in 101 anni di storia. A vincere il quarto appuntamento stagionale del FIA Wolrd Endurance Championship è stata la Ferrari 499P numero #50 di Antonio Fuoco, Nicklas Nielsen e Miguel Molina. Seconda posizione per la Toyota numero #7 con Nyck De Vries, Kamui Kobayashi e José Maria Lopez che ha sostituito Mike Conway, infortunato a pochi giorni dalla partenza per Le Mans in bicicletta. Completano il podio overall Antonio Giovinazzi, Alessandro Pier Guidi e James Calado con l'altra Hypercar di Maranello, la numero #51, la vincitrice uscente. Automoto.it è stato presente in pista per tutta la durata della gara, fin dal venerdì mattina e questo è il racconto della nostra esperienza direttamente dal Circuit de la Sarthe con Toyota.
Le Mans è un qualcosa che è difficile da descrivere a parole. Si possono sentire e leggere tante storie, ma l'esperienza in pista è tutta un'altra cosa. Così si potrebbe riassumere questa 92esima edizione della 24 Ore del WEC. Arrivare in circuito e vedere centinaia di migliaia di persone già dal venerdì accampate nei vari parcheggi messi a disposizioni per tende e camper fa capire quanto sia grande la loro passione per il motorsport. Le basse temperature, il vento e la pioggia non hanno minimamente fatto cambiare i piani delle gente, rimasta imperterrita giorno e notte a seguire l'attività in pista e vivere le varie experience offerte dal Circuit de la Sarthe, dal parco giochi con ruota panoramica a concerti e chioschetti che offronto cibo locale e tanta birra.
Arrivare a Le Mans non è complicato, sia per chi arriva con la macchina che per chi, come noi, ha scelto di volare fino a Parigi per poi passare due orette in treno ad osservare il magnifico paesaggio del nord della Francia. Bisogna subito dire addio alle calde temperature italiane perchè qui è tutto un altro ambiete. Il clima è decisamente più freddo, con la pioggia che si alterna al bel tempo in pochissimi minuti, e il vento ha fatto da ciliegina sulla torta. Tutto sommato non è stato un male considerando quanto abbiamo camminato tra paddock, tribune ed hospitality. Quello che è fa più impressione, però, è che la notte arriva veramente tardi con la luce in cielo nonostante fossero quasi le 23:00.
La sveglia suona veramente molto presto quando bisogna andare in pista. Colazione veloce con croassant o pan au chocolat e si corre in direzione Circuit de la Sarthe per evitare il traffico che si trova già al mattino presto del venerdì. Prima tappa all'hospitality Toyota, si sonda il terreno ed inizia il vero e proprio lavoro di una giornalista inviata. Si mostra il pass ed inizia il viaggio nel paddock, un vero e proprio mondo che vive per conto suo, in parallelo con quello che accade al di fuori. Puoi trovarti piloti che sfrecciano sui monopattini o cinquantini (stavo per essere investita da Nielsen), meccanici che portano tutto l'occorrente nel box per ultimare la preparazione delle vetture, ma anche pezzi di macchine ancora smontate come alettoni anteriori o posteriori oppure i crew member che portano da bere agli addetti ai lavori lontani dalle hospitality. Il sogno di ogni appassionato di motorsport in poche parole. Dopo aver fatto un giretto nel paddock, abbiamo partecipato alle round table della Ferrari con gli equipaggi della #50, vincitrice di questa 24 Ore di Le Mans, e della #51, che ha trionfato lo scorso anno. La tensione era visibille sui volti di Giovinazzi, Calado e Pier Guidi che non volevano deludere le aspettative dei tifosi della Rossa dopo la straordinaria impresa dello scorso anno. Non hanno sicuramente deluso Fuoco, Molina e Nielsen che hanno trionfato in questa 92esima edizione. L'ottimismo c'era ma la certezza di poter portare a casa quel risultato al venerdì, soprattutto dopo l'hyperpole, era decisamente lontana.
La terza tappa di giornata del venerdì è stata nella saletta 104 della tribuna centrale. Tutto brandizzato Toyota con una decina di giornalisti da tutto il mondo in attesa degli equipaggi numero #7 di Jose Maria Lopez, in sostituzione di Mike Conway, Kamui Kobayashi e Nyck De Vries e numero #8 con Sébastien Buemi, Brendon Hartley e Ryo Hirakawa. I primi ad arrivare sono stati De Vries e Lopez, un saluto veloce e bicchiere d'acqua e via con le domande su quali sono le aspettative, soprattutto dopo le disastrose qualifiche che li hanno portati a partire dall'ultima posizione in categoria Hypercar, e come si sopravvive ad una 24 Ore, dalla gestione delle ore di sonno e di preparazione al prossimo stint. Poi è stato il turno di Buemi e Hartley che sembravano più fiduciosi in vista della partenza, che il passo avuto nelle sessioni di prove libere potesse neutralizzare anche la loro iniziale posizione di partenza. Una volta terminate le round table, abbiamo lasciato il Circuit de la Sarthe per raggiungere il centro di Le Mans per la parata dei piloti. Tutti gli equipaggi sono stati accolti dal calore dei tifosi a bordo di vetture d'epoca. Lo spettacolo non è ovviamente mancato con ballerine brasiliane, bande di cornamuse, e tanta musica, oltre alla presentazione del trofeo ufficiale.
Citando un detto... quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare. Il sabato nuovamente sveglia presto e di corsa in autodromo per il race day che è iniziato con un giro del paddock, se possibile ancora più pieno del giorno precedente, e poi, dopo il warm up, diretti in pista per la Grid Walk. Tutte e le 62 le vetture partecipanti alla 24 Ore di Le Mans 2024 schierate in attesa della partenza. Dalla pole della Porsche, passando per le Cadillac, Ferrari, Alpine, BMW, Lamborghini, Toyota, Isatta Fraschini e così via, fino alle LMP2 e alle LMGT3, dove spiccava la BMW numero #46 di Valentino Rossi e la livrea dedicata ai sogni dei bambini delle Iron Dames. La calca era soprattutto intorno alle due 499P numero #50 e #51 dove erano presenti Antonello Coletta, Ferdinando Cannizzo, Benedetto Vigna, il CEO della Ferrari, e Frédéric Vasseur, team principal della Scuderia in Formula 1. Presenti anche i due piloti di Alpine, Pierre Gasly ed Esteban Ocon, Tom Brady, Mark Weber e Zinedine Zidane che ha sventolato la bandiera di inizio. Una volta che i marshall hanno fatto uscire tutte le persone autorizzate dalla griglia di partenza, siamo saliti nelle tribune per osservare la partenza. Gli equipaggi hanno preso posto al centro della pista per l'inno francese seguito dal passaggio delle frecce "tricolori" della Patrouille de France. Concluso il giro di formazione, fondamentale per il riscaldamento delle gomme, alle 16:00 la Porsche numero #6 ha passato per prima la linea di partenza dando il via ufficiale alla 24 Ore di Le Mans.
Ad un'ora dalla partenza, abbiamo cambiato location per seguire la gara, più precisamente dall'Hospitality Toyota che si trova esattamente alle curve Porsche, in ingresso della deviazione che porta in pit lane e al rettilineo di partenza. Un luogo perfetto per osservare le Hypercar, le LMP2 e le LMGT3 arrivare a tutta velocità, rallentare per la chicane e poi ritornare su di motore. Con il calare della notte lo spettacolo offerto dal Circuit de la Sarthe è diventato più suggestivo che mai. I fari anteriori e posteriori illuminavano la pista insieme alle luci del circuito e della ruota panoramica che sovrasta uno dei tanti villaggi che ospitano i tifosi nei momenti di pausa. L'arrivo della pioggia, che ha portato la temperatura ad abbassarsi ulteriormente, non ha minimamente scalfito l'atmosfera che si respirava, un via vai continuo di persone che si spostavano da una parte e all'altra della pista, lunga oltre 13 chilometri. Neanche di giorno c'era così tanta gente e qui si vede il vero e proprio amore nei confronti del motorsport. Le condizioni non sono delle migliori ma quello che accade dentro e fuori dalla pista vale tutto il sacrificio.
Allo scoccare della mezzanotte, il cielo nuvoloso si è illuminato grazie allo spettacolo pirotecnico, oltre alle luci del concerto dei Simple Minds. Nel mentre, il gruppo di giornalisti invitato da Toyota, di cui noi facciamo parte, ha avuto la possibilità di entrare nel cuore pulsante di questa 24 Ore, ovvero i box, dove si concentra la vera magia che rende unico l'appuntamento di Le Mans. Indossiamo le cuffie ed iniziamo il garage tour. Alettoni posteriori, pezzi di ricambio e gomme riempiono lo spazio antestante la zona box. I meccanici lavorano alle gomme misurandone la pressione e preparando i treni che verranno utilizzati dalla GR010 numero #7 ed #8. Le mescole scelte sono le soft e le medium - come ci hanno spiegato - per via della facilità di messa in temperatura rispetto alle hard dato il clima freddo e il divieto della FIA di utilizzare le termocoperte per ridurre l'impatto ambientale. L'arrivo della pioggia ha ovviamente obbligato tutti i team ad optare per le gomme da bagnato ed è qui che viene fuori la vera strategia. Fare il pit stop al momento giusto, non solo per rifornire, ma per passare alle slick appena la pista va ad asciugarsi per avere più trazione e maggiore velocità. Al piano di sopra, oltre alla zona catering dove i meccanici possono spizzicare qualcosa nel corso della notte, si trova una saletta dedicata agli ingegneri dove vengono analizzati tutti i dati e le telemetrie. Qui vengono svolti anche i breefing con i piloti che arrivano nel box circa un'ora prima l'inizio del loro stint. Infatti, prima di darsi il cambio e tornare al volante, possono andare nei loro motorhome o nelle stanzette a loro dedicate nell'hospitality per riposare, mangiare e farsi una doccia. Quando vengono richiamati dal team, passano prima a colloquio dagli ingegneri e poi si preparano a tornare in pista, indossando tute, balaclava e caschi. Si torna poi al piano di sotto, dove si accede al vero e proprio box dove i meccanici riposano tra un pit stop e l'altro.
Oltre alle curve Porsche, abbiamo seguitp la gara dalla curva Hunaudières che precede uno dei rettilinei più famosi al mondo, ovvero una porzione non permanente del Circuit de la Sarthe che normalmente, quando il WEC non fa tappa a Le Mans, è aperta alla circolazione. Il rettilineo nella sua conformazione attuale ha inizio dopo la curva di Tertre Rouge. Dopo circa 2,5 km si giunge alla prima chicane destrorsa, dove in staccata si raggiungono le velocità più elevate della pista. Qui si trova un ristorante che in occasione della 24 Ore offre la possibilità, tramite pass, di affacciarsi dalla propria terrazza e vedere le vetture decelerare per effetturare la curva per poi riprendere a tutta velocità. Dopo altri 2 km di rettilineo c'è una la seconda chicane sinistrorsa, passata la quale c'è una leggera piega a destra, definita in inglese "Mulsanne kink", attualmente semplice da percorrere per le vetture, ma fino al 1989, quando il rettilineo era ininterrotto, costituiva un punto insidioso, poiché mentre i piloti guidavano alle massime velocità dovevano correggere la traiettoria piegando a destra. Poco prima del termine dell'Hunaudières si passa il dosso di Mulsanne, anch'esso un tempo molto insidioso alle alte velocità di punta, sul quale si sono verificati decolli e ribaltamenti di vetture, per ragioni di sicurezza nel 2001 sono stati effettuati lavori di scavo che hanno abbassato la sede stradale e quindi addolcito il profilo del dosso, superato il quale si arriva alla curva Mulsanne dove termina il rettilineo.
Tornata nella lounge di Toyota, dove abbiamo passato tutta la notte, abbiamo seguito tutto il proseguo della gara. La pioggia scrosciante ha obbligato la direzione gara a far scendere in pista la Safety Car per le condizioni poco ottimali del manto stradale, troppo scivoloso e dunque pericoloso per i piloti. Solamente dopo diverse ore, con l'oscurità che ha lasciato spazio alle prime timide luci dell'alba, la gara è tornata ad essere a pieno ritmo con le vetture che hanno spinto come non mai per aumentare i gap degli avversari, restando comunque prudente per evitare conttati con altre vetture che procedevano a diverse velocità. Nonostante questa sia una corsa di durata, gli assetti non sono mai stati definiti in modo chiaro e con margine. La Ferrari di AF Corse numero #83, fino al ritiro arrivato nella a quasi quattro ore dal termine, si è alternata al comando con le ufficiali numero #51 e #53, oltre alla Toyota numero #8, la Porsche numero #6 e la Cadillac. Le ultime ore sono state critiche con la #50 di Nielsen a bordo che non ha lasciato la leadership neanche dopo la penalità che hanno dovuto scontare e il pit stop non previsto ma obbligato dalla FIA per lo sportello che si era aperto nel corso di un sorpasso e che il danese non riusciva più a chiudere. Il Cavallino Rampante ha sfruttato questo momento per effettuare anche un breve rifornimento, l'ultimo che gli ha permesso di vincere nonostante il livello di benzina fosse sceso al 2%.
La Toyota numero #8 è finita in testa coda dopo un contatto con la numero #51 di Pier Guidi, crollando così in classifica e mandando in fumo le possibilità di Hartley di portare la propria Hypercar nipponica sul podio. Alla mossa del pilota italiano, tutto il team Toyota ha sussultato con un sospiro di pura frustrazione, ma con la consapevolezza che un'altra vettura con Lopez alla guida poteva ancora realizzare l'impresa. Eppure, nella sfortuna la Ferrari ha avuto fortuna. Un finale tiratissimo si è consumato e quando alle 16:00 precise la numero #50 di Nielsen ha tagliato il traguardo, tutti sono usciti fuori per applaudire il vincitore e la numero #7 salita sul podio in seconda posizione in mezzo alle due Hypercar di Maranello. Nel giro di rientro le vetture si sono schierate in parata per salutare i numerosi tifosi rimasti per tutte le 24 ore in pista e con i marshall che le hanno accolte con tutte le bandiere sventolate. In Toyota l'aria era comunque tesa perchè questa vittoria poteva essere raggiunta, ma il passo delle Ferrari era imprendibile per loro, soprattutto se consideriamo le diverse penalità che la #50 e la #51 hanno scontato. Il secondo posto non è di certo una vittoria ma per loro era come se lo fosse data la splendida rimonta che hanno fatto. La numero #7 di José Maria Lopez, Kamui Kobayashi e Nyck De Vries è infatti passata dall'ultima posizione in Hypercar fino alla seconda overall.
Per la Ferrari si tratta della seconda vittoria consecutiva, dopo il successo del centenario con la #51, e dell'undicesimo assoluto alla classica del Circuit de la Sarthe. Da segnalare nella classe Hypercar la decima posizione di Lamborghini con la SC63 #63 affidata a Mirko Bortolotti, Daniil Kvvyat ed Edoardo Mortara. L'Isotta Fraschini porta a termine invece la sua prima Le Mans nella classe Hypercar in quattordicesima posizione. In LMP2 vince la #22 di United Motorsport affidata a Oliver Jarvis, Bijoy Garg e Nolan Siegel. Completano il podio l'Oreca Gibson #34 della Inter Europol Competition di Jakub Smiechowski, Vladislav Lomko e Clément Novalak e la n.28 di Paul Lafargue, Job van Uitert e Reshad de Gerus. La Porsche #91 di Manthey Eman affidata a Yasser Shahin, Morris Schurin e Richard Lietz conquista la prima posizione in LMGT3 davanti alla BMW #31 di Darren Leung, Sean Gelael e Augusto Farfus e la Ford Mustang #88 di Proton Competition, affidata a Giorgio Roda, Mikkel Pedersen e Dennis Olsen. Come sempre accade a Le Mans, la vittoria della Ferrari non è arrivata senza difficoltà, con quella portiera che non si chiudeva e che ha costretto la #50 a una sosta che ha sparigliato le carte in termini di strategia. Nielsen nell'ultimo giro aveva pochissima energia a disposizione, ma è stato solo un brivido prima della gioia più grande.