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Quella che si trovarono di fronte i primi soccorritori in quel lontano giorno di 65 anni fa fu una scena raccapricciante: decine di corpi falciati, come se fosse esplosa una bomba. Una carneficina senza precedenti, la cui portata inizialmente non fu quantificabile, nella confusione terribile dei primi soccorsi. Nell'arco di pochi secondi, quello che rimaneva di una Mercedes 300 SLR era piombato sul pubblico accorso a Le Mans per la 24 Ore, dando vita all'orrore. L'11 giugno del 1955, esattamente 65 anni or sono, si verificò quello che rimane l'incidente più grave della storia del motorsport: i morti furono 83, i feriti oltre 120. Alla guida della 300 SLR c'era il francese Pierre Levegh.
A scatenare il tutto una semplice manovra, che nell'arco di pochi secondi portò a conseguenze devastanti. Mike Hawthorn, futuro campione del mondo di F1 con la Ferrari, stava per doppiare la Austin Healey di Lance Macklin; alle sue spalle c'era Levegh. Hawthorn, prossimo alla sosta per il rifornimento, decise di sorpassare Macklin; poi scelse di prendere la via dei box, chiudendo a destra e frenando bruscamente. Macklin, resosi conto che non sarebbe riuscito ad evitare Hawthorn, cercò di scartare la vettura sterzando con decisione a sinistra. Nel tentativo disperato di portare a termine la manovra, Macklin perse il controllo della sua auto, ormai diventata un proiettile impazzito.
Nella folle corsa senza freni della sua vettura, Macklin sentì un colpo fortissimo al posteriore, e vide volare qualcosa sopra la sua testa. Senza rendersi conto di quanto stesse succedendo, da spettatore inerme Macklin assistette alla carambola della sua macchina: dopo un testacoda, la Austin Healey falciò un giornalista e un gendarme, per poi finire la sua corsa contro le barriere dall'altra parte della pista. Fu solo quando scese dalla sua vettura con le proprie gambe che Macklin si accorse dell'irreparabile. L'ombra argentea che aveva visto era la 300 SLR di Levegh, decollata a causa della velocità dell'impatto con Macklin.
La 300 SLR di Pierre Levegh si schiantò sul pilone del tunnel pedonale posto a fianco delle tribune, e la vettura si disintegrò con due esplosioni sopra centinaia di persone, assiepate per assistere alla corsa di durata. Erano le 18.26 dell'11 giugno 1955. Nonostante la carneficina sugli spalti, si decise che lo spettacolo doveva comunque continuare: la gara non fu interrotta, ufficialmente per evitare che il pubblico presente in pista se ne andasse in massa, ostruendo potenzialmente i soccorsi, risultati poi vani per oltre 80 persone.
Finiva così nel peggiore dei modi l'ossessione di Pierre Levegh per la 24 Ore di Le Mans: il francese, gentleman driver dalle capacità modeste, si era messo in testa di vincere la gara del Circuit de la Sarthe, a qualsiasi prezzo. Nel 1952 ci era andato vicino, con un'impresa scellerata: nonostante le proteste della moglie, era rimasto al volante della sua Talbot per 22 ore. Ormai allo stremo delle forze, praticamente in stato confusionale, Levegh aveva rotto il motore della sua vettura per via di una cambiata sbagliata. Aveva quattro giri di vantaggio sul secondo classificato. In molti gli avevano dato del folle, ma c'era qualcuno che aveva apprezzato la tensione agonistica di Levegh. Si trattava di Alfred Neubauer, direttore sportivo della Mercedes-Benz.
Neubauer gli aveva fatto una promessa: quando la Mercedes sarebbe tornata sullo schieramento di Le Mans, gli avrebbe assegnato una vettura. Andò così nel 1955, quando la casa tedesca fece il suo ritorno al Circuit de la Sarthe dopo due anni di assenza. Levegh, ormai prossimo ai 50 anni, non aveva la stessa verve di qualche anno prima, ma decise di non arrendersi: vincere a Le Mans era ormai un chiodo fisso per il francese. I sogni di gloria di Levegh finirono, come un novello Icaro, in un tragico volo, che lo consegnò sì alla storia delle corse come desiderava da sempre, ma nella pagina più buia dell'automobilismo mondiale.
Alla fine a vincere la corsa fu proprio Hawthorn: l'inglese, nonostante il suo coinvolgimento nel drammatico schianto, festeggiò comunque il suo successo, brindando con lo champagne. Anche ad Hawthorn sarebbe toccato di lì a poco un destino tremendo: morì in un incidente stradale pochi mesi dopo aver conquistato il mondiale di F1 con la Ferrari nel 1958. Si dice che l'inglese soffrisse di una malattia terminale, che l'aveva costretto al ritiro dalla F1 a fine 1958; il fato lo aspettava però dietro una curva nella sua Inghilterra. La tragedia della 24 Ore di Le Mans del 1955 ebbe effetti pesanti sul motorsport: la Svizzera bandì del tutto le gare, un divieto che parzialmente vige ancora. La Mercedes, invece, si ritirò dalle corse per oltre trent'anni. Un'onda d'urto fortissima per un incidente le cui crude immagini sconvolgono oggi, come 65 anni fa.